Valerio Volpini, Per il campo a potare le viti
BREVI SCRITTI DI VALERIO VOLPINI
TRE XILOGRAFIE DI ALBERICO MORENA
Il brano che segue e quelli delle prossime settimane sono presi dalla edizione d’arte Brevi scritti di Valerio Volpini / Tre xilografie di Alberico Morena” (Marzo 1986).
Scrive Valerio Volpini nel suo libro dedicato agli artisti, La luce sui pioppi (L’Astrogallo 1991):
“Ogni volte che m’intrattengo con Alberto Morena il discorso cade, naturalmente, sul suo lavoro. A me viene da pensare cosa avrebbe fatto. Cosa “farebbe” se non avesse scoperto la xilografia. Mi figuro Morena in altri panni: magari musicista oppure riparatore di computer… Non trovo nessuna risposta plausibile al mio gioco mentale perché lui può essere solo, unicamente, irreversibilmente xilografo e xilografo della qualità e della cultura che gli sono proprie… Morena è un artista colto sino alla raffinatezza e basti far caso come abbia saputo regolare la materia e gli oggetti dell’invenzione con l’acuta proprietà del linguaggio incisorio”. (E.U.)
PER IL CAMPO A POTARE LE VITI
di Valerio Volpini
Con il primo sole di marzo il babbo e il nonno andavano per il
campo a potare le viti. Già avevano potato le altre piante più rusti-
che. Andavano a piedi nudi negli zoccoli come quelli che ora porta-
no negli ospedali infermieri e medici (solo che questi son più fini).
Quell’andare senza calze era un rito che io potevo compiere solo con
il permesso superiore di mia madre: « Quando è ora di scalzarsi te
lo dico io. Se poi prendo un mal di punta… ››. Il “mal di punta ››
era la polmonite che, allora, faceva strage.
Io seguivo il lavoro silenzioso che compivano metodicamente
senza sprecare un gesto. Ognuno seguiva il suo filare, ognuno aveva
la sua mannella di salice e dopo aver reciso i tralci con le cesoie le-
gava al filo di ferro i tralci restanti.
Dietro veniva la nonna a raccogliere le potature per farne pic-
cole fascine che servivano per il fuoco in cucina. E mi dava una vo-
ce perché l’aiutassi un poco e non stare a bighellonare come un bab-
beo. Dar del babbeo a qualcuno era il suo insulto più feroce: a me
lo attribuiva per affetto.