Fermignano, sabato 3 agosto “Per Toni Battistini” in ricordo dell’artista
Conversazioni di Palazzo Petrangolini
FERMIGNANO, via A. Meucci 2 Zona Industriale
Per Antonio Battistini
di Gastone Mosci
Sarebbe molto bello riuscire a ricordare Antonio Battistini nel suono della sua voce sostenuta da alti e bassi ritmati dalla sua partecipazione emotiva alla conversazione, guardare la sua figura muoversi per accompagnare la comprensione del suo discorso, captare il suo sguardo dolce di docente che comunica o il suo volto tirato dal disappunto di una avversità. Momenti di leggerezza e di tensione lo attraversavano e ne facevano una persona con un gesto accogliente, sensibile ma anche una figura caparbia. Bastava vederlo giocare alla partita di calcio sempre lanciato all’inseguimento del pallone piuttosto che atterderlo in un passaggio. Tony era un tipo dal gesto deciso e perentorio ma di una generosità traboccante. I segni della sua personalità sembravano scomporlo in tanti modi quando invece si riconducevano a una unità di espressione che si muoveva e si rinnovava nella sua complessità. Dalla nostra frequentazione di una ventina di anni (’70 e ’80) raccolgo un tratto del suo essere, nella quotidianità anche della vita ecclesiale, posto nella luce della sua fede cristiana, radicata e approfondita, di tradizione familiare, vissuta nell’associazionismo e nell’ambiente paesano e cittadino. Tony viveva nei toni popolari la sua fede nella gestione giornaliera del suo lavoro: era fedele ed esempio nel far capire la semplicità del suo amore per Gesù. L’altro dato del suo essere va colto nel suo lavoro di grafico e di artista: tony va collocato nel sistema di pensiero della gabbia, che viene dalla sua formazione di designer, di allievo di Albe Steiner, che osservava le linee della prospettiva e del pensiero prima di disegnare: il disegno è progetto, è invenzione, è creazione che nasce da un nucleo originario dell’intelligenza e della spiritualità.
L’ho visto lavorare quando progettava, insieme a Giulio Giulianelli, la rivista “Il Leopardi”, diretta da Valerio Volpini. Ho assistito ai ragionamenti ed ai tratti di matita che costruivano l’immagine della testata o meglio le immagini delle testate prima della soluzione definitiva. Anche Volpini, che lo conosceva dai tempi della Scuola del Libro, come presidente e promotore del corso superiore di arti grafiche: espressione di un ambiente serio e stimolante per chi prendeva la strada del grafico. Ritorno al pensiero della gabbia, nel cui schema si organizza la flessibilità e l’irradiazione dell’icona. Anche nella costruzione del progetto di “Hermeneutica”, la rivista di filosofia diretta da don Italo Mancini, Tony ha seguito il tracciato de “Il Leopardi” ed è riuscito a trasmetterne l’autorevolezza grafica. La rivista di Volpini è stato un caso letterario marchigiano degli anni settanta, “Hermeneutica” di Mancini fin dal 1981 – quando è nata – è sempre più una autorevole rivista di filosofia di riferimento europeo. Fino alla morte di don Italo, il 7 gennaio 1993, i fascicoli pubblicati sono stati dieci, di stretta osservanza grafica e tipografica urbinate, ora la rivista esce presso la Morcelliana Editrice di Brescia ed è molto diffusa.
Il trittico delle sue riviste si chiude con “Il Nuovo Leopardi”, quaderno di presenza culturale: in una notte Tony ha fatto il progetto della copertina e della confezione, controllato a vista fino all’alba. Ecco la ragione: era uscita “Hermeneutica”, cominciava la sua diffusione, l’accoglienza era ottima, la confezione speciale, era rimasto fuori un articolo di Carlo Bo su San Francesco (“Se tornasse San Francesco” di un importante seminario per il VII Centenario al Convento San Bernardino). Carlo Bo aveva presenziato alla nascita de “Il Leopardi”, di “Hermeneutica” ed ora era il primo autore di un quaderno tascabile del respiro di una conferenza: il testo di Bo era splendido, la nuova rivista fu subito accolta bene. L’editoria urbinate si trovava in prima linea nel fronte della cultura. Tony vi ha contribuito insieme a Carlo Bo, Valerio Volpini, don Italo Mancini ed altri che hanno partecipato alla grande stagione culturale urbinate degli anni ottanta. (Gastone Mosci)
Questo è un uomo
nelle flesse campagne
nelle pieghe o fratture
terrene, rivedo le tracce
d’un uomo che porta una croce
e mi confondo se sei tu
il pittore o il passante,
se la pietà dei campi
viene da sé al tuo sguardo
o al tuo passaggio s’inchina…
se nella tua opera-vita
e nell’offerta di te
è la croce che incide
più delle tue mani
(Eugenio De Signoribus)
PER ANTONIO BATTISTINI
Battistini “Questo è un uomo” apre una ferita nella lastra, indirettamente
lavorando sui segni che tracciano le
rive di un fiume.
Ma ad una osservazione più attenta
appare la sagoma di un uomo, del
crocefisso. Anche Licini ha disegnato
le linee di confine tra terra e cielo con
seni e fianchi della donna oggetto del
desiderio.
La messicana Ana Mendieta, che ha
impresso la forma del suo corpo nel
terreno è più vicina alla visione
drammatica di Battistini che, vivendo
col Cristo di Pascal in agonia fino alla
fine del tempo, ha scelto la
composizione verticale nella quale il
corpo è confitto, fuso con la terra
che soffre le doglie del parto nella
incessante necessità di essere.
Urbino 2006
(Silvia Cuppini)
E’ Pasqua
I cieli si aprono sopra di noi.
Il volto di Cristo
irradia ovunque la Sua luce.
Le nebbie del dubbio,
le mie povertà,
l’assurdo e le croci che acquistano senso…
si placano nello spazio infinito
del Suo amore per ogni uomo.
Il sibilo del vento
canta la Sua Risurrezione per noi…
per la nostra rinascita
con Lui.
2003
(Antonio Battistini)