Dante Alighieri, tra Urbino e Fano: Capire Paolo e Francesca, Accogliere l’invito di Dante

in Cultura

Dantedì 25 marzo 2021

Dante nel mondo a 700 anni dalla morte

La scrittrice Ambra Dominici di Fratte Rosa interviene sul passo di Paolo e Francesca, lo esamina e ne ricava un pensiero inquieto. Perché tanta attrazione per questo “sfortunato amore”?

Il fascino di Dante invade la modernità e il nostro tempo. (Ga.Mo.)

 

Capire Paolo e Francesca, Accogliere l’invito di Dante

Uno dei passaggi più popolari della Divina Commedia di Dante è sicuramente il canto V dell’Inferno. Tutti abbiamo letto del dramma di Paolo e Francesca attraverso i versi del Poeta e, se il loro dramma è giunto fino a noi, è proprio grazie alla forza e alla delicatezza dei suoi versi. Pochi autori del passato sanno essere moderni come lo è Dante.

Se ancora oggi possiamo emozionarci, ritrovarci e commuoverci per il dramma di questi due tristi personaggi è proprio grazie alla sua grande intuizione di ricercare il divino, attraverso l’umano. Così non possiamo arrivare alla Vergine in paradiso senza passare per il dolore di donne come Pia de’ Tolomei o Francesca.

Dante (così come il lettore) riconosce il proprio peccato nei peccatori che incontra ed è mosso a pietà: riconosce la bellezza, l’amore, nella crudeltà della pena a cui sono giustamente sottoposti gli amanti nel turbinio del primo girone, perché il peccato di Paolo e Francesca non è di amarsi, cosicché, quel sentimento tanto puro, vero, giusto, si fa vincolo eterno: neppure la morte li ha separati.

Quando Dante chiama a sé i due sventurati per conoscerne la storia, questi arrivano quali colombe. L’immagine è stupenda.

Emerge la loro purezza in pieno contrasto con lo sfondo. La bellezza di questo passaggio è tutta sulle labbra di Francesca. Il Poeta, nei suoi versi, concede solo a lei la parola, lei che parla con dolcezza, con pena, mentre le lacrime e il silenzio di Paolo straziano, quanto la voce della sua amata. La causa della loro tragedia è, secondo Francesca, un libro (Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse).

Ed è questo un momento difficilissimo per Dante, un momento di autocritica. Si tratta di una presa di coscienza di quanto la letteratura sia molto più che un passatempo: ciò che leggiamo ci può coinvolgere a tal punto da farsi esperienza in prima persona.

Ciò che leggiamo ci cambia. Dante, con la sua poesia, ci cambia. La responsabilità che si sente addosso il Poeta, che d’amore ha tanto scritto è così forte che la pena dei due lo travolge lo fa cadere a terra come corpo morto cade. La riflessione sul ruolo della letteratura sulla condotta dei lettori è quanto mai attuale se si pensa, solo per fare un esempio, agli ultimi interventi sulle produzioni cinematografiche per renderle più inclusive (nonostante vari pro e contro). Lancillotto e Ginevra, Paolo e Francesca, ci arrivano per pagine e pagine attraverso il tempo.

La popolarità dei grandi amori tragici spinge a un pellegrinaggio nei luoghi della tragedia: Gradara, il presunto luogo in cui i due sfortunati amanti trovarono la morte, fa propria la narrazione di questo sfortunato amore, allo stesso modo di Verona per Giulietta e Romeo.

L’amore romantico, doloroso, sofferto, che non si piega alla politica, alle regole imposte, sfida le pene dell’inferno, diventa paradossalmente proprio ciò che Dante temeva, perché è tanto bella e forte la stretta dei due amanti trasportati in eterno, abbracciati, nel loro dolore, da convincerci a sbirciare fra le pagine alla ricerca di quello sguardo di passione.

Ambra Dominici

 

 

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