Valerio Volpini, Il mare m’e’ entrato sin nelle ossa

in Lettere e Teatro

Il mare m’e’ entrato sin nelle ossa

 di Valerio Volpini

Fano ha un carattere contadino: anche se ha tutta la disposizione topografica e la luce delle città marine. Le colonie di pescatori che hanno radicato nei tempi le loro dimore lungo i porto-canali delle piccole città adriati che sono di “foravia”. Per questo i fanesi hanno poca dimestichezza con l’acqua salata che é imprevisto e avventura. Inoltre io vengo da Rosciano.

Il mare m’è entrato poi sin nelle ossa quando, sposandomi, sono andato ad abitare la casa di via Simonetti. La casa di Fano più vicina al mare, perché fra l’Arzilla e il molo di ponente, proprio davanti alla mia porta, appuntiva il proprio arco. Per venticinque anni più che sul mare mi son sentito dentro il mare indovinando il tempo dal rumore e dal colore delle onde. Verde con la bora, nero con il garbino che porta pioggia e moscerini. Ho sentito l’improvviso sopraggiungere del boato della bora che arriva alla distanza dei due giorni da Trieste.

Le ondate lambivano letteralmente la soglia di casa e via Simonetti si copriva spesso di ligara e sabbia. Un mattino, addirittura, ci trovammo le pesantissime e lunghe travature dei lavori d’impalcatura per l’allungamento del molo del porto-canale.

Chissà dove si cacciano i gabbiani quando c’è il mare grosso. Dopo vengono a riva a zampettare a migliaia sulla sabbia, goffi per quanto invece sono eleganti in volo. Sono imprevedibili perché talvolta anche in piena tempesta navigano a fil di vento sulla spuma delle ondate. Li osservavo nel loro volare faticato e sfiorare i vetri del mio studio.

In uno splendido mattino di marzo ho visto lo spettacolo (mai più ripetutosi o mai più visto) di un branco di delfini che s’era messo a giocare a trecento metri: per pochi minuti, un’esibizione per pochissimi.