Fanocittà | Festival Digitale Valerio Volpini e la Resistenza, 25-31 luglio 2013
La visita di Mussolini e di Umberto di Savoia
di Aldo Deli
Ogni tanto a Fano qualche istituzione “chiude”: dove andremo a finire di questo passo?
Questa volta è toccato alla caserma Paolini che, in un primo tempo in memoria di un grande soldato fanese del ‘600, avrebbe dovuto chiamarsi “caserma Palazzi”. Ma lasciamo stare la storia, altri l’hanno già raccontata o la racconteranno. Qualcosa che non si sa è forse meno importante, ma più stuzzicante.
Nel dicembre 1943, mentre la caserma ospitava reparti locali della RSI, con molti antifascisti, la caserma Paolini doveva andare a fuoco. L’incendio doveva cominciare (forse era una ingenuità) dal piano alto che dà sulla via Bixio. Benzina e zolfo dovevano essere l’esca; poi ci sarebbe stato chi avrebbe creato panico e confusione. Però avvenne l’imprevisto: la persona che doveva fornire benzina e zolfo fu colta da grave malore per un’ulcera perforata: portata all’ospedale, rimandò a tempi migliori l’impresa, mentre una decina di “congiurati” (che passarono poi tutti nelle file partigiane) aspettava con ansia e, diciamolo senza falso pudore, con un po’ di paura, di dare inizio all’azione che non si sa come sarebbe andata a finire.
La caserma Paolini nella primavera del 1944 subì un attacco nel tardo pomeriggio: due partigiani lanciarono ognuno una bomba a mano sopra il cancello di via Negusanti. Lì vicino stazionavano reparti della RSI. Le bombe, per caso, toccarono terra insieme; sì parlò di un tiro di mortaio, poiché lo scoppio fu grande e fu vasto il raggio delle schegge. Tredici soldati della Repubblica furono feriti: uno, abbastanza gravemente. Il giorno dopo, fasciati e incerottati, li fecero sfilare lungo il Corso affinché tutti si rendessero conto della stoffa del “terrorismo” locale. Fu, non c’è dubbio, un episodio di guerra civile! Il fatto grave è che nessuno pensava a proteggere la caserma nella parte esterna.
Mi piace ricordare però due scene inedite di tutt’altra natura e di tutt’altra data.
Un giorno, all’ultimo momento, si seppe che Mussolini avrebbe visitato la caserma che ospitava, come sappiamo, la Scuola Allievi Ufficiali di fanteria e fu allora che ripeté il monito, poi scritto a grandi lettere nel cortile della caserma stessa: “Coraggio, ardimento, sacrificio e, se necessario, il combattimento”. Fatto sta che tutti si dettero da fare per mettere ancor più a posto l’ingresso, sempre ben tenuto. Quando Mussolini arrivò il colonnello comandante (mi pare Ronco) era nel cortile con una carriola a raccogliere le foglie. A un tratto si vide davanti Mussolini che, dismessa ogni solennità, “Ma bravo – gli disse – proprio bravo!!”.
Un’altra volta la Scuola Allievi fu visitata dal principe di Piemonte (el principìn) Umberto di Savoia. Quando si sparse la voce che Umberto era in caserma un foltissimo gruppo di persone (c’ero anch’io) si assiepò fuori della caserma per “vederlo”. Finalmente Umberto si affacciò alla finestra del portone principale e allora la gente, oltre a battere le mani, lo salutò gridando a più non posso: “Du-ce, Du-ce!!!”. Ve l’immaginate la faccia di Umberto?
Aldo Deli
(“I merli di Fano” a cura di Enzo Uguccioni, Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, 2008, pp. 205-6)