DOPO FONTE AVELLANA DEL MEIC MARCHE 5-7 LUGLIO 2013 “ANNUNCIARE IL VANGELO, VIVERE LA COMUNIONE”
Le Giornate di Spiritualità di Fonte Avellana del Meic Marche alla quinta edizione hanno confermato la qualità e l’impegno degli intellettuali cattolici marchigiani a confrontarsi sui temi della fede. L’idea organizzativa di Mimmo Valenza è stata impegnativa ed efficace. Ogni anno una sessantina di partecipanti. Fra gli altri, negli scorsi anni, erano presenti vari autori del nostro territorio, Germana Duca Ruggeri, Iaia Lorenzoni, Fabio M. Serpilli, p. Francesco e Mariapia Acquabona, Maria Grazia Maiorino, Raimondo Rossi, Alberto Calavalle, Piergiorgio Grassi, don Mario Florio. Della edizione di quest’anno ne parlano Michele Montani, presidente gruppo Meic di Pesaro, lo scrittore Daniele Garota, che ha presentato il suo ultimo libro, “Tra conoscenza e grido. Le dinamiche della fede” (Paoline 2013), e il giornalista-poeta Mario Narducci. SOMMARIO: 1. Michele Montani, Pesaro. Le Giornate di Spiritualità del Meic 2. Lettera di Daniele Garota 3. Mario Narducci, Il Meic Marche a Fonte Avellana. La fede riscoperta.
Pesaro. Le Giornate di spiritualità del MEIC
di Michele Montani
Pesaro. È arrivata alla quinta edizione l’annuale tre giorni di spiritualità, organizzata dal Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale delle Marche e dal lavoro del suo delegato regionale, Mimmo Valenza, che, nel primo fine settimana di luglio, approfitta dell’ospitalità dei monaci camaldolesi per riflettere su temi sia più prettamente ecclesiali, sia legati a quel mondo che, come specifico della vita laicale, abitiamo e viviamo, e che oggi assume veramente le dimensioni del pianeta.
Quest’anno, due eventi hanno orientato gli approfondimenti proposti: il cinquantenario del Concilio ecumenico Vaticano II, che il MEIC nazionale intende onorare con il suo “Progetto Concilio”, e il Convegno ecclesiale marchigiano, che si svolgerà tra il 22 e il 24 novembre di quest’anno tra Ancona e Loreto.
In particolare, si è cercato di vedere quanto e come alcune indicazioni del Concilio, e più precisamente della Lumen Gentium, sono riuscite a rendere la Chiesa più vicina a quell’idea di Popolo di Dio, che la stessa costituzione dogmatica privilegia tra le tante Sue possibili immagini. Questo percorso è stato guidato da biblisti e teologi, come don Andrea Andreozzi, don Enrico Brancozzi, don Cataldo Zuccaro, così come da sociologi, filosofi, rappresentanti di associazioni come le ACLI o l’Azione Cattolica: Massimiliano Colombi, Carla Canullo, Paola Vacchina, Antonella Monteverde, che hanno ragionato sulle categorie di Corresponsabilità, di Missione, di Popolo di Dio, di Profezia, di Condivisione, aiutati anche dalle lectio del priore di Fonte Avellana, dom Gianni Giacomelli.
E per meglio rimarcare i due eventi ispiratori della tre giorni, Beppe Elia, vice presidente nazionale del MEIC, ha illustrato il “Progetto Concilio”, di cui è coordinatore, mentre don Francesco Pierpaoli, segretario generale del Convegno ecclesiale marchigiano, ha presentato il convegno, il senso che vuole avere per le chiese delle Marche e l’importanza del parteciparvi sia nella fase preparatoria, con idee, contributi, spunti, che nel dopo convegno, nel tradurre in vita delle comunità locali quanto di buono il Signore saprà suscitare da tutto questo lavoro.
E, come al solito, non è mancato il contributo di poesia, letteratura e musica, organizzato con passione da Gastone Mosci, che quest’anno ha coinvolto gli scrittori Daniele Garota e Mario Narducci e ha beneficiato della presenza, nella serata di sabato, del Coro della Cappella di Stato della Repubblica Bielorussa, protagonista di uno dei concerti che si tengono nella chiesa del monastero in questa estate 2013.
(Michele Montani)
Presidente gruppo Meic di Pesaro
LETTERA DI DANIELE GAROTA
Caro Gastone,
ancora grazie per la serata di ieri a Fonte Avellana: un paio d’ore in cui siamo riusciti a riflettere su questioni importanti riguardanti la fede e la Chiesa oggi. Il pubblico era partecipe, ci ha riempito di domande, di rimandi ulteriori, tanto che se non fosse stata ormai tarda ora saremmo volentieri stati lì ancora un po’ ad aprire ulteriori orizzonti di pensiero.
Cos’è del resto la fede senza un pensiero che la faccia propria creando in noi le ragioni del credere? Non siamo noi credenti chiamati a rendere ragione della nostra fede e come farlo se non incontrandosi con le idee della comunità credente? Concordo col priore di Fonte Avellana: la fede richiede la partecipazione personale che soltanto dopo si fa condivisa se messa in comunione con quella, altrettanto personale, dei fratelli e delle sorelle che sono parte della Chiesa.
Richiamo qui soltanto un paio di interventi dal pubblico in qualche modo positivamente provocatori.
Quello di Narducci, quando schiettamente s’è rifatto al monito di papa Francesco sul rischio che hanno oggi i credenti di ritrovarsi solo per chiacchierare dimenticando Cristo povero e crocifisso, dimenticando i poveri che ci stanno accanto.
E quello di chi chiedeva come fosse possibile restare in comunione con idee e interpretazioni diverse riguardo alla fede. La mia risposta, conclusiva dopo un tempo che davvero non era stato di chiacchiera, s’avvaleva di quel che mi disse una ventina d’anni fa il mio maestro Sergio Quinzio: “Tra il nucleo dogmatico e il confine dell’ortodossia esiste molto spazio in cui possiamo esercitare il libero pensiero per interpretare e fare nostra la verità della fede”. Aggiungendo la parola di un altro mio maestro: Paolo De Benedetti, il quale è solito dire che il pensare libero dona molta gioia.
Alla prossima e un abbraccio,
Urbino, 6 luglio 2013
(Daniele Garota)
IL MEIC MARCHE A FONTE AVELLANALA FEDE RISCOPERTA
di Mario Narducci
Ero stato a Fonte Avellana come Vaticanista del mio giornale, “Il Popolo”, in occasione della memorabile visita di Giovanni Paolo II al monastero dei camaldolesi. Nella frenesia della storica giornata, tra il “cogli e fuggi” dell’ascoltare, vedere, sondare gli umori della gente e correre a scrivere per riferire, non avevo nemmeno avuto il tempo di maturare il dono che mi era stato fatto di sostare, anche se per poco, in un luogo autentico di santità. Ma il nome di Fonte Avellana mi era rimasto nel cuore , per cui potete immaginare la mia gioia quando Gastone Mosci non solo mi ha invitato, quest’anno, all’Assemblea del MEIC delle Marche, ma ha voluto anche dedicare uno spazio alla mia scrittura poetica, incentrato su due momenti di dolore personale e collettivo rappresentati dal terremoto aquilano del 2009 e dalla più recente scomparsa di mia moglie dopo una fulminea malattia.
Il tema del convegno era “Annunciare il Vangelo e vivere la comunione”. La lectio di accoglienza del priore don Gianni Giacomelli, che ci introduceva subito nel più vasto ambito dell’Anno della Fede, fu di grandi suggestioni anche per le mie parole che si mossero sulla direttrice del mistero che unisce fede e dolore e che mi portano a dire, meglio, a credere, che quando un giorno faremo il conto del dare e dell’avere, allora ci accorgeremo che quel che ci è stato tolto, è infinitamente inferiore alla misericordia di Dio e al suo amore per noi. Per quel che mi riguarda ho anche espresso con un certo risentimento, le mie reazioni a quanti hanno creduto di fare cosa buona dicendomi: tu hai fede. Perché se la Fede è credere e fare esperienza di una Persona, Cristo, questa fede non può essere una fede consolatoria proprio perché la fede non può essere per noi ma per Cristo, non si può credere per averne un ritorno ma per possedere Cristo. Per un cristiano, insomma, la fede, più che una consolazione è un rischio totale, perché restare delusi nella fede, vale a dire non vedersi esauditi nel dolore, può portare addirittura, come a volte avviene, a perdere la stessa fede, alla stessa maniera che rischia di perdere l’amore chi si sente tradito dalla persona amata.
Al convegno del MEIC ho portato dunque la mia testimonianza; ma è chiaro che l’assemblea del MEIC è stato ben altro, e da questo “altro” ho ricevuto un arricchimento culturale e spirituale come raramente capita. Già dormire nelle antiche celle dei monaci ci introduceva a parole che in quella atmosfera da romiti sembravano acquistare senso pieno. Il biblista Andreozzi che ha trattato della sequela e della comunità nei Vangeli; il teologo Brancozzi, che ci introduceva ai significati autentici dell’essere Chiesa, popolo di Dio, di comunione e in dialogo; il teologo Zuccaro che ci spalancava lo sguardo sull’etica della corresponsabilità e della condivisione, ci hanno fatto vedere come l’essere Chiesa, oltre a una chiamata che attende ogni giorno risposte e conferme personali e comunitarie, esige un’apertura mentale, una sapienza del cuore, che non potrà mai manifestarsi in arroccamenti e chiusure, ma deve aprirsi continuamente agli altri, con uno spirito missionario che tende a una cosa soltanto: a far vedere al mondo che Dio ci ama immensamente, al di là degli orpelli, delle incrostazioni, della ruggine con i quali il tempo, meglio ancora, la miseria degli uomini, ha imbruttito il volto bellissimo della Sposa di Cristo.
Su questa linea si sono incamminati e dipanati i vari contributi. Sul tema della corresponsabilità nella profezia e nella comunione, come su quello della corresponsabilità nella missione della Chiesa locale che è stata posta (direi riposta), al centro stesso della nostra vita di fede.
Toccante, per certi aspetti, e viva, l’esperienza narrata da Daniele Garrota, sollecitato da Mosci, diventato “scrittore della fede” per vocazione autentica, stando a contatto con Sergio Quinzio, il quale viveva egli stesso la fede attraverso la testimonianza della scrittura.
Sapevo che il MEIC delle Marche, presieduto da Mimmo Valenza, sovrabbonda di energie culturali che si esprimono con iniziative di livello alto. L’essere emigrato, anche se per qualche giorno, nel MEIC delle Marche, a Fonte Avellana, è stata una grande conferma.(Mario Narducci)