Paolo Volponi e le sfide del Novecento II

in Cultura

La nuova immagine della città

di Federico Scaramucci

Quando la prof.ssa Ercolani mi ha proposto di intervenire alla presentazione del libro su Paolo Volponi, ho subito accettato e ne sono stato onorato perchè mi permetteva di indagare su una figura chiave di Urbino, la città che amo di più al mondo.

Ringrazio quindi per l’invito e vorrei partire sgombrando subito ogni dubbio: per me Paolo Volponi è stato ed è di grande stimolo.

Per prima cosa perché penso che sia possibile, ognuno nella sua dimensione personale, lavorare per un cambiamento, per migliorare le cose. E Volponi, nel corso di tutte le sue esperienze di vita, lavorative come dirigente, politiche in Parlamento, letterarie come scrittore, ha sempre inseguito questo sogno, questo progetto di vita: il miglioramento, il cambiamento.

Nel dopoguerra tutti hanno molto lavorato per ricostruire un’Italia democratica, attraverso le riforme. Oggi abbiamo molte crisi: politica, economica, ambientale, anche sanitaria, ma la crisi più forte e per cui vale la pena combattere è quella di una mancanza di un vero progetto condiviso, sociale, sia qui che a livello nazionale. E questo fa parte dell’eredità di Volponi.

Sono stato onorato quindi di poter essere al fianco di alcuni dei più importanti imprenditori del nostro territorio, è una dimostrazione di fiducia e di grande stimolo per me, che non provengo da una storia di impresa familiare.

Per commentare questo libro vorrei partire da alcune esperienze personali: nella mia ancora breve esperienza, mi sono reso conto che la parola impresa è pertinente. In Italia fare impresa è già un’impresa di per sé. La mia non è infatti un’esperienza di impresa di lungo corso: anche io ho avuto la fortuna di fare studi di Giurisprudenza all’Università di Urbino, come P. Volponi, e dopo alcune esperienze lavorative nelle imprese e nelle istituzioni, mi si è affacciata l’opportunità di rilevare un’impresa turistica. Con la curiosità che mi ha sempre contraddistinto, mi ci sono lanciato. E posso dire che oggi, dopo 5 anni, è stata una scelta azzeccata. E’ un lavoro che mi piace moltissimo e che mi ha permesso di crescere professionalmente e personalmente, perché ogni giorno occorre affrontare situazioni diverse che a me non piace chiamare problemi, ma sfide ed opportunità. Sicuramente ho una grande fortuna, ovvero una famiglia che mi ha sempre stimolato, e che ringrazierò sempre, oltre ad una formazione multidisciplinare ed internazionale. E questa mia breve storia personale mi ha aiutato a leggere megliotra le pagine del libro della prof.ssa Ercolani, che ho sempre chiamato Laura, perché è anche una carissima amica.

Ci sono molti passaggi che mi sono rimasti impressi: per primo il fatto che Volponi ad Urbino non sia così conosciuto come meriterebbe. E’ stato un personaggio discusso, amato, ma anche osteggiato. Ma di certo non si può rimanere indifferenti. A me convince molto l’idea di Volponi di promuovere uno sforzo collettivo per raggiungere obiettivi di miglioramento di lungo periodo, forse perchè anche io ho fatto alcune esperienze fuori dalla città di Urbino che mi hanno molto formato e mi permettono di vedere le cose in maniera più obiettiva.

Dopo l’Università mi sono specializzato prima a Padova e poi a Roma, e grazie alla possibilità che ho avuto di viaggiare tanto, oggi posso dire di avere acquisito alcune, perché non si finisce mai di imparare, di quelle competenze trasversali che sono importantissime nella formazione di una persona e che ti consentono di avere una visione, quella formazione continua e quella visione che viene spesso menzionata nel libro, quando viene raccontato lo sforzo di Volponi di stare dentro al sistema, per provare a cambiarlo, prima nella sua esperienza come Direttore dei servizi sociali, poi del Personale e delle Relazioni aziendali, della Olivetti, poi alla FIAT, poi in Parlamento.

Proseguendo mi convince molto anche il concetto poi sviluppato da Volponi in Parlamento per cui le  decisioni efficaci dal punto di vista economico sono quelle che associano lo sviluppo culturale e civile di un territorio.

E condivido molto l’impostazione per cui la collaborazione con la FIAT è il punto estremo di un percorso, una modalità di realizzazione di un progetto di vita e di lavoro: contribuire alla riforma democratica della società partendo dall’industria, stando con attenzione critica, dentro il sistema; vedendone con chiarezza gli errori ma anche le possibilità di progresso, correggerne il percorso dall’alto operando accanto a chi aveva il potere effettivo di farlo.

Qui si pone un quesito fondamentale che riguarda il rapporto critico con il potere: contrastarlo o assecondarlo? E’ una domanda che sicuramente si è posta anche ad ognuno di noi, non è vero?

Questa parte riguarda un momento della vita di Volponi che si intreccia con la famiglia Agnelli, la più importante famiglia di imprenditori italiani.

La sua esperienza alla guida della Fondazione Agnelli, che aveva proprio lo scopo di elaborare e diffondere una nuova cultura manageriale di respiro internazionale: Volponi la definisce “una sfida culturale”. Quando Gianni Agnelli diventa presidente di Confindustria nel discorso di insediamento sono evidenti le influenze di Paolo Volponi, che rilancia su un progetto di dialogo tra le parti, tra impresa e lavoratori, una vera innovazione per l’impostazione dell’industria italiana di quegli anni.

Poi l’adesione al Partito comunista causò la fine dell’incarico, e rivela tutta la forza della figura di Volponi, coerente nei suoi valori e nelle sue idee.

La forza del dialogo e della cultura, la stessa che Volponi metteva come base per il CEPAS (Centro di educazione professionale per assistenti sociali) che furono una delle sue prime esperienze lavorative

Volponi è affascinato dal potere con cui entra in contatto, con l’intenzione di piegarlo ai suoi ideali, ma contro il potere degli apparati politici ed industriali contro i quali si infrange, è destinato a perdere.

Ora la domanda che ci dobbiamo porre  e che mi sono posto è:cosa rimane dell’eredità di Volponi alle nuove generazioni?

Sicuramente quella di un uomo di valori e di idee ferme e coerenti, tema chiaro nel rapporto con l’industria italiana. L’eredità di Volponi pertanto rimane viva, nei suoi scritti e progetti.

Ed è forte anche nella parte della sua vita che riguarda l’esperienza politica, dove inserisce un tema nuovo: ovvero, capire dove vanno i soldi e cosa ci si fa. E qui si collega tutto il tema del Buon governo e la voglia di migliorare la vita della gente.

La politica deve accompagnare le città verso nuove sfide, verso progetti ambiziosi e grandi. Per questo un tema che ritenga vada approfondito è quello della economicità dei provvedimenti: ovvero non si può fare solo una valutazione immediata delle azioni politiche ma occorre valutare nel tempo quali possono essere le conseguenze. Come con la Tecnologia: Volponi non pensava che andasse condannato lo sviluppo industriale ma andasse al contrario sostenuto.

E se pensate che le prime 10 aziende al mondo sono tutte del settore digitale questa posizione di Volponi risulterà quanto mai innovatrice. Sarebbe curioso e bello ascoltarlo su questa esplosione dell’economia digitale.

Globalizzazione e tecnologia hanno segnato le trasformazioni dell’economia mondiale. La diffusione di smartphone e di internet in mobilità, l’esplosione di google, dei social media, e la trasformazione dell’e-commerce a fenomeno di massa hanno portato le aziende della tecnologia ai vertici del mondo: Microsoft, Apple, Amazon, Alphabet (Google), Facebook, sono oggi al vertice dell’economia mondiale, insieme ad Alibaba, colosso cinese dell’high tech (America e Cina)

Oggi la chiave è la connessione tra digitale ed umano, in tutti i settori, una giusta connessione tra online e offline, che contribuisce allo sviluppo delle imprese e di un moderno Stato. Un pò come sosteneva Volponi sul connubio tra sviluppo e capitale umano.

Sull’esperienza politica Volponi a un certo punto della sua vita esplicita il concetto di politica come gran gioco, gran circo, dove c’è chi recita e di un Parlamento come scenografia. Invece lui concepisce la politica come servizio sociale con coerenza intellettuale e morale. Penso quindi che di Volponi quindi resti la figura di erede di una tradizione contemporanea.

Concludo sulle affermazioni di Butera che mi convincono molto. Butera, che fu uno dei collaboratori di Volponi e poi assunse l’incarico di Direzione del servizio ricerche e studi sull’Organizzazione alla Olivetti, nella prefazione al libro: “il futuro del nostro paese è ancora legato alla valorizzazione del lavoro a 360 gradi: alla visione di un paese che riposiziona verso l’alto la produzione di bei e servizi, aumentando la propria quota di fatturato sul mercato mondiale, che sviluppa sistemi di rete di impresa ed ecosistemi cognitivi, che valorizza l’enorme patrimonio di imprenditoria e di beni naturali, artistici e culturali, che migliora la produttività, anche con l’adozione di tecnologie digitali, che esalta il saper fare italiano, potenzia i sistemi educativi, riorganizza la pubblica amministrazione, rispetta di diritti, riduce le disuguaglianze, assicura la legalità e la giustizia in tempi civili, protegge l’ambiente.

Oggi occorre valorizzare ed incoraggiare, mettere in connessione i progetti e le politiche che valorizzano il lavoro di qualità, che sviluppano insieme tecnologia, organizzazione, lavoro, che si danno obiettivi economici e sociali.

Mi convince molto anche l’importanza della formazione. Questo provare a buttar il cuore oltre l’ostacolo, questo suo battersi per migliorare le cose, questo suo accettare i compromessi perché finalizzati ad un obiettivo alto, ovvero di democratizzare le imprese (come le definiscono anche i suoi principali conoscitori e collaboratori)

Vorrei chiudere con queste belle parole che racchiudono il pensiero di Volponi e che oggi in questa bella giornata di sole invernale ci permettono di respirare una visione di futuro:

“Ho ancora un’altra speranza: che venga scritta qualche bella poesia. Perché è vero che le poesie non cambiano il mondo, ma aiutano chi legge, a stare più vigile a pensare, a capire la società in cui uno è immerso”.

Federico Scaramucci