Urbino, 14 febbraio Giuseppe Dalla Torre, rettore della LUMSA, su “Laicità e pluralismo religioso in Italia”
Per l’inaugurazione dell’anno accademico 2013/14 dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Italo Mancini“, il rettore della Lumsa di Roma, Giuseppe Dalla Torre, terrà la prolusione su “Laicità e pluralismo religioso in Italia” nella Sala degli Incisori del Collegio Raffaello a Urbino venerdì 14 febbraio ore 17,15.
GIUSEPPE DALLA TORRE, RETTORE DELLA LUMSA DI ROMA, TERRA’ LA PROLUSIONE ALL’ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE “ITALO MANCINI” SU “LAICITA’ E PLURALISMO RELIGIOSO IN ITALIA” (URBINO, COLLEGIO RAFFAELLO, VENERDI’ 14 FEBBRAIO 2014, ORE 17).
La prolusione, per l’anno accademico in corso, dell’Istituto superiore di scienze religiose sarà tenuta Urbino (al Palazzo Raffaello ,Piazza della Repubblica),venerdì 14 febbraio alle ore 17. Relatore sarà il professor GiuseppeDalla Torre,rettore della LUMSA di Roma,sul tema Laicità e pluralismo religioso in Italia.
Il professor Dalla Torre è un noto giurista, ordinario di diritto canonico ed ecclesiastico,che ha rivestito in passato delicati incarichi istituzionali, non ultimo quello di componente della Commissione paritetica per la revisione del Concordato lateranense (1976-1983) che ha portato ad un nuovo assetto dei rapporti tra Stato e la Chiesa Cattolica. Più recentemente è stato chiamato a far parte del Comitato nazionale per la bioetica. Editorialista di diversi quotidiani, ha pubblicato un testo largamente recensito dalla stampa specializzata, Lessico della laicità (edizioni Studium, Roma 2007).
Il tema della laicità è da tempo al centro dell’attenzione di studiosi,di politici,di semplici cittadini preoccupati dell’autonomia dello Stato e della libertà della Chiesa cattolica, ma anche delle sempre più numerose confessioni religiose presenti nel nostro paese, nella scia delle grandi migrazioni che si sono succedute in questi anni. Sulla questione si confrontano posizioni molto diversificate. Eppure dalla nostra Costituzione, dall’insieme dei principi e delle norme contenute, alla luce anche della giurisprudenza della Corte costituzionale, sembra che si possano ricavare i caratteri peculiari della laicità, così com’è stata concepita dai padri fondatori. La rivisitazione di una storia così complessa può recuperare il significato di parole che il tempo ha usurato o che, per dirla con Gustavo Zagrebelsky, sono “divenute dei luoghi comuni linguistici” che non colgono la realtà ,ne nascondono i tratti salienti e impediscono la possibilità di una vera comunicazione e di uno spassionato confronto su questioni nodali della nostra convivenza civile.
Di recente il prof. Dalla Torre è intervenuto sul polemico documento del Comitato per i Diritti del Fanciullo dell’ONU in margine alle Osservazioni Conclusive dei Rapporti della Santa Sede e di cinque Stati Parte alla Convenzione sui diritti del Fanciullo (Congo, Germania, Portogallo, Federazione Russa e Yemen). Alcuni punti delle Osservazioni Conclusive pongono un tentativo di interferire nell’insegnamento della Chiesa Cattolica sulla dignità della persona umana e nell’esercizio della libertà religiosa.
Il prof. Dalla Torre ha già tenuto dieci anni fa un seminario all’Istituto Italo Mancini sui medesimi argomenti della laicità e libertà religiosa suscitando un ampio e partecipato dibattito, presente anche il mondo giuridico urbinate.
LAICITA’ E PLURALISMO RELIGIOSO IN ITALIA
Urbino, 14 febbraio 2014
La questione della laicità si è venuta ponendo, da noi, quando il fenomeno del pluralismo religioso acquistava ormai una evidente consistenza, sotto l’incalzare del processo immigratorio. Ma non fu il divenire dell’Italia una società religiosamente plurale a scatenare il dibattito sulla laicità.
Basta sfogliare carte processuali e sentenze dell’ultimo quarto di secolo per rendersi conto del fatto che la rivendicazione di laicità è stata legata al processo di secolarizzazione che, dal punto di vista religioso, ha trasformato il volto tradizionale del nostro Paese. In effetti le tormentose e tornanti polemiche sul crocifisso nelle aule scolastiche, sull’ora di religione disposta dal Concordato, sulla preparazione del presepe in occasione delle festività natalizie nelle scuole dell’infanzia, per fare riferimento ai casi più numerosi e clamorosi, quasi mai sono state suscitate da parte di genitori professanti un’altra religione rispetto alla cattolica. È anzi frequente il caso di piccoli islamici, che oggi sono ormai presentissimi nelle nostre scuole, che frequentano l’ora di religione o i cui genitori non si oppongono nei consigli di classe, anzi, alla presenza nella scuola di iniziative – come appunto il presepe – legate alla storia ed alla cultura italiana.
Ancora: si può notare come quello sulla laicità sia stato un dibattito svoltosi prevalentemente a livello dottrinale – di filosofi, giuristi, sociologi, politologi – e della stampa d’informazione, piuttosto che a livello della società. Basti pensare che dopo la famosa sentenza del 1989, con cui la Corte costituzionale indicò la laicità come uno dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale, davvero esiguo è stato il numero delle sentenze che hanno fatto leva su tale decisione. E, come tutti sanno, la giurisprudenza costituisce un termometro assai preciso della febbre che sale nel corpo sociale; è una cartina di tornasole di quanto fermenta nella società.
Che lo Stato italiano sia laico, oggi non lo nega nessuno; che debba essere tale, è cosa generalmente riconosciuta. Dove nascono i problemi è nell’individuare che cosa sia laicità e se si dia un’unica nozione di laicità.
Non sono pochi quelli che pensano la laicità come laicismo, come una ideologia – una religione “secolare” avrebbe detto Maritain – contrapposta alla religione. Ed è proprio il laicismo che, da noi, ha sollevato la questione della laicità. D’altra parte una pur superficiale comparazione tra gli ordinamenti giuridici di diversi Stati dimostra che, in realtà, non vi è un’unica accezione del principio di laicità: quella italiana, ad esempio, è molto diversa dalla laïcité francese. Come si ricava dalla ricordata sentenza costituzionale, quella contenuta nella nostra Costituzione – ancorché non esplicitamente dichiarata – è una laicità aperta, positiva, amica della religione, collaborativa; non è una laicità ideologica.
A ben vedere si tratta di un dato molto importante sotto il profilo del pluralismo religioso. In effetti l’esperienza insegna che una concezione ideologica della laicità finisce per costituire un limite alla libertà religiosa. Caso tipico quello francese dove la tradizionale concezione di una laicità di contrapposizione, la laïcité de combat, ha portato alla famosa legge sul divieto, per gli studenti, di andare a scuola con simboli religiosi addosso. Il che francamente mi sembra lesivo del diritto di libertà religiosa, che comporta innanzitutto il diritto di manifestare la propria fede, oltre che lesivo di altri diritti fondamentali, come il diritto alla propria identità di cui l’abito può essere espressione.
Nel caso italiano, invece, la idea di laicità contenuta nella Costituzione non è limitativa del diritto di libertà religiosa, ma piuttosto favoritiva dello stesso e strumentale alla sua realizzazione. Lo Stato, le istituzioni pubbliche, devono avere un atteggiamento di imparzialità nei confronti delle diverse convinzioni in materia religiosa; d’altra parte a loro spetta di creare le condizioni, non solo giuridiche, perché il diritto di libertà religiosa individuale, collettivo ed istituzionale, possa essere effettivamente esercitato.
E qui sui potrebbe sottolineare come il sistema previsto dalla Carta, secondo cui lo Stato negozia con le singole confessioni religiose la disciplina giuridica di cui esse saranno poi destinatarie, si manifesti, alla luce dell’odierno pluralismo religioso, una felice intuizione dei nostri costituenti. Costoro, nell’ormai lontano 1947, pensarono al sistema delle Intese di cui all’art. 8 Cost. per non distanziare il regime giuridico delle confessioni diverse dalla cattolica da quello della Chiesa cattolica, che appunto è retto da un accordo: il Concordato. Ma oggi la previsione di una pluralità di accordi con la pluralità di comunità religiose presenti sul territorio nazionale appare felice perché, salvaguardati i principi costituzionali inderogabili, sia dato a ciascuna il suo, cioè sia rispettata la sua identità, e sia così più largamente ed effettivamente assicurato il diritto di libertà religiosa.
Giuseppe Dalla Torre