Storia del Bianchello del Metauro by Fanocittà

Rosanna Gambarara ed il Bianchello del Metauro: Bianchello amore mio

in Enogastronomia

Raccolta di Poesie di Rosanna Gambarara (Urbino – Roma)

Questa poesia risale al dicembre 1995. La scrissi pensando a Umberto Piersanti, che mirabilmente nella sua poesia ha trasformato in mito i suoi “luoghi persi”, e a lui ho dedicato il piccolo “luogo perso” della mia campagna, che anche per me, nella sua piccolezza, si è fatto mito.

A Umberto Piersanti

En so piò quant temp fa, amico mio,
‘na casina pcinina risplendent
tramezza a i prat d’falasch c’l’avev anch’io
e la strada tel bosch e la sorgent

e po’ el foss ch’odorava de vernio
anca d’estat e el poss. M’arvien in ment,
el noc’ da cima al grepp, el tremolio
dle foi cangiant del gran sallic’ piangent.

E ancora ti occhje c’ho, bell, sotta el fich,
petta ‘l gels e la siep d’vitalba amara,
tel prat, bab ch’fa dansè com un dio antich

frusciant legera tl’erba la falscnara
e ch’coj tla vigna i grappol d’moscatell,
pissica i acin dolci del bianchell.

BIANCHELLO AMORE MIO

A Umberto Piersanti

Non so più quanto tempo fa

amico mio

una casina piccina

risplendente in mezzo ai prati di falasco

ce l’avevo anch’io

e la strada nel bosco

e la sorgente

e poi il fosso

che odorava di vernìo anche d’estate

e il pozzo.

Mi torna in mente il noce in cima al greppo

il tremolìo delle foglie cangianti

del gran salice piangente.

E ancora ho negli occhi

bello sotto il fico

dietro il gelso e la siepe di vitalba amara

nel prato

babbo

che fa danzare come un dio antico

frusciante leggera nell’erba

la falce fienara

e coglie nella vigna i grappoli di moscatello

pizzica gli acini dolci del bianchello.

 

 

 

 

 

 

 

La poesia, recente, è una delle “Piccole storie senza Storia”, ancora inedite, nate dalla suggestione dei racconti di mio padre. Il sottotitolo della poesia è “Scambio di ruoli”. In questo caso però la piccola storia è un mio ricordo personale.

SCHERZI DEL BIANCHELLO

Lasciato in un canto della mente

la chierica la tonaca

l’incenso

don Steno con voluttà carnale

s’abbandona

all’innocente veniale allegria

del pranzo insieme

sotto la pergola

alla malia dorata del bianchello,

alza il bicchiere contro luce

–il pomello arrossato–

poi quasi ispirato

lo centellìna.

Ma più tardi…

–lo sguardo un po’spaesato

la voce che si incrina:…–

“Qualche volta la sera …

c’ho qui dentro come un sasso…”

E Tino brinda:

“Su, allegro don Steno!

pensa alla luna al sole ai monti

alla natura

alla bellezza del creato!

Dio sia lodato!”

è comunista ortodosso

rosso fervente

ma un tempo andavano nei campi insieme

a caccia di grilli e di lucertole

e facevano il bagno d’estate

nel torrente.

Rosanna Gambarara