Giovanni Volpini
Giovanni Volpini

Giovanni Volpini, 12 ottobre 2016 – ricordo

in Città

Ricordo di Giovanni Volpini

 Giovanni Volpini

 

Giovanni Volpini di Fano, ricercatore del Cern di Ginevra e docente di fisica nell’Università di Milano, è morto mercoledì 12 ottobre 2016 alle ore 20,30 a Torrette di Ancona presso Villa Adria Casa di Riabilitazione, dopo un ricovero di alcuni mesi a seguito di un tumore alle ossa. Era nato a Fano il 16 luglio 1963. Figlio di Valerio Volpini, già direttore de L’Osservatore Romano, ha svolto, accanto alla sua attività scientifica in particolare convegni specialistici a livello internazionale, una presenza culturale ed ecclesiale nella comunità fanese. Aderente di famiglia al Circolo Culturale Jacques Maritain, fondato a Fano dal padre con alcuni amici nel 1960, prima che nascesse, è stato fra i primi collaboratori del nostro blog “Fano città”, dove ha tenuto una rubrica sulla sua attività al Cern (Fano / Un fanese curioso). Negli ultimi anni, ha tenuto conferenze nel Liceo Classico Nolfi dove aveva studiato, al Museo del Balì, nell’Università dei Saperi di Fano. Come tutti i fanesi era appassionato del Carnevale e dell’Adriatico, dove teneva dei corsi al Circolo nautico. Aveva 53 anni, era un intellettuale molto stimato: aveva ereditato dal padre comandate partigiano, docente, scrittore e critico letterario una visione severa e fiduciosa della vita. (Ga.Mo.)

 

Giovanni Volpini

di Gastone Mosci

Una crudele malattia ha colpito Giovanni Volpini e gli ha tolto la vita. Aveva 53 anni, ha lottato per alcuni mesi. A metà luglio ci siamo visti nel foyer del Teatro della Fortuna per la Mostra antologica di Rino Fucci. Era il suo compleanno, non me l’ha ricordato, però a mezza voce mi ha detto, “Sto male”. Era allora arrivato da Ginevra, dal Cern con un permesso di due giorni di ferie per malattia. Si interrogava sulla sua salute, a Fano, nella sua terra, fra i suoi. Si presentava con l’ingenuità di un grande studioso, di uno scienziato, di un fisico nucleare sempre attento al lavoro della ricerca in campo internazionale.

Il giorno dopo comincia il suo calvario, di quasi tre mesi. Era credente e si sentiva distruggere, pregava e si rivolgeva a Gesù, era sempre più cosciente della sua condizione. Ho ascoltato Caterina, la sua nipote, medico, che l’ha seguito giorno dopo giorno. Giovanni aveva fatto il Liceo Nolfi, poi aveva studiato a Milano fisica e in quel contesto si era inserito molto bene, al lavoro nel laboratorio milanese e nel centro ginevrino, il Cern, tra mille scienziati d’ogni paese del mondo. Negli ultimi anni, dopo la scomparsa del padre Valerio nel 2000 e successivamente della madre, era più presente a Fano ed anche al Nuovo Amico quando si teneva il “Premio Giornalistico Valerio Volpini”, organizzato dal nostro settimanale in primavera. Un appuntamento annuale poi biennale che seguiva con passione: un anno, verso il 2010, il Premio Volpini si teneva presso l’ex-Seminario regionale, Giovanni si presentò al pubblico per ricordare Valerio in un suo testo uscito nel 1987 su Famiglia Cristiana e poi nel volume “Tanto per dire” (Mucchi 1998). Il titolo era “Il rosario di mio padre”. Giovanni lo lesse con maestrìa, interpretò come un attore, vi portò la sua anima ed ebbe un gran successo. Quel giovane amava la sua famiglia e aveva una grande umanità. Di fatti simpatici e cordiali potrei citarne altri cento. Ma ne segnalo un altro che ebbe una certa risonanza perché riguardava il Vaticano nella elezione di Albino Luciani a Papa.

Fra la fumata bianca del comignolo della Cappella Sistina sede del Conclave che segnala la elezione del nuovo Papa e la sua apparizione sul balcone di San Pietro passa esattamente un’ora. In quel breve spazio di tempo l’organizzazione in onore del Papa è frenetica. Anche a L’Osservatore Romano, dove Valerio Volpini è direttore, si corre (la nuova edizione deve essere consegnata in mano al Papa dal direttore quando esce dalla Cappella Sistina con il nuovo nome, il vestito bianco ed altri apparati), la corsa è fra direzione e tipografia, un vero va e vieni, si debbono mettere in macchina due nuove pagine (la prima e la seconda) con i titoli, la foto e la fascia gialla della bandiera, quindi il lavoro del proto è in tipografia e il direttore con la redazione controlla i testi, i giornalisti si affacciano a Piazza San Pietro, telefonano, raccolgono materiale giornalistico. Poi, arrivano continuamente giornali in bozze, si corregge e alla fine il direttore firma il “si stampi” (il bon à tirer). Appena escono le prime cento copie, il direttore con la redazione corre dal Papa per consegnare il nuovo Osservatore (sabato 26 agosto 1978).

Ecco, a questo punto il ruolo inedito di Giovanni Volpini che sta in direzione in attesa che il padre abbia finito. Guarda e riguarda la prima pagina con i titoli in latino, affascinante per un ginnasiale , poi all’improvviso si arresta, qualcosa non va: c’è un errore.
Habemus Papam
Albinum Luciani
qui sibi nominem imposuit
Ioannem Paulum I

E l’errore? Il termine nomen è neutro, rimane nomen anche all’accusativo.
Il direttore viene bloccato a due passi dalla Cappella Sistina. Subito il giornale è rimesso in macchina per stampare le copie buone da far circolare. Intanto il Papa si riposa e riceve L’Osservatore Romano dal sorridente direttore Volpini. Anche questo può succedere: si può commentare che un figlio aiuta il genitore. Se ne parlò. Giovanni era felice dell’occasione.

Gastone Mosci

 

GIOVANNI, LA GRAZIA DELLA LIBERTA’

Rigorosissimo.. .questa è la prima parola che mi cattura pensando a Giovanni. Vela… è la seconda quando lui mi faceva intravedere il suo divertimento che significava per me desiderio di libertà, e forse anche per lui. Mare.., senza fare letteratura, quello di Fano con suo padre di fronte alla antica abitazione di via Simonetti, che conobbi quando da giovane andavo a incontrarlo. L’improvvisa scomparsa mi ha avvilito anche perché inaspettata. Faceva parte della sua personalità la sua ritrosia, la sua timidezza… Non faceva pesare la sua cultura scientifica. Ma ero portato a sollecitarlo nei nostri incontri. Sono senza altre parole, Lo ringraziò di avermi trasmesso questi puri sentimenti e la grazia della libertà. Grazie, Giovanni.

Raimondo Rossi

 

 

Raimondo Rossi, ritratto di Giovanni Volpini, disegno a penna, 2016 I

Raimondo Rossi, ritratto di Giovanni Volpini, disegno a penna, 2016 I

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

VOLPINI

 

GIOVANNI VOLPINI UN SIMBOLO PER I GIOVANI

di Sergio Pretelli

 

“Cari Colleghi, vi giro una notizia che non avrei mai voluto darvi. Oggi (12 ottobre 2016) Giovanni si è spento ad Ancona, dopo un improvviso aggravarsi di un tumore che lo aveva colpito prima dell’estate”. Era estremamente serio e rigoroso sul lavoro e nella vita e anche molto riservato, ma attento alle persone che aveva intorno. Ci mancherà. Vi chiedo una preghiera per lui e per i suoi. Così Chiara Meroni, direttore INFN Milano, suo luogo di lavoro, ha comunicato la notizia a tutti i Fisici della comunità scientifica.

Fabiola Gianotti, direttore del CERN di Ginevra (ente di risonanza internazionale) ne ricostruisce i meriti scientifici e professionali. Dal suo ingresso nel CERN con un fellow sperimentale sulla superconduttività (con i migliori specialisti del momento, proff. Acerbi e Rossi), Giovanni ha lavorato con continuità sui prototipi dei dispoli di LHC, sul magnete toroidale di Atlas fino ai dispoli curvi per GSI e i correttori per Hilumi-LHC, contribuendo in maniera significativa alla fama dell’Ente. Termini da specialisti che Giovanni sapeva tradurre in maniera pratica. Lo sappiamo dalle sue lezioni all’Univrsità di Milano, e ancora meglio dalle sue conferenze al Liceo Nolfi di Fano, dove aveva conseguito la maturità classica, o quelle al Museo della Scienza del Balì di Saltara (PU).

Giovanni era nato a Fano il 16 luglio 1963. Figlio di Valerio, partigiano, insegnante di Italiano al “Battisti” di Fano, pubblicista, scrittore, politico e, chiamato da Paolo VI, direttore dell’Osservatore Romano. Una nomina di prestigio che seguiva la pubblicazione dei due libri che gli diedero vasta notorietà in tutta Italia: “Cloro al Clero” e “Sporchi cattolici”.

Valerio raccontava che, per vocazione, il figlio era il suo contrario. Lui letterato, il figlio un fisico, prigioniero di numeri e formule. Non era così. Ambedue hanno avuto la stessa carica positiva nell’affrontare lo studio che li ha resi speciali. Uno nel campo delle lettere, l’altro nel campo delle particelle di cui siamo fatti. Ambedue hanno innalzato la stessa preghiera laica, avvertendo in essa qualcosa di sacro, per il progresso delle relazioni e della scienza, come indice di libertà e di progresso per la crescita delle comunità. Ambedue non hanno mai dimenticato le proprie radici fanesi. E Giovanni aveva mantenuto la sua fanesitudine con il Circolo “Maritain” (che annovera il padre tra i soci fondatori), con la Carnevalesca, con la Scuola, Con Fano città, con i circoli culturali della provincia. Giovanni ha custodito inoltre con amore esemplare l’archivio storico del padre. Un patrimonio da salvaguardare e da non disperdere, quale testimonianza insostituibile della vita civile, politica ed etica del Novecento, locale e nazionale.

Sergio Pretelli

 

GIONVOLPE

Valerio Volpini ha scritto libri di successo, e in particolare, due: Sporchi cattolici (1976) e Cloro al clero (1978). Come è noto, riprendevano due scritti murali degli anni della contestazione. In copertina c’è la fotografia di Volpini in due caratteristici atteggiamenti: la immagine più emblematica è quella di Cloro al clero (quell’indice puntato sul lettore riporta subito alla mente il Volpini autorevole professore nonché brillante oratore). Nel risvolto di copertina, in caratteri appena visibili, si legge: ” foto di Gionvolpe”. Credo che pochi si siano chiesti chi fosse Gionvolpe: un noto fotografo della capitale? Uno dei tanti artisti amico di Valerio… Un giorno chiesi allo stesso Volpini di rivelarmi il nome dell’autore: Giovanni. Giovanni chi? Mio figlio!

Così entrò nella cerchia dei miei amici non solo il padre, ma anche il figlio di Volpini e lo rividi spesso poiché partecipava sempre, impegni permettendo, alle iniziative del Circolo Maritain fin quando, alla morte del padre, ne prese il suo posto. Sempre puntuale nei suoi contributi, arguto, semplice nella sua profonda cultura, non solo scientifica. Qualche mese fa, su invito di Gastone Mosci e di Raimondo Rossi, ci recammo in Urbania per una cenetta fra amici; naturalmente approfittai per chiedergli qualcosa del suo lavoro a Ginevra, correndo il rischio di non capire nulla. Non fu così: Giovanni riuscì a parlare per quasi tutto il tragitto in modo comprensibile (per me). Riprova inoppugnabile della sua grande intelligenza e competenza.

Ora mi risuonano le sue parole con quella proprietà di linguaggio che era una sua caratteristica. E mi sto chiedendo da giorni: dove è ora tanta saggezza e tanta cultura? Tra gli appunti di letture fatte in anni lontani, forse ho trovato la risposta in una frase pronunciata da un famoso scienziato, Enrico Medi (1911 – 1974): “La ricerca scientifica è come il grano che si semina. Quando si semina, sembra che si butti via il grano, quando si ha fame verrebbe voglia di mangiare subito il pane. Ma poi in primavera si muore di fame”.

Giovanni ha seminato con dovizia; quando apprenderemo le novità della ricerca scientifica – magari provenienti da Ginevra – penseremo a Giovanni ricercatore e al suo lavoro intelligente e generoso.

Perciò siamo grati al Signore per il dono della sua esistenza.

Enzo Uguccioni