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Urbino. Festival del Giornalismo Culturale Edizione 2015

in Cultura

Urbino –  Fano. Festival del Giornalismo Culturale Edizione 2015

 

 

 

Terza edizione del Festival

“L’incredibile sviluppo degli strumenti di comunicazione – sostiene la direzione del Festival del Giornalismo Culturale – offre uno scenario sorprendente: viviamo in un mondo in continuo movimento pur nella apparente staticità della quotidianità. Cambia il modo di trasmettere il sapere e di conseguenza il rapporto che abbiamo con esso. Il Festival perciò si pone l’obiettivo di comprendere in che direzione si stia andando, se la Cultura è ricchezza non solo della mente ma anche economica e cosa può voler dire promuoverla in una società in trasformazione, sempre più veloce e dinamica che può far uso dei tanti strumenti per comunicare e informare. Dunque puntare alla Cultura partendo dalle idee, dalla creatività, dalla voglia di cambiamento”.

 

Questa terza edizione si presenta con una nuova veste: raddoppiate le location per ospitare eventi, tavole rotonde e incontri con il pubblico.

Tre le direttrici di analisi: la cultura attraverso i media, le nuove tecniche della narrazione e dello storytelling e le frontiere della promozione culturale con l’unico intento di fornire una visione ampia sull’informazione culturale nel nostro Paese. Questo il Festival e gli ospiti lo faranno analizzando i quattro media spesso in interazione fra loro.
Dalla carta stampata al web, dalla radio alla tv.

 

Prima Giornata Giovedì 23 aprile 2015

La 3° edizione del Festival del Giornalismo Culturale si apre, giovedì 23 aprile a Urbino, a cura di Lella Mazzoli e Giorgio Zanchini.

Alle 15.30 nel cortile antistante la Montefeltro Libri, si tiene la presentazione del nuovo libro di Stefano Bartezzaghi M. Una Metronovela.

Alle 16.30 nel Salone del Trono di Palazzo Ducale, dopo l’introduzione del Rettore dell’Università di Urbino Carlo Bo, Vilberto Stocchi, ci sarà la lectio magistralis Cultura divergente di Piero Dorfles.

Seguirà poi l’intervista di Giorgio Zanchini a Lella Mazzoli per la presentazione della ricerca Come si informano gli italiani.

La giornata si concluderà nelle Grandi Cucine di Palazzo Ducale, con l’evento FFF Form Follows Food. La forma segue il gusto il gusto segue la forma, sinergie tra food & design a cura della food writer Elisia Menduni e lo chef Fabrizio Mantovani di Fm Sintonizzati con gusto di Faenza.

Gli intermezzi musicali sono curati da Amat con i Kyknos Cello Quartet e la chitarra di Irene Placci Califano.

 

Seconda Giornata Venerdì 24 aprile 2015

Questi gli appuntamenti della seconda giornata della 3° edizione del Festival del Giornalismo Culturale, venerdì 24 aprile a Urbino, curato da Lella Mazzoli e Giorgio Zanchini.

Alle 09.30 nel Teatro Raffaello Sanzio di Urbino, con la Tavola rotonda dedicata al mondo della carta stampata, che vedrà tra gli ospiti: Annalena Benini (Il Foglio), Emanuele Bevilacqua (Pagina99), Simonetta Fiori (La Repubblica), Luigi Mascheroni (Il Giornale), Armando Massarenti (Il Sole 24 ore), Luca Mastrantonio (Corriere della Sera), Massimiliano Panarari (La Stampa), Leonardo Romei (ISIA Urbino), Farian Sabahi (scrittrice e giornalista free lance, specialista Medio Oriente) e Federico Sarica (giornalista).

La mattinata si concluderà con la premiazione, da parte della giuria presieduta da Piero Dorfles, dei vincitori del concorso del Festival: Con la cultura si mangia?

Alle 15.30, sempre nella cornice del Teatro Raffaello Sanzio di Urbino si terrà la seconda tavola rotonda dedicata al mondo del web che vedrà la partecipazione di: Martin Angioni (scrittore e pubblicista), Nello Avellani (NewsTown), Luca De Biase (Il Sole 24 ore), Paolo Di Paolo (scrittore), Carlo Freccero (scrittore e autore televisivo), Fabio Giglietto (Università di Urbino Carlo Bo), Beniamino Pagliaro (Good Morning Italia, La Stampa), Christian Raimo (scrittore), Cristiana Raffa (giornalista) e Mario Tedeschini Lalli (L’Espresso).

La giornata si concluderà con la presentazione alle 18.15 del libro di Luca Mastrantonio, Pazzesco! Dizionario ragionato dell’italiano esagerato (Marsilio 2015).

Nel foyer del teatro sarà visibile l’installazione dell’artista Federico Ambrosio a cura di Umberto Palestini (Accademia di Belle Arti di Urbino).

programma FGC2015

 

 

 

 

programma FGC2015 2

 

 

 

programma FGC2015 3

 

Ricerca della prima giornata del Festival

 

Presentazione della 5a edizione della ricerca dell’Osservatorio News-Italia
Informazione e serialità

 

In occasione della giornata di apertura della terza edizione del Festival del giornalismo culturale, promuovere la cultura conviene,è stata presentata la
ricerca dell’Osservatorio News-Italia su informazione e serialità.

 

– Principali risultati –

• La diffusione di internet come mezzo di informazione in Italia è seconda solo a quella della TV;
• Gran parte dell’informazione digitale viene ormai fruita attraverso smartphone e tablet;
• Anche la TV non è più la stessa. Sta rapidamente cambiando il modo di guardarla (schermi e pratiche) e di scegliere i programmi;
• In questo nuovo contesto prospera la narrazione seriale, ma i gusti del pubblico sono fortemente differenziati in base all’età. – Report per la stampa –

 

La ricerca, il cui primo obiettivo è comprendere le trasformazioni del panorama mediale italiano, quest’anno si è focalizzata sull’osservazione delle pratiche di fruizione del medium televisivo e su come queste siano influenzate dalla crescente diffusione della rete e della tecnologia mobile.

 

La televisione: primo medium informativo in Italia.

La televisione è il medium più seguito per informarsi. Si affida a un notiziario televisivo come fonte informativa preferita l’88% del campione intervistato (n=1021 rispondenti). Ma è anche il medium più seguito in generale, rincorso da internet, che dal 2011 è diventato il secondo medium informativo in Italia, con un’utenza del 71% (+20% rispetto al 2011).

 

Nuove modalità di visione televisiva: la social tv.

È interessante osservare come cambia il modo di guardare la televisione oggi. Infatti non la si guarda più come una volta, davanti a
uno schermo, ma la si guarda facendo altre attività relative alla ricerca
di informazione e ricorrendo a più device. Grazie all’utilizzo del secondo
screen attraverso il mobile, più della metà degli spettatori televisivi
sono spettatori connessi e utilizzano più device contemporaneamente
per ricercare informazioni sul programma che stanno guardando
(28%) o verificare se ciò che è stato detto durante la trasmissione che
seguono è vero o falso (fact checking 29%). Ma soprattutto – e questo
riguarda il 35% degli intervistati – si tengono impegnati quando
vengono trasmessi gli inserti pubblicitari. Questi dati sembrano
evidenziare che sia morto l’elettrodomestico televisore ma che sia
viva la televisione che viene vista utilizzando diversi device.
Lo spettatore connesso giovane è diffidente, multitasking e distratto.

 

Ancora più connessi della media degli italiani sono gli spettatori
giovani. Più dei due terzi di chi ha tra i 18-29 anni (89%) fa altre
attività guardando la tv. E lo fa in modo più assiduo. Il 69% fa fact
checking, il 70% ricerca informazioni sul programma che sta
guardando, il 77% fa altre attività mentre guarda la pubblicità.
I nuovi influencer televisivi.

 

 

Nella scelta dei programmi televisivi assumono un ruolo centrale i
social network. Un terzo degli italiani (31%) segue i suggerimenti
ricevuti sui social, postati dalla propria cerchia di amici su facebook o
twitter. La tendenza ad assumere un comportamento omofilico si
rende ancor più manifesta nei giovani: quasi la metà dei rispondenti
(49%) è influenzato dal proprio gruppo di pari nello scegliere cosa
guardare in tv.

 

Agli spettatori tv piace lo storytelling.

Tra i programmi televisivi più seguiti oggi, abbiamo scelto di osservare
le serie tv, prodotto seriale per eccellenza che sembra rispecchiare i
gusti degli spettatori che chiedono sempre più modalità di racconto
complesse, narrate attraverso più media e distribuite su più
piattaforme mediali. Lo spettatore televisivo italiano preferisce le serie
tv (46%) rispetto ad altri tipi di narrazione più lineari e tradizionali
come gli sceneggiati brevi o le soap opera. Più strutturate, più lunghe,
più coinvolgenti, più vicine alle modalità di storytelling: le serie tv, pur
nella loro trasversalità, sono una tipologia narrativa generazionale,
visto che è il 72% dei giovani a seguirne le vicende con più entusiasmo
rispetto alle altre classi di età.

 

Le serie tv si guardano più sulla live tv che sull’online tv.

È la televisione digitale o a pagamento, quella che abbiamo definito live
tv, la piattaforma scelta per guardare le serie tv. Il 93% degli italiani le
guarda in diretta, affidandosi alla programmazione televisiva
tradizionale. Preferenza che sembra riguardare tutte le classi di età del
campione. Il 28% sceglie di guardare le serie tv sui siti web delle
emittenti tv, digitali o a pagamento, o in streaming da altri siti o ancora
scaricandole sul proprio computer.

 

Ai giovani piace la narrazione complessa e una modalità di visione
complessa. La online tv viene utilizzata soprattutto dai giovani. Due
terzi di chi ha 18-29 anni (66%), quindi molto al di sopra della media
degli italiani intervistati, segue le serie televisive attraverso almeno
una delle modalità online. È un tipo di fruizione multipiattaforma che
mixa non solo i vari media tra di loro, ma anche gli stessi contenuti
seriali che sono pensati e prodotti sempre più in funzione della
transmedialità.

 

Alcune informazioni sull’Osservatorio News-Italia.

La ricerca è curata dal Laboratorio di Ricerca sulla Comunicazione Avanzata
(LARiCA) del Dipartimento di scienze della comunicazione discipline
umanistiche dell’Università di Urbino Carlo Bo e si occupa di osservare i
cambiamenti dell’ecosistema dell’informazione in Italia e di focalizzarsi su
alcune tendenze emergenti nel panorama mediale. Il team di ricerca è
composto da Lella Mazzoli (direttore della ricerca), Fabio Giglietto
(ricercatore senior e coordinatore del progetto), Stefania Antonioni
(ricercatore senior), Giulia Raimondi, Chiara Checcaglini, Elisabetta Ranieri
(ricercatori junior).
La metodologia adottata per la ricerca è di tipo misto, con rilevazioni CATI
(telefonia fissa), CAMI (telefonia mobile) e CAWI (interviste online) a un
campione rappresentativo della popolazione italiana composto da 1021
rispondenti di età superiore a 18 anni.
Per ulteriori analisi e dati: www.news-italia.itù

 

 

Urbino, Sala del Trono del Palazzo Ducale, 23 aprile 2015, il luogo della comunicazione. Il rettore Vilberto Stocchi con il discorso inaugurale sulla informazione scientifica e Piero Dorfles con la lectio sulla “Cultura divergente”: due momenti di autorevolezza culturale, due voci sulla qualità della cultura come testimonianza del pensare e dello studiare. Si parte dai linguaggi che cambiano e dall’antropologia che definisce il lavoro, dal libro per passare al teatro, al cinema, alla tv,al web, al tablet. E’ un’avventura dell’intelligenza e dello spirito. La ricerca della verità che ci accompagna, dice Stocchi, è vivere nel sapere come stile di vita, sottolinea Dorfles. Dall’incontro con Stefano Bartezzaghi sulla malia della metropolitana e della città cosmopolita si è passati all’armonia del palazzo in forma di città, il luogo della pacificazione culturale, ai momenti della cultura discorsiva, che auspica Lella Mazzoli.

Così la proposta urbinate del Festival è stata avvolgente, il secondo tempo di Fano, ricco di suoni e di segnali creativi per continuare in questo appuntamento fortemente significativo. Pubblichiamo la riflessione del rettore Stocchi (sottotitoli redazionali), contiamo di leggere quella di Dorfles, una elaborazione di orizzonti aperti. (Ga.Mo.)

 

INFORMAZIONE CULTURALE E DIVULGAZIONE SCIENTIFICA

Vilberto Stocchi

Magnifico Rettore Università degli Studi Carlo Bo

Discorso inaugurale – III Festival del Giornalismo Culturale
Sala del Trono del Palazzo Ducale – Urbino, 23 aprile 2015

Buon pomeriggio. Rivolgo il mio cordiale saluto alle autorità, agli illustri relatori, agli organizzatori – in particolare alla Prof.ssa Lella Mazzoli e al giornalista Giorgio Zanchini, che hanno dedicato davvero molte energie alla realizzazione di questo evento – e a tutti voi che così numerosi siete intervenuti a questa terza edizione del Festival del Giornalismo Culturale, curata dal Dipartimento di Scienze della Comunicazione e Discipline Umanistiche della nostra Università, che si occuperà degli effetti della rivoluzione digitale che sta influenzando e che influenzerà sempre più l’ambito della comunicazione.

 

Un convegno del 1974 sulla tv

In particolare il Festival del Giornalismo Culturale rivolgerà la propria attenzione alla relazione tra cultura e benessere, tra cultura e sviluppo. Tematiche di grande rilievo che hanno oggi il loro esordio in un Palazzo che già nel 1974 aveva ospitato un’altra iniziativa memorabile, il Convegno dal titolo Messaggio televisivo in funzione formativa, a testimonianza del fatto che l’Ateneo urbinate, sede di una Scuola di Giornalismo, ha sempre rivolto grande attenzione ai temi della comunicazione: lo aveva fatto notare Carlo Bo, che introducendo quell’incontro riaffermava come la lezione della televisione fosse “incommensurabilmente più viva e ricca di quella ripetitiva e schematica dei nostri stabilimenti di cultura”.

 

Il ruolo della formazione

Ma già allora si era preferito porre l’accento sul problema della “formazione” che Bo aveva riconosciuto come “centrale e di assoluta importanza per la storia futura del nostro Paese” per la costruzione di un “uomo nuovo” che fosse in grado di utilizzare il mezzo in maniera critica e di affrontare le sfide della globalità in un’epoca in cui più fragili si rivelavano i punti di riferimento educativi.

A distanza di circa quarant’anni dobbiamo riconoscere come il mezzo televisivo non sempre sia riuscito a rispondere alle aspettative che allora si erano create: se dal punto di visto della diffusione di una lingua comune il risultato è stato positivo, non altrettanto si può dire del livello culturale raggiunto da format e trasmissioni che non riescono a stimolare nello spettatore quel necessario spirito critico insieme all’aiuto a riconoscere i valori veri con l’obiettivo di formare persone capaci di affrontare le tante nuove sfide che caratterizzano la nostra società, influenzata da profondi cambiamenti.

 

La cultura e l’università

E allora molto può fare in questa prospettiva la cultura: l’Università, luogo privilegiato dove si cresce nella conoscenza, insieme alle energie più vive e fresche della società e agli operatori della comunicazione, è chiamata ad unire le forze utilizzando la strada del confronto e rivolgendo lo sguardo ad un orizzonte più ampio e articolato, che si allarga alla carta stampata e al web e, in definitiva, a tutti quei new-media che influenzano in modo pervasivo la nostra società.
Fatta questa rapida premessa, vorrei addentrarmi su un terreno che è più consono ai miei interessi di natura prettamente scientifica.

 

La comunicazione è un esercizio di democrazia

“Non c’è scienza senza comunicazione della scienza”, disse una volta l’etologa e antropologa britannica Jane Goodall, intendendo affermare con questa espressione che il sistema di comunicazione è in grado di conferire una forte dinamica al processo scientifico, contribuendo addirittura all’evoluzione stessa della scienza.
Inoltre sono ancora in molti a credere che senza una comunicazione pubblica della scienza non ci possa essere una vera società democratica della conoscenza. Informare in modo corretto, che si tratti di scienza, politica o economia, rappresenta davvero un esercizio di democrazia.

 

Comunicazione scientifica e conoscenza della verità

Oggi viviamo una situazione caratterizzata da una informazione per certi versi ridondante e che soprattutto non aiuta ad orientarci. Anche se non toccherò questo tema nella mia breve riflessione, mi preme affermare che la crisi che stiamo vivendo è legata principalmente alla difficoltà di riconoscere i veri valori: una condizione che ovviamente non si riferisce soltanto al nostro Paese. Quale è allora il contributo dell’ambito scientifico a questo desiderio dell’uomo di crescere nella conoscenza della verità? Certamente la scienza non è in grado di dare risposte alle domande di fondo che caratterizzano il percorso dell’esistenza umana, in quanto l’uomo è una realtà ben più complessa rispetto ad ogni altro organismo vivente ed inoltre non possiamo pensarlo costituito di sole cellule.

Tuttavia, una metodologia scientifica consente di ottenere informazioni affidabili e verificabili, che vengono accolte prima dalla comunità degli scienziati, e poi divulgate attraverso i media a tutta la comunità, alla società.

Attraverso l’attività di ricerca, lo scienziato ottiene dei risultati che vengono comunicati su riviste scientifiche di livello internazionale. A tutti voi è noto il valore ed il prestigio di riviste come Nature e Science.

Lo scienziato è spinto dal desiderio di comunicare “una cosa” non nota in precedenza alla comunità scientifica, e questo rappresenta un crescere nella conoscenza della verità. Questo crescere nella conoscenza della verità riguarda, di norma, aspetti specifici di un ambito, come può essere quello della fisica, della biologia e cosi via.

 

Compito della divulgazione scientifica

Questo primo step, per cosi dire, può richiedere anni di lavoro, il coinvolgimento di diversi ricercatori e l’utilizzo di significative risorse. I risultati poi ottenuti vengono raccolti in un lavoro che è la una pubblicazione scientifica vera e propria che viene inviata all’editor della rivista scientifica “accreditata”. Il contributo viene, di norma, sottoposto all’attenzione di referees (scienziati noti e competenti in quello specifico ambito): solo in presenza di valutazioni positive da parte di tutti, il lavoro può finalmente essere pubblicato.

A questo primo step, di norma rigoroso ed affidabile, segue quello successivo della divulgazione scientifica.
Oggi le implicazioni delle attività di ricerca hanno influenza sui tanti aspetti della nostra vita, ed ecco dunque l’importanza di una diffusione dei risultati che si trasmetta a tutti, dopo la necessaria “traduzione” di quello che era un linguaggio noto soltanto agli addetti ai lavori.

 

L’esempio di Faraday e di Maxwell

Vorrei spiegare che cosa si intende per traduzione di un linguaggio. A voi tutti sono noti i nomi di due scienziati che hanno recato un contributo significativo al progresso scientifico: Faraday, che si distinse per i suoi studi sull’elettromagnetismo e sull’influenza delle cariche positive e negative, e Maxwell, che dimostrò che l’elettricità, il magnetismo e la luce erano tutte manifestazioni del medesimo fenomeno: il campo elettromagnetico. Faraday era già molto noto in questo ambito, mentre Maxwell era molto più giovane. Quest’ultimo, utilizzando strumenti matematici più raffinati, era giunto a quegli importanti risultati e, dopo aver prodotto il suo lavoro scientifico, si sentì di inviarlo – per una valutazione – a Faraday. Costui, quando ricevette il lavoro di Maxwell, si accorse che il collega aveva utilizzato strumenti matematici che non gli erano propri e che non gli permettevano di comprendere gli sviluppi di quella ricerca. Allora Faraday rimandò il lavoro a Maxwell, con una lettera in cui in sostanza gli diceva: “Sono certo che attraverso il tuo lavoro hai scoperto una verità del mondo che ci circonda e in cui viviamo. Non conosco gli strumenti matematici che hai utilizzato, tuttavia saresti così gentile da comunicarmi che tipo di verità hai scoperto?”.

 

Lo spazio etico dell’informazione

Questo è ancora più necessario quando si passa dalla comunicazione alla divulgazione scientifica, la quale richiede, dunque, un linguaggio comprensibile, chiaro e semplice, capace di far comprendere i risultati scaturiti dall’attività di ricerca e la verità scientifica conseguita dai ricercatori.

Questo è un passaggio importante che chiama in causa voi giornalisti e non soltanto per comunicare la notizia.
E’ necessario distinguere tra le potenzialità generate da un’attività di ricerca e le possibili implicazioni pratiche che deriveranno da quei risultati. Quasi sempre i risultati ottenuti dalla ricerca di base trovano concrete applicazioni in tempi successivi. Ecco allora comparire l’aspetto etico dell’informazione scientifica, in quanto si deve evitare che si generino aspettative non fondate circa la possibilità di immediate applicazioni.

 

Il caso: il gene dell’obesità

Vorrei chiarire queste mie affermazioni riferendomi, per esempio, ad un caso recente: nel 2014, un gruppo di 25 scienziati americani, canadesi e spagnoli pubblicano su Nature un lavoro relativo alle implicazioni di un gene riguardanti l’obesità. Il lavoro di questi scienziati riguarda risultati ottenuti sul topo.

Cosa è apparso sulla stampa italiana? “Scoperto il gene dell’obesità” oppure: “Ecco a voi il gene dell’obesità”, mentre vengono mostrate in primo piano le immagini di una donna obesa e della stessa persona non obesa. Ovviamente le tecniche fotografiche di cui oggi si dispone aiutano molto in tutto questo. Il testo che seguiva recitava così: “Si chiama IRX3 e sembra avere un ruolo nel regolare il metabolismo e il dispendio energetico. Lo ha scoperto uno studio internazionale appena pubblicato su che ne ha verificato la funzione: nei topi geneticamente modificati, ai quali il gene mancava, si è osservata una riduzione del peso corporeo di circa il 30% rispetto ai topi normali”.
Ora sempre nel 2014 sono apparsi i risultati di uno studio condotto da alcuni ricercatori americani di Seattle, ripreso dal “Sole 24Ore”, che afferma che 2,1 miliardi di persone soffrono di obesità o di problemi legati al sovrappeso.

Quale sarà stata la reazione, quali saranno state le aspettative delle tante persone interessate dal problema dell’obesità di fronte a tali notizie apparse sui media?

Vi vorrei anche ricordare, sulla base delle informazioni scientifiche oggi disponibili, che una qualsiasi manifestazione clinica interessa almeno diverse centinaia di geni.

La divulgazione scientifica, comunque, ha un ruolo davvero importante e richiede il coinvolgimento di figure professionali competenti in ambiti diversi.

 

Festival della scienza

E’ una branca che attraversa un momento di particolare vivacità, come testimoniano le numerose e qualificanti iniziative sorte in questi ultimi tempi come i numerosi Festival della Scienza, tra cui quello di Genova, che rappresenta una delle manifestazioni più importanti a livello europeo per la promozione della divulgazione scientifica.

Altri eventi qualificanti sono rappresentati dalla Settimana della Cultura Scientifica e Tecnologica e dal Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica, promosso dal CNR, a cui hanno aderito nell’ultima edizione quasi settecento autori con pubblicazioni e articoli a cui si aggiungono varie iniziative assunte da prestigiose Università.

Queste attività ci fanno comprendere come anche nel nostro Paese possa essere utile l’istituzione di un Science Media Centre, che fornisca assistenza ai giornalisti. Il futuro del giornalismo scientifico dipenderà dal lavoro comune di operatori della scienza e mass media per assicurare un’interpretazione e una trasmissione corretta dei risultati della ricerca.

 

La realtà del giornalismo scientifico

Si moltiplicano inoltre Scuole e Master professionalizzanti che prevedono una didattica improntata alle scienze della vita, al giornalismo scientifico multimediale e alle strategie di comunicazione relative a quest’area: i giovani hanno così la possibilità di conoscere tutti gli strumenti e le competenze richieste a un professionista della comunicazione, e cioè l’identificazione delle fonti scientifiche, la scrittura per diversi generi testuali e la realizzazione di prodotti audiovisivi e di podcast radiofonici.

E’ altrettanto attuale l’idea di una narrazione alternativa e multimediale della scienza prodotta su blog, siti web e social network di cittadini, di consumatori e di gruppi di interesse vari. Se cambieranno le dinamiche di controllo e di comunicazione, il pubblico forse potrà acquisire strumenti nuovi e competenze che lo aiuteranno a meglio orientarsi, ad andare oltre lo stupore, a interpretare le notizie e a “capire”, oggi che il giornalismo scientifico si sta rinnovando, come è emerso da un simposio al Massachusetts Institute of Technology di Boston, organizzato dalla Knight Science Journalism Fellowships.

E’ certamente difficile districarsi tra fonti attendibili e presunti scoop per uno studioso che si occupa di tematiche quali l’ambiente, gli OGM, la sicurezza alimentare, l’energia nucleare, il riscaldamento globale, la biomedicina, i corretti stili di vita.

Le novità tecnologiche

Siamo davanti a una crescita enorme, affascinante ma anche tumultuosa delle nostre conoscenze scientifiche, ecco perché si rende necessaria una maggiore attenzione nel gestire le soluzioni tecnologiche, valutandone appieno le implicazioni che ne conseguono.

Contribuire al dibattito e al recupero del senso critico è dovere imprescindibile di ogni giornalista che voglia divulgare in maniera corretta i risultati della ricerca lasciandosi ogni volta sfiorare dal dubbio perché, come ha affermato il fisico Stephen Hawking, “Il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, ma l’illusione di sapere”. Spero dunque che nelle prossime edizioni di questo Festival, che si sta delineando come una delle realtà più vive nel panorama nazionale e internazionale, possa essere ospitata una apposita sezione dedicata proprio al fenomeno del giornalismo scientifico.

“Io credo che ogni uomo… desideri vivere nella verità”

Vorrei concludere il mio intervento con quella che è una mia profonda convinzione: io credo che ogni uomo, nella propria vita, al di là del luogo in cui è nato, cresciuto ed educato e al di là del proprio credo, desideri crescere nella conoscenza della verità e vivere nella verità, perché il bisogno di verità è inscritto nel cuore dell’uomo.

E questo ci riporta alla prima parte del titolo di questo mio intervento e cioè l‘”informazione culturale”. Una informazione che deve essere vera e tendere alla verità: per questo il vostro compito di comunicare la verità è davvero importante. Il mio augurio, anzi il mio auspicio, che rivolgo a tutti voi, è che ognuno, nella propria attività professionale, possa davvero diventare un comunicatore di verità.

Vilberto Stocchi