ANGELO SFERRAZZA | MERCOLEDI’ 17 APRILE | ORE 20.00
L’INIZIO DEL PERCORSO NUOVO
Sabato 13 aprile il Santo Padre – come annuncia un comunicato della Segreteria di Stato – “riprendendo un suggerimento emerso nel corso delle Congregazioni Generali precedenti il Conclave, ha costituito un gruppo di Cardinali per consigliarLo nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica Pastor bonus sulla Curia Romana… La prima riunione collettiva del gruppo è stata fissata per i giorni 1 – 3 ottobre. Sua Santità è tuttavia sin d’ora a contatto con i menzionati Cardinali. I Cardinali nominati rappresentano i cinque continenti: America Latina e Nord America, Francisco Javier Erràzuriz Ossa (Cile), Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, salesiano (Honduras), con funzione di coordinatore, Sean Patrik O’Malley, francescano, (USA), Europa , Giuseppe Bertello Presidente del Governatorato SCV, Reinhard Marx (Germania), Oswald Gracias (India), Africa Laurent Monsengwo Pasinya (Africa), Georg Pell (Australia). Il Vescovo di Albano, Mons. Marcello Semeraro avrà le funzioni di segretario del gruppo. A questo G8 della Chiesa, è affidato un compito nuovo e tutto da inventare: concreto segnale e non da poco, delle novità che conseguono all’elezione del primo Papa non europeo ed evidente indicazione di una nuova filosofia di governance della Chiesa.
Il primo Papa non europeo
Dai primi interventi di Papa Francesco si è compresa la sua volontà di imprimere una svolta, basata soprattutto sul coinvolgimento delle Chiese locali, specialmente dei Paesi a più forte presenza cattolica. Questo cammino non sarà né breve, né facile, ma certamente necessario e provvidenziale. Il primo momento di verifica sarà il rinnovo della Curia, non solo nelle persone, ma nella struttura. E’ immaginabile che verrà corretto quel meccanismo piramidale che incentra nel Segretario di Stato un vasto potere di gestione e controllo: maggior trasparenza perciò e “fluidità” dei percorsi decisionali, tali da consentire al Papa un rapporto più diretto e veloce con tutti i settori della Curia. E soprattutto la vicinanza con le Conferenze episcopali di tutto il mondo. C’è attesa per le prossime decisioni, che qualcuno prevede nei prossimi due mesi, prima del viaggio in Brasile (e forse altri Paesi confinanti), per l’incontro mondiale con i giovani. Questo è naturalmente il consueto pissipissi dei sempre “informatissimi” frequentatori della Sala Stampa. Errore: con questo Papa fare previsioni è… pericoloso!
La “politica estera” della Santa Sede
C’è un altro tema che sta molto lentamente emergendo ed è quello della “politica estera” della Santa Sede, che come si sa ha due aspetti, come Stato e come Chiesa. Da non dimenticare che la cattolica è l’unica religione ad avere uno Stato. Una politica estera perciò a cui non si possono applicare le regole e gli schemi classici dei rapporti internazionali. Non si sa se risponda al vero, ma sembra che Stalin una volta avesse chiesto ai suoi collaboratori di quante divisioni disponesse il Papa. Alla risposta “nessuna”, con conseguente spiegazione, si racconta ancora che Stalin manifestasse una certa preoccupazione, dicendo che avrebbe preferito un Papa con un esercito! Le occasioni in cui Papa Francesco ha fatto accenno alla “politica estera”, sono state pochissime ad eccezione dell’udienza del 22 marzo al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Il discorso del Pontefice in questa occasione, atteso sempre con grande interesse da tutte le Cancellerie, contiene in sé già alcuni elementi di novità, anche se ancora sfumati e appena accennati, ma fondamentali.
“Un’altra povertà, quella spirituale dei nostri giorni”
Spiegando già la scelta del nome Francesco, il Papa ha lanciato subito il tema della povertà. “Quanti poveri ci sono ancora nel mondo!” Ma poi c’è “un’altra povertà, quella spirituale dei nostri giorni, che riguarda gravemente anche i Paesi considerati ricchi”. E qui il ricordo di Papa Francesco va al suo predecessore Benedetto XVI che chiamava questa povertà “dittatura del relativismo”. E a questo punto il Papa lancia un appello per la costruzione della pace: ” Non vi può essere pace vera se ciascuno è la misura di se stesso… senza curarsi nello stesso tempo del bene degli altri!”. Francesco ricorda che uno dei titoli del Vescovo di Roma è Pontefice ” Colui che costruisce ponti con Dio e tra gli uomini”. La Chiesa dunque come mediatrice. E chi meglio di un Pontefice che viene da “un altro mondo”? E poi il ruolo della religione. Questo è il passo più “concreto” del suo saluto agli Ambasciatori. Per la prima volta dalla sua elezione pronuncia la parola Islam. ” Per questo è importante intensificare il dialogo fra le varie religioni, penso anzitutto all’Islam, e ho molto apprezzato la presenza, durante la Messa d’inizio del mio ministero, di tante autorità civili e religiose del mondo islamico”. Anche con i non credenti è ” …importante intensificare il confronto… affinché non prevalgano mai le differenze… e vinca il desiderio di costruire legami veri di amicizia fra tutti i popoli”, ” …lottare contro la povertà sia materiale che spirituale… edificare la pace e costruire ponti”. E poi al termine ancora un riferimento a San Francesco ” …che insegna un profondo rispetto per tutto il nostro creato, il custodire questo nostro ambiente, che troppo spesso non usiamo per il bene, ma sfruttiamo avidamente a danno l’uno dell’altro”. Un discorso, questo del Papa, che lascia fuori la politica, ma che si rifà a valori fondamentali e importanti in questo momento di crisi mondiale. Ma forse questa è “politica”!