Silvano Ceccarini Urbino 1934-Bologna 1997
Silvano Ceccarini Urbino 1934-Bologna 1997

Urbino, 30 marzo 2016, Poeti di Urbino: Silvano Ceccarini

in Lettere e Teatro

 

 

Silvano Ceccarini II

 

Silvano Ceccarini (Urbino 5 settembre 1934 – Bologna 14 luglio 1997)

30 anni di poesia / 6 libri di poesia / 1968-1997

Tangenziale e altre direzioni, Quaderni di Differenze, Urbino, Argalìa 1968.

Sotto lo sguardo di Zeiss (Poesie 1968-1972), Un appunto di Roberto Roversi, disegno di Piero Guccione in sovracopertina, Urbino, Argalìa 1973.
La torre di Hoelderlin, disegni di Mario Canepa, nota di Franco Contorbia, Ovada, Pesce Editori 1975.

Eventi inaugurali, Bologna, Book Editore 1993.

Geografie, in copertina I. Ver-Meer geografo 1669, Cittadella, Nuove Amadeus Edizioni 1993.

La meraviglia, testimonianze di Franco Contorbia, Nicola Muschitiello, Roberto Roversi e Gianni Scalia, Bologna, Edizioni Pendragon 1998.

 

Con Silvano Ceccarini, 1993

di Gastone Mosci

 

Incontro di poesia di tono alto, martedì 30 novembre 1993, presso il Circolo Acli-Centro Universitario di Urbino con Silvano Ceccarini che ha parlato della sua poesia ed ha letto vari testi delle sue due ultime raccolte del ’93, “Eventi inaugurali” (Book Editore) e “Geografie” (Nuove Amadeus Edizioni).
Ceccarini, urbinate del 1934, poi nella diaspora e laureato in giurisprudenza a Urbino, da sempre a Bologna, un uomo attento agli incontri con artisti e poeti in una comune malìa urbinate per la grafica e la scrittura, in tante città per costruire esperienze d’arte. La sua presenza editoriale inizia nel 1968 con “Tangenziale ed altre direzioni” per i Quaderni di Differenze di Argalìa Editore presso il quale esce nel 1973 “Sotto lo sguardo di Zeiss” con una nota di Roberto Roversi.

Poi, “La torre di Hoelderlin” nel 1975. Ceccarini matura la sua sensibilità artistica nel contesto culturale bolognese mentre a Urbino rimane sempre legato a Ercole Bellucci: la sua poesia è all’inizio un programma dei giorni, un realismo magico ricreato nella città e nell’idea della protesta; poi, si mette in moto un sentimento di riconciliazione nel valore della vita: è il sogno che guida la sua esistenza.

Oggi, nell’incontro di Urbino, Ceccarini ha fatto la sua professione di “pensiero debole”, di accoglienza di una stagione culturale in termini ampi e giustificativi: ha parlato del contesto generale della poesia, del dopo-Nietzsche ma anche di presocratici, e di Heidegger e di Kafka, del soggetto e del nihilismo: la poesia è stupore, illuminazione, luogo della felicità e della sconfitta. Dopo le parole e le dichiarazioni la lettura dei testi: un registro di evocazione del profondo, le tensioni che toccano corporeità e leggerezza dell’essere, il sortilegio in agguato quasi una forma di destino (“pensiero forte”!). Ecco il sigillo di “Geografie”:
Torneremo sulle colline
Nel solenne impianto dei tesori
e delle viti
in anticipo sui fiori

 

Perché così è qualche volta
mentre si vive
1993-2016

Gastone Mosci

 

Lettera di Vittoria Coen

Silvano lasciò Urbino appena al primo anno di università, vincitore di concorso presso l’Enpam di Alessandria. Avrebbe voluto seguire la carriera universitaria, ma le condizioni economiche della famiglia non potevano permetterlo. Nonostante il lavoro si laureò regolarmente e a pieni voti. Ad Alessandria entrò in contatto con l’ambiente artistico/culturale della città ed operò assieme al critico cinematografico Adelio Ferrero e ai pittori Canepa e Boschi (questo diventato amico di Bruscaglia frequentando i corsi estivi di grafica presso l’Istituto d’Arte di Urbino). Ottenuto il trasferimento a Bologna ugualmente partecipò alla vita culturale della città, spesso collaborando anche con Scalia e Roversi di cui era intimo amico oltre che fedele cliente della sua prestigiosa libreria “Palma verde” in via dei Poeti. Insieme ad altri diede vita alla Galleria Durer, con succursale a Castel San Pietro, e ne curò i cataloghi di pittori allora agli esordi, poi divenuti famosi, come Guccione, Gianquinto, Contorbia. Per ragioni di lavoro si trasferì per più di un anno a Trieste dove fu accolto nel gruppo facente capo alla Galleria L’officina di Franco Jesorum, dove si tenevano incontri con critici e scrittori come Magris e Sgorlon, oltre a mostre di pittori jugoslavi e italiani: Elio Marchegiani, ad esempio, docente dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, espose insieme a Emanuela Marassi triestina (E.M – E.M). Di quasi tutte Silvano curò presentazione e catalogo. Tornato a Bologna fondò a Riccione il Centro Europeo di Cultura con sede nel prestigioso Hotel de Ville, di un amico mecenate, dove organizzò incontri (Leo Valiani, Romano Prodi, Giulietta Masina e Federico Fellini e diversi scrittori). Sempre per il CEC, ma nel palazzo della Cultura si tennero invece mostre di pittura (anche Sante Arduini e Dante Panni) e concerti (anche il nostro Leonardo Guidarelli). In ogni città quindi ha lasciato la sua impronta culturale, nonostante l’attività lavorativa di grande responsabilità e impegno, divenuto direttore dell’Enpam a Bologna e quindi dell’Asl 29. Tutto ciò inoltre con uno stato di salute precario fin dalla gioventù, che lo portò a subire più di un anno di dialisi e infine il trapianto fegato/rene, il quinto allora in Italia: un’ulteriore inutile tortura. Affrontò il suo difficile percorso con grande dignità e forza d’animo.
Urbino, 9 marzo 2016

 

Caro Gastone,

bene per Guido Bernardi: sicuramente ricorderà i compagni di liceo. A me sono tornati in mente Angela Betti e Maria Ambrosi, da Silvano nominate spesso con simpatia, ma soprattutto Paolo Balsomini e Paolo Balti che ha continuato a frequentare o a seguire fino alla loro morte. Per Silvano erano ambedue grandi scrittori, e della stessa opinione era Ercole Bellucci, pur se del secondo, geloso dei propri scritti – specie nell’ultimo periodo della sua disgraziata vita – era riuscito a leggere ben poco. Alla morte di ambedue tentò ripetutamente e invano di ottenere dalle rispettive famiglie almeno qualche brano da pubblicare, e comunque da far conoscere. Inserisco questo inciso quasi per ridar voce a Silvano e riaccendere su di loro una memoria che i familiari hanno voluto rinchiudere in inutili cassetti. Io scriverò qualcosa sul suo periodo extra moenia… ad Alessandria, Trieste, Bologna, per quanto attiene all’arte e alla cultura. Contatterò il fratello Sergio circa la fine della sua ricchissima biblioteca ed altro. Quanto ai cataloghi con le presentazioni di Silvano, almeno quello sulla mostra di Carlo Cuppini, fratello del Prof. Renato, lo avrà sicuramente Silvia.
Non ho memoria del concerto di pianoforte al Circolo Acli nel 1983, invece ricordo un incontro a lui dedicato dopo la sua morte. Coinvolgente e ben condotto, per fortuna con un prezioso intervento di Umberto Piersanti. Invierò ancora quanto può essere utile…

Titti
Urbino, 10 marzo 2016

 

Caro Gastone,
ecco il ricordo di Umberto Piersanti: “…la stessa incisività del segno grafico la ritroviamo nella poesia di Silvano che pur essendo vissuto fuori Urbino, affonda qui le sue radici…”.

Quanto alla lettura, la sua attività lavorativa di grande responsabilità lo teneva fuori casa in media otto ore al giorno. Aveva poi la scrittura che è tiranna. Comunque teneva sempre una decina di libri in evidenza – o di recente acquisto o perché utili in quel momento. Sempre comunque anche qualche testo di poesia (Celan-Leopardi-Emily Dickinson-Hoelderling tra i preferiti). Rubando tempo al tempo ogni giorno leggeva senza orari precisi, non trascurando anche i quotidiani (“Repubblica” soprattutto). Dotato di una memoria eccezionale e grande capacità di sintesi e ‘connessione’, tutto veniva indelebilmente recepito, come il computer che non aveva. Scriveva ancora con la Olivetti 22. La biblioteca era suddivisa per materie,quindi per nazionalità degli autori inseriti in ordine alfabetico. In ordine decrescente per numero di testi cito: 1) narrativa, poesia, critica letteraria – 2) arte (pittura, scultura e architettura) con testi dei grandi critici e cataloghi di innumeri mostre – 3) filosofia (Wittgenstein lo affascinava ma confessava di procedere per intuito nella lettura un po’ ostica per i non addetti) e religione (l’ebraismo soprattutto) – 4) giurisprudenza e sanità. Nel testamento lasciò scritto che alla sua morte i libri fossero donati alla biblioteca di quartiere (quartiere Mazzini) dopo che i familiari avessero scelto i testi di gradimento. Come già detto, dopo la sua morte non tornai più in quella casa e solo mio figlio Paolo vi si recò e prese qualche libro di giurisprudenza. Questa sera avrò notizie in proposito da Sergio – il fratello – nonché l’e-mail. La moglie infatti, contattata da poco, non ha saputo dirmi nulla. Uno di questi giorni lascerò nella cassetta delle lettere il mio ultimo libro, già promesso a Grazietta, dove c’è un racconto, ricordo di Silvano, oltre a qualche foglio sparso. Non serviranno per l’incontro, ma per condividere con chi l’ha benvoluto, certe emozioni e ricordi. Quanto alle poesie di Silvano, tutte scaturivano da una realtà ben precisa. Da quando ci eravamo ri-incontrati (dopo la frequentazione liceale con letture dei poeti pubblicati nella collana Lo specchio) aveva con me scoperto l’amore per la natura, le lunghe passeggiate e i viaggi. Ogni sua poesia si ispirava a un evento vissuto, a una suggestione. Prendeva appunti scarni che gli sarebbero serviti al momento di tradurre l’emozione in poesia. ‘Onda marina’, ad esempio, è Torrette di Fano. Mi sono dilungata, ma tra tante righe in più molte serviranno per l’incontro.

Titti
Urbino, 11 marzo 2016

 

 

 

Silvano Ceccarini archivio Fulvio Palma

 

La poesia di Silvano Ceccarini

di Germana Duca Ruggeri

La vicenda umana e culturale di Silvano Ceccarini, nato nel 1934 a Urbino e scomparso nel 1997, edito come poeta dal 1968 al 1998 con sei raccolte, di cui una postuma (Tangenziale e altre direzioni; Sotto lo sguardo di Zeiss; La torre di Holderlin; Geografie; Eventi inaugurali; La meraviglia) somiglia a quella di altri urbinati che in gioventù hanno lasciato la città diretti altrove, portando con sé l’amore per l’espressione artistica respirata nella terra d’origine.
Tale bagaglio (arricchito dagli studi giuridici, che gli hanno permesso di ricoprire ruoli dirigenziali in vari settori) ha accompagnato Silvano Ceccarini prima ad Alessandria, poi a Bologna, a Trieste e a Riccione, offrendogli l’opportunità di stringere relazioni con illustri esponenti dell’arte e della letteratura come Canepa, Guccione, Valentini, Contorbia, Muschitiello, Roversi, Scalia, Magris e altri.
Tali incontri hanno contribuito a porre in luce le sue qualità intellettuali, ad approfondire i suoi interessi filosofici, Nietzsche in particolare, e a confermarlo nella necessità di raffigurare le <> del presente mediante la scrittura poetica e d’arte. Nel vuoto di un secolo come il Novecento, sempre più breve, Ceccarini trova un appiglio nella dedizione alla parola; ma senza illusioni perché – come egli scrisse in occasione di una mostra di Enzo Dondi – “della cosa non sapremo mai il significato, ma solo i tentativi per afferrarla”.

L’autore ne dà prova fin dai primi versi (1965-67), frutto di “un’intenzione di fuga” non verso un altrove , ma verso un metodo – di lucidità cartesiana, si direbbe – che mostri senza “raggiri” il destino che ci attende, la nuda verità che ci riguarda.

Così la poesia di Ceccarini, anche quando abbandona il concreto per oscillare fra delirio, sogno, visione, coincide con la ricerca della vita, portata sulla pagina così com’è, senza edulcorazioni, nel variare dei luoghi. Luoghi concreti, come interni più o meno malfamati, stanze domestiche e di ospedali, insieme a scorci esterni e zoomate fra paesaggio urbinate, stazioni, città in espansione, periferie, spiagge, acque fluviali e marine.

Il mare in Ceccarini è figura ricorrente, spesso accompagnata dall’immagine delle mani, entrambi emblemi, si potrebbe arguire di una visione del mondo tangibile e, nel contempo, inafferrabile. Simile in questo al linguaggio dell’autore: alla mano, ma solo in apparenza, sospeso com’è fra la necessità di farsi afferrare e quella di sfuggire alla presa, all’interpretazione.

Ripercorrendo per intero la sua opera, ci si può tuttavia affidare allo spirito dell’eterno ritorno che anima la stagione primaverile, <>, e abbandonarsi a un lieve, impercettibile, ma costante moto ascensionale. Ecco allora che dalle visioni grigie di Tangenziale e altre direzioni (1968) e delle raccolte successive (Sotto lo sguardo di Zeiss, 1973; La torre di Holderlin, 1975) si giunge con Geografie ed Eventi inaugurali, entrambi del 1993, a riconoscere insieme al poeta l’intera tavolozza del creato, espressione primaria del coraggio di proseguire, di non cedere alla tentazione del nulla. Ma è nella raccolta postuma La meraviglia (1998), cui Ceccarini attese finché gli fu possibile, che il suo sguardo diviene scandaglio dell’anima mundi e la sua mano addita due parole semplici: <> e <<pietà>>.

* Stanno gli uccelli con le ali rivolte
ai confini del tempo
su nere spiagge di un’umanità profuga
e molteplice
come chiunque pensi imitando se stesso
la curvatura delle spalle
(Da Sotto lo sguardo di Zeiss, 1973)
* Oh rosa
rosa dell’azzurro
verde del grigio
ramo di ogni notte:
per te
per questa trasversale muta
della primavera

* Le colline sono isole attorno a cui la luce
si raccoglie. Alcune lo scialle le riveste
altre portano semplicemente un cappello.
Sono signore di una pasqua naturale
che ci salva. Madri-sorelle che la maturità
invita a una prudenza di suoni e colori.
Quando non vivevo ancora nel tempo le guardai
solo ripetersi
(Da Eventi inaugurali, 1993)

 

 

 UNILIT – Università Libera Itinerante

Collegata all’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo

Circolo Acli – Centro Universitario

Conversazioni di Palazzo Petrangolini

Vivarte – www.urbinovivarte.com

Fano Città – www.fanocittà.it

*

Poeti d’Urbino 2

Silvano Ceccarini

Trent’anni di poesia

Mercoledì 30 marzo 2016 ore 16,30

Piazza Rinascimento 7 – Urbino

*

Saluto di Sergio Pretelli, Presidente Unilit

Coordina Gastone Mosci

°

Germana Duca presenta e legge alcune poesie

L’incontro con Silvano Ceccarini poeta

°

Maria Lenti

La meraviglia

°

Silvano Ceccarini e Via del Popolo

Fotografie a cura di Fulvio Palma

°

Alberto Ceccarini: Tra poesia e pittura a Bologna nel ’98

Silvano Ceccarini e il pittore Sergio Alessandri

°

Silvia Cuppini

Silvano Ceccarini: Carlo Cuppini, un pittore per amico

°

Collabora Guido Bernardi: gli anni del liceo Raffaello

°

Michele Gianotti e Nicoletto Nicoletti

Documentazione di Sala

Poeti d’Urbino 1, Don Amato Cini, 26 febbraio 2016, collaborazione: Germana Duca, Gastone Mosci, Sergio Pretelli, Francesco Colocci, Giustino Gostoli, Raimondo Rossi, Michele Gianotti, Nicoletto Nicoletti, Roberta Sanchini, Anna Cini, Abramo Cini e don Romano Ruggeri.

Poeti d’Urbino 3 e 4, Zeno FortiniVenerdì 22 aprile ore 11 a Barchi, e Paolo Volponi Mercoledì 4 maggio ore 16,30, coll. Silvia Cuppini, Germana Duca, M. Laura Ercolani, Michele Gianotti, Gastone Mosci, Sergio Pretelli, Nicoletto Nicoletti, Fulvio Palma, William Rivière.