FANO – URBINO, La linea ferroviaria

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Ex ferrovia Fano Urbino: una soluzione è possibile

 Le cronache delle ultime settimane hanno riportato in auge il dibattito sulla ex ferrovia Fano Urbino. Per consentire a tutti di orientarsi meglio, proponiamo alcuni dei motivi per i quali non è stato possibile ripristinare questa linea ferrata; in seguito verranno esposte le motivazioni che hanno convinto molti a convergere sulla scelta di un utilissimo percorso ciclo-pedonale dotata di vari sottoservizi.

Fino a pochi anni fa quasi tutto il territorio era convinto che la ferrovia metaurense potesse essere ripristinata, nonostante i continui e forti i segnali negativi provenienti dalle Ferrovie che da decenni non la consideravano funzionale al proprio compito; già nel 2002, per difficoltà economico-gestionali, RFI aveva chiesto al Ministero dei trasporti la rinuncia della concessione di esercizio e la dismissione della linea; nel 2005 una delegazione di vari soggetti pubblici e privati si era precipitata allo stesso Ministero per scongiurare una chiusura definitiva che comunque è arrivata nel 2011; ricorsi e richieste di sospensiva per annullare questo provvedimento non hanno avuto esito; anzi, qualche mese fa è giunto anche a un aut – aut: se non fosse acquistata dagli Enti pubblici entro il 2014, la tratta potrebbe essere venduta a pezzi anche ai privati.

Sono stati inutili gli sforzi dell’Assessore regionale ai trasporti che nel 2010 è andato a Roma ma ha avuto la conferma che a livello ministeriale e di RFI “… la questione della Fano-Urbino ormai … da decenni non esiste più nella mente di alcuno”. Sostanzialmente, la stessa risposta che sarà data l’anno dopo al Presidente della Provincia che, preso atto della realtà, ha deciso di optare per un percorso ciclo-pedonale modificando legittimamente una scelta che il precedente Consiglio provinciale aveva preso nel 2009, a un paio di mesi dalla sua decadenza.

E’ rimasto deluso chi aveva sperato nell’intervento dei privati: una società russa dichiaratasi pronta a investire milioni per un “treno dei sapori”, attende “certezze ed impegno da parte di chi amministra il territorio”; in sostanza, prima di eventualmente attivarsi, chiede che siano gli Enti pubblici ad accollarsi i costi enormi di un ripristino della ferrovia.

C’è da aggiungere che per anni si sono susseguite campagne di stampa, petizioni, richieste di personalità varie, ecc.; era stata lanciata anche la proposta di un referendum popolare; evidentemente, le difficoltà del ripristino della linea si sono dimostrate insormontabili, come ha confermato anche uno studio molto approfondito commissionato dalla Regione alla Svim Marche (Società con soci fondatori la Regione, il Consorzio delle Università marchigiane e l’Unione regionale delle Camere di commercio). La risposta dello studio Svim, pagato anche dagli enti direttamente coinvolti nel progetto, cioè Provincia, Camera di Commercio, Comuni di Fano, Pesaro, Urbino, Pergola e Fossombrone, ha dimostrato che sarebbero insostenibili i costi di ristrutturazione e gestione, visti anche i noti problemi delle linee attive; tali costi, già nel 2004, erano quantificati come “ben oltre il raddoppio dei 150 miliardi delle vecchie lire”, oltretutto per un servizio già svolto capillarmente dagli autobus.

Tutto questo ha gradualmente convinto la grande maggioranza degli amministratori pubblici a ritenere preferibile una ciclovia ed è facile immaginare che altri se ne aggiungeranno, una volta superato il comprensibile rammarico per la perdita di una struttura che per circa 100 anni ha caratterizzato il territorio ma può tornare a nuova vita con funzioni e risultati molto importanti.