FANO, Terre di mezzo: Giovanni Bianchi – Martini Politico
Nell’ultimo degli appuntamenti di Terre di Mezzo, la questione di fondo dalla quale Giovanni Bianchi parte, per sviluppare il suo confronto con C.M. Martini, riguarda la “necessità di trovare qualche fondamento ad una politica che vuole rinnovarsi senza prendersi il disturbo di pensare”.
Un’assenza di pensiero che in realtà ha coinvolto anche la stessa chiesa italiana la quale ha faticato, specie in questi ultimi anni, a dare sostanza esistenziale alle indicazioni del Concilio Vaticano II il quale aveva lanciato l’idea di un profondo aggiornamento della fede a partire da un recupero in grande stile di una cristianesimo pensato a partire dalla Scrittura, celebrato nell’Eucaristia, vissuto nella storia.
Giovanni Bianchi rilancia allora l’idea del card. Martini di tornare ai fondamenti di una fede pensata proponendo un pensiero politico in una dimensione contemplativa nella quale – dice – “il pensiero viene a noi e lo spirito ci incalza”.
Una dimensione contemplativa quindi che sola più fare sintesi tra la realtà di un cattolicesimo identitario, che fa della contrapposizione al mondo la sua peculiarità, e di un cattolicesimo solidale che pone la sua peculiarità nel dialogo e nell’inserimento nel mondo.
Una dimensione contemplativa infine che delinea una figura di laicità cristiana autentica, matura in quanto adeguatamente formata sotto il profilo sia della coscienza che dell’azione; una figura di laicità capace di interagire con le varie componenti della politica e della società, e dunque di dialogare senza per questo perdere il riferimento vincolante alla propria identità.
La voce di Martini ha rappresentato in questi anni un grande punto di riferimento per la cristianità sparsa nel mondo perché ha saputo abbinare la raffinatezza della sua conoscenza biblica di attento studioso di critica testuale della Bibbia alla ricerca di una società più giusta; ricerca quest’ultima da lui richiamata ogni volta nei “discorsi alla città” tenuti in occasione della solennità di S. Ambrogio e accolti con grande attenzione dall’intera classe politica.: «Credo – diceva in uno di questi – che in Italia siano ormai in molti a sentire il bisogno di una tale ricerca, cattolici e non. Per essere credibili bisognerà porsi non tanto al di sopra delle parti quanto al di sotto delle parti, ossia nella profondità della coscienza civile del paese”.
Una laicità che si sviluppa nella “scomodità” di chi non si è mai tirato indietro di fronte alle denunce sui grandi mali della città già dagli anni di Tangentopoli, ma attraverso una grande capacità di “discernimento” di chi vedeva, come lui, nella fede l’orizzonte di significato di ogni azione pratica.
Scomodità e discernimento quindi: due termini in più occasioni evidenziati da Giovanni Bianchi il quale poi si è lanciato in un interessante confronto tra il pensiero di Martini e quello di un personaggio così apparentemente diverso da lui qual è Benedetto XVI. Non una contrapposizione, ma una comune ricerca di fedeltà ad una idea di Chiesa che vuole liberarsi dalle incrostazioni negative di una secolare vicinanza al potere mondano. Una purificazione pagata a caro prezzo da entrambi nella solitudine e nell’apparente fallimento di una azione pastorale che, svolta dai due con grande spirito profetico, sembra aver prodotto ben poche conseguenze nelle coscienze del popolo cristiano, preti o laici che siano. Basta appena richiamare il dramma della pedofilia da una parte e il permanere della corruzione nella sfera pubblica e il cedimento al libertinismo corrotto di esponenti politici che hanno goduto in questi anni il consenso di gran parte del mondo cattolico
Una ultima questione affrontata è quella che l’autore ha definito le “zone grigie” dei grandi temi bioetici che provocano la coscienza cristiana contemporanea. Questioni – dice Martini e rilancia Bianchi – che non consentono risposte univoche e assolutamente determinate, ma che aprono il campo alla riflessione e quindi alla deliberazione dei singoli così come dei gruppi e delle comunità.
Quale laicità emerge allora per chi come noi oggi si trova a vivere dentro la complessità di un mondo in grande e continuo cambiamento? una laicità competente nella fede e aperta alla storia; esercitata nella consapevolezza di un ruolo che in nessun modo può essere tralasciato, neppure in nome di una “obbedienza” che, separata dall’esercizio della laicità adulta, non sarebbe più tale, Una laicità che nell’ascolto dello Spirito del Signore sappia rispettare i valori fondamentali su cui si basa il convivere sociale ben sapendo che non è pensabile – in una società appunto laica – l’immediata traduzione di tali valori in leggi dello stato.
Quella che ne discende è allora un’azione di costante confronto e di mediazione, sempre comunque nella doverosa orientazione da parte di tutti nella direzione del bene comune.
Giovanni Santarelli