Angelo Paoluzi “Novanta9” e il GPC

in Cultura

La rivista aquilana di lettere arti e presenza culturale “Novanta9”, direttore Mario Narducci, nel terzo fascicolo della nuova serie è alle bozze e quindi alla sicura pubblicazione, dopo quello del Luglio 2018, del Luglio 2019 e il tempo del Covid dal febbraio 2020 al febbraio 2021. Il quaderno nella prima serie (2003-2012, dieci anni, undici fascicoli, formato cm. 23×15) ha aperto un dialogo di collaborazione fra autori aquilani e urbinati, sostenuto dalla famiglia Narducci, di Urbino erano la moglie Mariolina Mei ed anche i loro tre figli. Poi sono intervenute varie vicende come il terremoto dell’Aquila e di seguito la morte di Mariolina, e quindi una sosta di cinque anni. La nuova serie porta sempre il progetto grafico di Francesco M. Narducci e graffiante è la testata della nuova edizione con l’azzurro del 2018, il nero del 2019 e il rosso del dolore del Covid nel 2020-2021. Queste informazioni vogliono rendere invitante l’attesa del nuovo quaderno legato anche ai Premi L’Aquila dello Zirè Angelo Narducci e degli autori della nuova poesia. Di fronte al silenzio della piccola editoria cartacea, “Novanta9” ha acquistato un ruolo di stimolo e di progettazione, di buone informazioni come l’ultimo libro di Mario Narducci, “Via delle Bone Novelle. Racconti in quarantena” (IAED Edizioni, L’Aquila 2021). Di seguito presento un mio intervento dedicato alla memoria di Angelo Paoluzi, stimato giornalista, saggista e poeta, già direttore di “Avvenire”, una delle anime di “Novanta9” e Presidente dei Premi dello Zirè Angelo Narducci, con il titolo “Angelo Paoluzi, Novanta9” e il GPC” in corso di stampa nella rivista. (Gastone Mosci)

Angelo Paoluzi “Novanta9” e il GPC

di Gastone Mosci

Ricordo volentieri Angelo Paoluzi (Roma 16 ottobre 1928-17 settembre 2019) nell’avventura della rivista “Novanta9” (2003-2012 / 2018 ss.), che è diventata uno scaffale di esperienze culturali e di testimonianze civili. Mario Narducci aveva fondato una nuova rivista, che richiamava nel titolo la piazza delle novantanove cannelle dell’Aquila, nel segno della protezione della poesia di Alda Merini che donò al direttore un cesto di testi poetici e una prosa, tutti inediti, “I volti dell’amore”, letti da Liliana Biondi (poi anche in “Novanta9”, 11, 2010, pp. 10-25). La rivista aveva un aggancio di amicizia e di collaborazione con Urbino, grazie a Mariolina. Nel primo fascicolo pubblicai alcune note su Carlo Bo, Valerio Volpini, Marcello Camilucci, Arnoldo Ciarrocchi e Remo Brindisi. Di altri urbinati, per la poesia erano presenti Zeno Fortini e Alberto Calavalle.

 

La storia di “Novanta9”

Nel secondo fascicolo sono arrivati i rinforzi di due giornalisti e saggisti di carattere, Angelo Paoluzi autore di un un ricordo di Angelo Narducci (1930-1984), direttore storico di “Avvenire”, e lo storico Lorenzo Bedeschi con uno studio su “Don Giovanni Minzoni a 80 anni dall’uccisione”. Paoluzi era abruzzese di Tagliacozzo mentre don Bedeschi (1915-2006) era docente a Urbino, presidente della Fondazione Romolo Murri e frequentatore dei Circolo Acli-Centro Universitario nei seminari di agosto e quindi nella rete delle attività culturali urbinati con Carlo Bo e don Italo Mancini.

 

Paoluzi e Mario Narducci

Attraverso la rivista i rapporti con Paoluzi diventavano più intensi anche perché Mario Narducci a L’Aquila dava vita ad altre pubblicazioni e a tante iniziative culturali, compreso il premio letterario dello Zirè d’oro dedicato a suo cugino Angelo Narducci. Ero spesso a L’Aquila come Mario era spesso a Urbino, patria di Mariolina e dei loro tre figli.

 

Scrittori abruzzesi di “Prospettive meridionali”

Paoluzi aveva un rapporto amicale e di lavoro con altri scrittori abruzzesi del medesimo ambiente Mario Pomilio (1921-1990) e Gennaro Manna (1922-1990): erano quattro, tutti vicini, negli anni cinquanta del Novecento, alla testata culturale “Prospettive meridionali”, che animava fra l’altro il Premio letterario dedicato a Corrado Alvaro. Ma va ricordato che la conoscenza di Paoluzi con Angelo Narducci, per la comune passione per la poesia, risaliva al tempo dell’università ed alla frequentazione negli anni ‘52-’53 della rivista satirica “Il Caffè” di Giambattista Vicari (segnalo che Vicari, a metà degli anni settanta, con la sua redazione, fu accolto da Carlo Bo a Urbino per i corsi della Scuola di giornalismo nell’Istituto di Lingue di Palazzo Petrangolini, dove erano Pino Paioni e Paolo Fabbri con il Centro di semiotica e linguistica).

 

Valerio Volpini e Gino Montesanto

La rete animata da Paoluzi si allargava e diventava dinamica con l’adesione di altri due amici, un fanese, Valerio Volpini (1923-2000), e un romagnolo-romano, Gino Montesanto (1922-2009). Nel 1952 presso Vallecchi, Volpini aveva pubblicato la prestigiosa “Antologia della poesia religiosa italiana contemporanea”, ampia introduzione, 21 poeti e 21 critici letterari (fra gli altri Carlo Bo su Salvatore Quasimodo e Leone Piccioni sul poeta siciliano don Antonio Corsaro). Altra pubblicazione unica di Volpini, la bella cartella d’arte di carta paglia “Undici poesie di Valerio Volpini e undici incisioni di Arnaldo Battistoni”, poesie della Resistenza, 30 esemplari, Urbino, dicembre 1947. Montesanto pubblicava nello stesso anno il primo romanzo “Sta in noi la giustizia”. In questa compagine letteraria, Volpini portava la sua particolare esperienza di partigiano combattente a vent’anni e di volontario nella guerra di Liberazione, confinato fra gli arditi per il suo carattere polemico, fino a fine maggio 1945 (ha raccontato Aldo Deli), ma il segno della guerra partigiana era una scelta ed una risorsa comune: Paoluzi pubblicò nel 1956 “Letteratura della Resistenza” presso Cinque Lune e nel 1954 Pomilio il romanzo “L’uccello nella cupola” da Bompiani.

 

Volpini va in montagna

La testimonianza di Valerio Volpini narra della partenza da Fano per la montagna; nel giorno dei suoi vent’anni (fra il 29 novembre e il primo dicembre ‘43), era salito all’eremo di Montegiove, dove il padre guardiano lo aveva salutato e, dopo averlo benedetto, gli aveva dato la sua pistola che teneva nella sua cella, “ti servirà per combattere”. Volpini l’aveva messa nella sua valigia di cartone che teneva sul manubrio della bicicletta e… via per Cantiano nell’Appennino del Monte Catria, luogo di riferimento per i partigiani (il viaggio durò due giorni). Non erano molti a fare la scelta della lotta armata, nel nome della libertà e della democrazia contro il fascismo e il nazismo, contro Hitler ed i suoi servi (Festival digitale Valerio Volpini www.fanocitta.it 2013 e 2014).

 

Sei giornalisti-scrittori

Questi sei giornalisti e scrittori si ritrovavano, collaboravano nei loro contesti sociali, culturali ed ecclesiali e discutevano sugli anni settanta e sulla situazione politica generale: Volpini, Montesanto, Manna. Paoluzi, Pomilio e Narducci. Gli ultimi quattro amici, legati anche dalla appartenenza alla stessa terra abruzzese; si conoscevano fin da giovani, erano impegnati nei propri ambienti: erano poeti, scrittori, giornalisti. Montesanto invece si formava in diaspora a Roma e sarà presto direttore di “Leggere”, mensile di cultura e arte (vi arrivava come altri dalla Romagna, Diego Fabbri da Forlì, chiamati dall’Azione Cattolica di Luigi Gedda nei primi anni ‘50). Angelo Narducci nella seconda metà anni ‘50 era giornalista de “Il Popolo”, poi redattore della terza pagina chiamò al giornale Paoluzi. Gennaro Manna era funzionario della DC e scrittore, Volpini era sempre in movimento fra Fano e Roma. Nel 1964 Diego Fabbri diventava direttore della Fiera letteraria, e Montesanto il caporedattore per alcuni anni prima di passare ai culturali di Rai1. Paoluzi su “Novanta9” (n.s. 2, 2019) ricordava i “50 anni di Avvenire”, l’amicizia e la collaborazione con Narducci e la situazione ecclesiale di quell’epoca (1968-1980).

 

Il Gruppo di presenza Culturale GPC 1971-1983

L’esperienza del Gruppo di Presenza Culturale (1971-1983) era continuamente tenuta viva da Angelo Paoluzi con suoi interventi informati e coinvolgenti come “Volpini, Montesanto, Pomilio, Manna / Il quadrilatero cattolico e il Gruppo di Presenza Culturale” (“Novanta9”, 14, 2011, pp. 20-25), quattro scrittori con tante competenze, centrali negli eventi del GPC e nel panorama degli anni settanta: Gennaro Manna, Gino Montesanto, Mario Pomilio e Valerio Volpini. Sono loro che hanno dato vita al gruppo di carattere nazioale, in prima battuta nel 1971, con la costruzione e il dibattito fra Volpini e Montesanto, chi promuoveva e chi organizzava, chi rilanciava da Fano e chi orchestrava dialoghi a Roma con la collaborazione di Gennaro Manna e Angelo Paoluzi (ho il carteggio che mi ha passato Volpini).

 

Il ruolo della DC

Una prima osservazione: negli anni settanta la DC stava dimenticando il suo passato partigiano nel Comitato di Liberazione, l’ondata reazionaria poteva travolgerla, era allora operoso il centro sinistra ma dominava il doroteismo; bisognava ricordare l’identità progettuale della Costituzione e organizzarsi culturalmente, prima la cultura poi la politica. I vari scrittori e intellettuali che aderivano avevano il loro passato nella opposizione al fascismo e nel secondo dopoguerra l’idea della ricostruzione e la promozione della democrazia e dell’Europa. Questa comprensione poteva avvenire solo attraverso il dialogo: il GPC si articolava in gruppi di lavoro e organizzava seminari e convegni a largo raggio. Forlani, allora segretario della DC, capiva, sosteneva e lasciava fare; in autonomia il GPC si organizzava, dopo le controversie dei gruppi spontanei, di base, di situazioni postConcilio. In campo era Gennaro Manna, un grande narratore della civiltà contadina verso il declino.

 

Gino Montesanto

Montesanto, scrittore della Roma del postneorealismo e di avvio al consumismo, era in dialogo con la periferia romagnola (tre romanzi in tema: “La cupola” 1966, “Il figlio” 1975 e “Le impronte” 1980 presso Rusconi). Pomilio nel 1975 pubblicava da Rusconi “Il quinto evangelio”, un’opera significativa, un grande romanzo che interpretava le istanze nuove del cristianesimo. Valerio Volpini sul fronte della crisi dell’Occidente e del cristianesimo aveva pubblicato “Sporchi cattolici” (1976) e “Cloro al clero” (1978): la politica sotto accusa perché ha dimenticato la cultura e l’etica, e subito viene chiamato da Paolo VI come direttore de L’Osservatore Romano (1978-1984).

 

Alba 1972

Nella rete del GPC che si muoveva attraverso i convegni ed i seminari, vanno ricordati alcuni luoghi di riferimento: Settembre1972 convegno di fondazione di un centinaio di intellettuali ad Alba, sotto tutela dei Paolini e di don Piero Rossano, Eugenio Corsini, Pietro Morfeo, Raffaele Crovi, Stefano Minelli, Rodolfo Doni, don Filippo Franceschi, Ermanno Olmi, don Claudio Sorgi, Remo Brindisi, Elio Roccamonte, Plinio Acquabona, Fausto Montanari, Mariapia Bonanate, Gastone Mosci, Cesare Cavalleri, Gino Nogara, i fondatori romani ed altri, che rappresentavano vari campi del sapere e della creatività, uno accanto all’altro a discutere e a fare progetti. Erano poeti, scrittori, ricercatori, registi del cinema e della tv, gente di teatro, docenti universitari, artisti, musicisti, editori, personaggi della Rai, tutti con molte attese, partendo dalle proprie discipline, Raffaele Crovi dominava con i suoi exploit, l’accoglienza era cordiale e di fiducia.

 

Filosofi e scrittori di Urbino

Iniziarono i convegni in tante città su temi di attualità nelle varie sezioni del sapere ma in particolare letteratura, arte, cinema, tv, filosofia, cristianesimo, beni culturali e quindi aderirono Carlo Bo, don Italo Mancini, Graziano Ripanti, Piergiorgio Grassi, Enrico Moroni, padre Stefano Troiani, Fabio Ciceroni, Ludovico Alessandrini, Mario Trufelli, Angelo Bertani, Vitaliano Rovigatti, Giannantonio Cibotto, Paolo di Valmarana, Gianluigi Zecchin, Piersilverio Pozzi, Paolo De Benedetti, Mario Arosio.

 

La rivista “Il Leopardi” direttore Volpini

Vorrei ricordare alcune iniziative marchigiane, guidate da Valerio Volpini: la pubblicazione del mensile di presenza culturale “Il Leopardi”, 1974-75, formato tabloid, graficamente aggressivo, 17 fascicoli, tiratura 2000 copie, distribuzione agli scrittori italiani, ricco di contributi culturali e artistici; come redattore portavo il collegamento e la collaborazione di Carlo Bo e di don Italo Mancini e degli altri filosofi e scrittori di Urbino, compreso Paolo Volponi. Tutti vi hanno collaborato con convinzione: Carlo Antognini vi ha profuso la sua casa editrice L’Astrogallo di Ancona ed anche Marche Arte ‘74, la grande Mostra degli artisti marchigiani del Novecento. Accanto alla rivista numerose furono le iniziative del GPC in collegamento con l’Universitè di Urbino e il Circolo Culturale San Bernardino, presieduto da don Italo Mancini.

 

Agonie del Cristianesimo

Il 26 e 27 febbraio 1977, continuando il Convegno ecclesiale “Evangelizzazione e promozione umama” del novembre 1976, è stato organizzato dal GPC, Convento San Bernardino e Università il convegno su “Le agonie del cristianesimo”, aperto a filosofi, teologi e scrittori dimenticati dal convegno romano, coordinato con grande successo e partecipazione da don Italo Mancini insieme a Mario Pomilio, Luigi Sartori, Xavier Tilliette, Valerio Volpini, Giovanni Moro, Adriana Zarri, Rienzo Colla. L’edizione del convegno si era aperto con la presentazione di Carlo Bo e con i testi di Paolo De Benedetti, Mario Luzi, David M. Turoldo, Marcello Camilucci, Giovanni Ferretti, Adriano Gattucci e Graziano Ripanti (Morcelliana 1977 a cura di G. Mosci). Particolarmente acceso e approfondito il dibattito fra radicalismo cristiano e cultura della società civile.

 

Il Quinto Evangelio” di Mario Pomilio

Un altro convegno urbinate ebbe luogo nel febbraio1983, all’esaurimento dell’esperienza del GPC, di fronte alla nascita della Lega democratica di Pietro Scoppola che tornava più direttamente sul discorso politico nazionale e che viveva la novità dell’ingresso dei comunisti nella maggioranza. Il convegno fu dedicato al grande romanzo di Mario Pomilio del 1975 “Il quinto evangelio”: era un impegno che mi ero preso con lui da tempo e del quale ho reso partecipe Carlo Bo, che si mostrò subito d’accordo sui lavori dedicati a “Il quinto evangelio” e a “Il Natale del 1833” (gennaio 1983). Fu subito coinvolto anche don Italo Mancini, e di seguito Giancarlo Vigorelli, Leone Piccioni, Valerio Volpini, Mario Luzi e Piergiorgio Grassi. Mario Pomilio finalmente entrava in università: con il libro aveva vinto tanti premi a livello internazionale. Ebbe uno svolgimento seminariale all’Istituto di Lingue di Palazzo Petrangolini, nella sede dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose e fu animato dal sostegno di amici di e, inoltre, da Crovi, Doni, Montesanto, l’arcivescovo Donato Bianchi, p. Graziano Ripanti, don Claudio Sorgi, Ermanno Olmi. Pomilio era uno scrittore molto stimato ed alcuni contributi (Bo, Mancini e Grassi) furono subito pubblicati dalla rivista di filosofia “Hermeneutica” (3,1983), diretta da don Italo. Rimase, sempre da realizzare l’idea, nella quale sono impegnato, di raggruppare tutti gli interventi su Pomilio.

 

L’animazione di don Italo Mancini

L’attenzione di Angelo Paoluzi al mondo letterario, molto attivo in quel decennio (fra il 1971 e il 1983), ha sollecitato scrittori e lettori, con una predilezione verso il romanzo e i libri di poesia. Quando Mario Luzi, Pomilio, Doni, Crovi, Manna, Montesanto, Volpini, Mancini, Turoldo, pubblicavano un libro si creava subito una rete di solidarietà per la lettura, e gli scrittori partecipavano a mantenere vivo il dialogo sui grandi temi della letteratura e della vita sociale. La nota finale per ricordare il libro tascabile a cura di Piersilverio Pozzi, che descriveva le prime attività del GPC, “Impegno culturale e presenza politica” (Ed. Cinque lune 1976) con un convegno (27-29 febbraio 1976 a Roma) coordinato da Valerio Volpini e Rodolfo Doni, su “I cattolici nello sviluppo culturale del secondo dopoguerra”, relatori Giuseppe Lazzati, Angelo Romanò, Pietro Scoppola e Mario Arosio; a questi lavori era seguita una tavola rotonda su “Prospettive per un nuovo impegno” con Achille Ardigò, Gerardo Bianco, Francesco D’Onofrio, Leopoldo Elia, Mario Gozzini, Italo Mancini e Bartolomeo Sorge. Un dibattito con una pluralità di voci, che è continuato fino al 1983.

Gastone Mosci