Accademia Belle Arti Urbino

Urbino, 14 giugno 2016 Carabinieri: l’Arma e l’etica dell’impegno

in Agorà

Urbino, 14 giugno 2016 Carabinieri: L’Arma e l’etica dell’impegno

Accademia Urbino Carabinieri 

 

Concepire l’esattezza delle cose con stupore

Stockton to Malone, sono passati alcuni anni oramai, di questa espressione inizia a perdersi la memoria. John Houston Stockton, playmaker degli Utah Jazz, campionato NBA di Basket, aveva capito da subito cosa significa il gioco di squadra. Karl Malone, oltre due metri di gigantesca compressione tutta votata a mettere la palla nel cesto, non avrebbe potuto che far poco senza Stockton. Lacrime e sudore non sarebbero bastati, occorreva il passaggio giusto, l’assist perfetto, il gioco di prestigio, ed eccola nel sacco.

Nell’arte, nella cultura in genere, le cose non vanno diversamente, chi tiene la palla per sé non arriva lontano, sfoga cecamente il suo proprio ego, fa perdere la propria squadra, viene cancellato dalla storia. Passare bene la palla, metterla lì dove può essere esattamente raccolta fa vincere la squadra.

Tutto ha inizio da chi vede la via, da chi la mostra agli altri. Segnare ne è conseguenza.

La via è visibile in una continuità manifesta, si può dire che sia una lunga linea diritta che passa dagli anni, che a guardarli adesso ci appaiono bui, nel Novecento, legando nomi quali Morandi, Castellani, Ferroni, si annoda, come nelle mani di un sapiente pescatore d’intrecci, una rete di nitida matematica delle geometrie che vede gli oggetti come pretesti formali, per scendere negli abissi delle segrete meraviglie di una tessitura pescante significati assoluti, una forma di perfezione desunta nelle cose, di addizioni e sottrazioni che sempre si compiono come in un’equazione dai logici risultati. Che tutto intorno a noi sia legato da recondite aritmetiche ci sembra più un plausibile desidero che a volte un ingenuo inganno, persi come siamo negli appannamenti del caso, eppure riscontrabili tornaconti ci derivano da certi esiti musicali, da certe partiture del segno, da dinamiche celesti che nel caos apparente permettono a così diverse immensità di convivere, nascere, sparire, trasformarsi. La ragione del fatto che tanta parte dell’incidere si svolga sul campo riluttante di luccicanti metalli ci porta a pensare che la pietra filosofale, tanto cercata poi, dalle catastrofi della storia dimenticata, riprenda vitalità proprio in quel fare che coniuga tecnica e visione, numeri e voli pindarici in quel solcare d’intenzione, nel mordere la materia con l’ostinazione di chi misura il cielo dai rami specchianti estratti negli infimi strati della terra.

Nello stesso religioso silenzio dei padri, Andrea Guerra, scalfisce le matrici con la stessa esattezza dei compositori del Settecento, l’arte, quella che resta nei secoli, non è improvvisazione, anche quando è improvvisazione per scelta finale. Nel suo caso tutto è calcolato, organizzato sino al minuto dettaglio, anche i respiri tra un agire e un altro ancora, è proprio questo respiro che separa i tracciati, che compie sotto i suoi occhi attenti l’acido, che invade il campo di battaglia con bagni di fuoco liquido, le sue incisioni permettono di verificare i fenomeni naturali, le osservazioni della realtà, con una griglia di traduzione così compiuta e felicemente umana da farci capire quanto il nostro stesso destino non sia un incidente, perché possiamo concepire l’esattezza delle cose con stupore. La fotografia è un’azione immediata; il disegno una meditazione.

Lo scrisse nei suoi appunti Henri Cartier-Bresson. I soggetti muti spesso hanno la possibilità di attraversarci delicatamente, essi non invadono, attendono il nostro consenso, si posano sui nostri sensi soltanto se siamo consenzienti, guardiamo perché prima di tutto riconosciamo un valore in ciò che guardiamo. Se un’opera concepita come silenzio pieno ci giunge fortemente come ci giungono le opere di Guerra, allora ciò è un fatto accurato, ogni cosa che appare appartiene a un ordine, prossimo o lontanissimo non è dato sapere, ma è possibile contemplarlo con la felicità che ne consegue.

Gianluca Murasecchi

 

L’impegno etico dell’incisore: il giovane nel mondo della calcografia

Sono molto felice di essere qui oggi, assieme ai nostri studenti e in nome dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, in cui sono docente di Grafica d’Arte, perché queste occasioni non solo rinsaldano dei legami tra le istituzioni, dando atto di testimonianze coraggiose e importanti, ma soprattutto sono per noi motivo di esercizio critico e artistico sul presente, ma un presente che è ancorato al passato e non dimentica la sua essenza di professionalità e abilità tecnica, pur essendo assolutamente contemporaneo.

I nostri studenti infatti imparano le tecniche della Grafica e dell’Incisione che ci sono state trasmesse e valorizzate dall’antica tradizione urbinate – per cui la nostra città è così famosa nel mondo – per poterle applicare alla loro espressione interiore ma anche nella loro futura carriera e dunque sono in grado di trasfondere nelle loro opere uno spirito profondo e accorto, di legare narrazioni e memorie della storia dell’arte a forme e composizioni attuali, ma soprattutto di compiere le magie che solo la vera arte sa trasfonderci.
Ognuno di loro – nel suo piccolo e all’interno di quel microcosmo che è l’Accademia – si impegna con passione e dedizione, come il corpo dell’Arma dei Carabinieri fa nel suo mestiere, certo ben più importante per la nostra sicurezza a salvezza, ma vedo in questo far parte di un contesto, di un “insieme”, di un gruppo in cui la sincronia, la collaborazione, la coordinazione ma anche l’intuizione del singolo e la decisione fatale, una qualche similitudine, che ci fa sentire – oltre che grati – anche molto onorati di essere qui oggi con questi nostri ospiti importanti.

L’etica dell’impegno è anche un nostro comandamento; anche se la figura dell’artista nella vulgata comune a volte ha più l’aspetto del bohemienne, del sognatore, questo è perché spesso non si intravede che la vera battaglia, il duro impegno, è nella sua interiorità: i conflitti tra l’espressione del proprio io e le difficili richieste del sistema dell’arte sono un campo di prova quotidiano. E l’artista-individuo, che emerge in una qualche occasione, è comunque sempre parte di un tutto, come il gruppo dell’arma. Così oggi siamo qui alla presenza delle autorità per consegnare a nome di tutti noi l’opera di un nostro giovane talentuoso artista, che intendiamo lodare e ringraziare per la sua generosa prova, ma che è anche a rappresentanza di tutta la nostra scuola.

La sua acquaforte, incisa su rame, intende raffigurare per via simbolica la presenza dell’arma dei Carabinieri – tramite una raffinata evocazione effettuata posizionando il copricapo su una scrivania, tra una natura morta di oggetti significativi: la penna e la caraffa divengono presenze morandiane, cose immote, ma essenziali alla quotidianità e diventano un complemento al cappello che – tramite l’assenza di chi lo indossa – diviene un simbolo universale e diviene una sinéddoche, cioè una parte per il tutto, evoca da solo tutta l’arma dei carabinieri .

Come ben ne scrive nell’edizione il mio collega Gianluca Murasecchi, che oggi non può essere con noi, Guerra “scalfisce le matrici con la stessa esattezza dei compositori del Settecento. Nella sua incisione tutto è calcolato, organizzato sino al minuto dettaglio”, l’acido impiegato per la morsura della lastra, che fa emergere i segni tracciati in precedenza sul rame, invade poi i solchi come “un fuoco liquido” su un “campo di battaglia”, e “le sue incisioni permettono così di verificare i fenomeni naturali, le osservazioni della realtà, con una griglia di traduzione così compiuta e felicemente umana da farci capire quanto il nostro stesso destino non sia un incidente”.

Questo dono vuole ringraziare la vostra Istituzione, che è così impegnata nella tutela del patrimonio artistico e culturale nazionale e mondiale, e noi ci sentiamo vicini a voi per ammirazione e gratitudine, sentendo anche di essere noi stessi parte di un tessuto culturale che si deposita nei secoli e in cui non solo viviamo immersi – grati di tanta bellezza – ma di cui ci sentiamo, con modestia e stupore, di continuare a portare avanti la creazione, con il nostro mestiere.

E parlo di mestiere proprio perché questa edizione contenente la calcografia dello studente Andrea Guerra, è stata curata da noi docenti di Grafica, proprio con l’intento di insegnare ai nostri allievi una professionalità proficua per le loro future carriere, dando loro l’opportunità di rivestire con una grafica e una confezione eleganti e opportune le loro opere d’arte. E anche questa “esteriorità” del contenitore è dunque essa stessa opera di pregio, realizzata con cura come materia di insegnamento nella nostra Accademia, tra le pochissime in Italia a compiere tale procedimento con vecchi torchi e nuovi macchinari, recuperando caratteri mobili e procedure di un tempo, ma facendole – ancora una volta – contemporanee.

La situazione attuale del sistema dell’arte, così come quella del mondo del lavoro in generale, in pochi anni è profondamente mutata a causa delle trasformazioni indotte dalla rivoluzione digitale e non possiamo non tenerne conto nel trattare di didattica, soprattutto considerando il fatto che voi studenti siete immersi in flusso di immagini e di informazioni che non ha pari nella storia dell’umanità.

Se questi progressi tecnologici hanno reso possibili scambi di dati più veloci e pervasivi, influenzando pure il nostro modo istituzionale di organizzarci e di comunicare, hanno assicurato anche maggiore visibilità a tutto il nostro settore, che rischiava di rimanere in un limbo ingrigito di addetti ai lavori e appassionati nostalgici. L’aggiornamento accorto e vigile sul presente, che ci consente di esercitare uno sguardo continuo di aggiornamento e di controllo su quanto si va facendo in altre realtà didattiche europee e americane nel campo dell’incisione e della grafica per un necessario aggiornamento visivo, di confronto sulle modalità operative, non vuol dire però lasciare la tradizione. Insegnarvi a tradurla e a mantenerla viva, con nuovi codici e con nuove finalità – come nell’esito di questa cartella – è il nostro compito etico più alto e più vero.

Una delle strade che qui ad Urbino stiamo percorrendo è la continua verifica tra l’affiancamento, dell’immagine al carattere che stimolano lo studente alla verifica e alla disciplina severa dei procedimenti tecnici, ma li rendono anche entusiasti di praticare il mondo della tipografia d’arte, che da almeno un decennio ha un grande successo ed è oggetto di appassionata riscoperta.
Non sono solo pagine di un involucro a custodia dell’interno.
L’edizione d’arte porta con sé tutta la grazia di un’impaginato misurato, gentile, che aiuta il fruitore a compiere quel balzo verso l’emozione: sconosciuta e lontana dai percorsi estetici della quotidianità.

Il laboratorio dunque è per noi un punto di incontro tra passato e futuro proprio perchè non rinneghiamo il passato e lo amiamo a tal punto che pensiamo di doverlo rendere vivo e vitale per i nostri studenti che agiscono in questo mondo plasmato dai social network, dalle immagini che scorrono veloci, da nuove modalità espressive, per fornire loro nuove professionalità e intuizioni.

Giovanni Turrìa

 

Il saluto del Presidente dell’Accademia di Belle Arti

La Scuola di Grafica prosegue un lavoro che il prossimo anno chiuderà un costruttivo decennio vòlto ad una evoluzione specifica, attinente alla storia della città, in coronamento di una tradizione che non può essere solo ancorata al passato ma che ha necessità e felicità di guardare avanti.
La dedizione alla edizioni d’arte la quale coniuga la bellezza della stampa d’arte con l’accurata cultura della stampa tipografica si legano ad una didattica attenta e generosa che intende responsabilmente formare nel modo migliore le nuove generazioni offrendo agli allievi occasioni di crescita e confronto indispensabili per un inserimento incisivo nel professionismo.
La collaborazione tra la Scuola di Grafica e l’Arma dei Carabinieri giunge con questa cartella ad un secondo importante esito nel quale si incontrano motivi di alto profilo morale con quelli di pregevole esito artistico. Questo appuntamento si può asserire che sia coniugato da una concezione comune di rigore, di profonda e appassionata disciplina.
L’ottima cura della veste grafica della cartella realizzata dal Prof. Giovanni Turria e dai suoi allievi e i contenuti tecnici di alto profilo dell’acquaforte realizzata da Andrea Guerra restituiscono una chiara eleganza ai contenuti ideali della pubblicazione; le virtù militari dei Carabinieri sono infatti portate alla difesa dei valori sociali, culturali, con una dedizione innanzitutto morale, di profonda coscienza umana.

Tali incontri tra istituzioni così prestigiose aprono scenari illuminati, di continuità auspicabile, perché la consapevolezza etica, la salvaguardia del patrimonio culturale, l’attenzione ai temi di pace e armonioso convivere sono punti fermi di profonda condivisione che si valorizzano reciprocamente.

Giorgio Londei

14 giugno 2016