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Il 1968 e la contestazione

LA RESISTENZA E I CATTOLICI di Valerio Volpini

in Festival Digitale Valerio Volpini e la Resistenza - Fanocittà

Fanocittà | Festival Digitale Valerio Volpini e la Resistenza, 25-31 luglio 2013

LA RESISTENZA E I CATTOLICI

di Valerio Volpini

 

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Il qualunquismo di sinistra si governa, come ogni altra moda di costume o culturalistica, anche con la falsificazione programmata; e questa quanto più è cinica e insistente, quanto più è macroscopica e arrogante tanto più riesce a raggiungere i propri risultati di distorsione del vero. Sembra un paradosso ma anche la più superficiale conoscenza della tecnica della massificazione lo conferma; infatti di tecnica si tratta, non ha importanza che la massificazione avvenga con formule aberranti in riferimento ai contenuti. Conta purtroppo soprattutto il modo pervicace di falsificare.

 

L’estremismo studentesco a Urbino
Non è senza significato (perché da queso campione si potrebbe dedurre un modo di comportamento politico) che proprio nel trentesimo della Liberazione e nel quadro comune della meditazione storica che la nostra democrazia è chiamata a compiere, i groppuscoli dell’estremismo marxista abbiano aggiunto, alla lunga serie dei propri slogan deliranti, quello che “la Resistenza è rossa non democristiana”. Alla logica della falsificazione non è possibile dare alcuna risposta perché esce dai termini di ogni verifica. Questa logica della negazione brutale è quella che poggia sulla provocazione e sulla violenza (per non far parlare sulla Resistenza uomini della Resistenza, così come, ad esempio, è accaduto a Urbino per Gonella) è la logica della forza nei cui confronti “la ragion non vale”.
Eppure bisogna parlare non per accettare la provocazione (che è segno di paura e di prevaricazione) ma per coloro che nel disegno dei falsari sono l’oggetto dell’intervento e, per quanti, possono essere contaminati dalla falsificazione stessa. Non si tratta infatti di ristabilire soltanto una ragione di oggettività – per cui basterebbe avere la pazienza del tempo – ma perché da questa condizione storica discendono implicazioni civili e politiche, dipendono valutazioni di ordine morale per un confronto con le nuove generazioni. Né si dimentichi mai che il nostro tempo ha dato manifestazioni mostruose della massificazione di massa per rendere possibili soluzioni finali e repressioni generalizzate; falsificazione e represssione sono categorie omologhe.

 

Il valore di pluralismo nella Resistenza
Che nei confronti della Resistenza – nelle diverse forme in cui si è manifestata – ci sia una coscienza diversa non è atteggiamento che contraddica il suo valore o meglio i suoi valori; la diversità degli atteggiamenti e della condizione per cui è stata vissuta sono anzi la riprova di una globalità al di sopra dei particolarismi, di un pluralismo che ha convergenze essenziali. E’ per questo che i valori, di cui la Resistenza è stata il catalizzatore, sono significanti per la storia della nostra giovane repubblica e per l’essenza stessa della nostra democrazia. Il non accettare o distorcere questi dati apre, infatti, a ogni possibile manipolazione sino a quelle che abbiamo ricordato. Così il nostro modo di vivere e di riconoscere tali significati anche oggi deve sottrarsi alle forme di un’apologia formale per esprimersi in un’apologia reale.
Certamente si può ammettere che la Resistenza sia stata anche strumentalizzata a sinistra ma bisogna subito riconoscere che se questa strumentalizzazione c’è stata (e c’è stata in particolare quando s’è trattato di trasportarne i giudizi nelle aree della “guerra fredda”) ciò è apparso più di quanto non fosse proprio perché gli altri, i non marxisti, e in particolare i cattolici, hanno spesso, troppo spesso, preferito il silenzio. Ma anche a questa affermazione deve fare immediatamente seguito una osservazione. Forse c’è stato un calcolo nel silenzio, forse c’è stata una strumentalizzazione a rovescio, ma non va dimenticato anche il naturale comportamento cristiano che non insiste su quella parte di valori che comportano un risvolto di lacerrazione umana.

 

La parte della carità
Sappiamo di svolgere un discorso che può apparire ambiguo e che, se si vuole è ambiguo per chi raccoglie la storia in termini mondani, ma non può essere dimenticato che in questo atteggiamento c’è stata una parte di carità e che quanto può essere apparso ambiguo, in sostanza è lo scarto proprio del comportamento cristiano.
Così può apparire contraddittorio che canoniche e conventi che avevano ospitato i perseguitati del fascismo – partigiani israeliti fuggiaschi – all’indomani della liberazione ospitassero quanti erano terrorizzati dall’eventualità di una giustizia sommaria. Non si tratta di una contraddizione ma semmai di precisare il valore specifico e portante di una condizione di testimonianza che si verifica sulla carità contro la violenza. Il cristiano sa infatti di dover rischiare anche l’errore nel suo opporsi alla metodologia o al determinismo storico. Non è una contraddizione ma un arrivare al cuore migliore del pluralismo della Resistenza come opposizione e muro, come inerme o armata volontà contro la codificazione della violenza.

 

La Resistenza dei cattolici
La Resistenza dei cattolici ha certamente una propria specifica connotazione anche se riempie tutti i ruoli: dalla cospirazione all’esilio, dall’opposizione alla lotta armata; ed ha una sostanza oltre che qualitativa anche quantitativamente enorme. Anche negli anni del fascismo trionfante il mondo cattolico, organizzato o meno, non ha mai coinciso con la prevaricazione fascista e man mano che il fascismo ha svelato il proprio volto l’opposizione è cresciuta con un ritmo quasi naturale. Il cristiano sa infatti di dover dare a Cesare quel che è di Cesare ma nella stessa misura in cui si trova disponibile in questo rapporto così è altrettanto inflessibile a non consegnargli quella che è la parte di Dio e in questa parte è compresa l’intransigente difesa della persona, il diritto della libertà come principio e valore di crescita umana e sociale e non certo come vuoto alibi delle strutture politiche. Per questo forse le liberazioni storicistiche o parlano di libertà soltanto o soltanto parlano di progresso mentre un cristiano è forzato a non creare fratture fra i due momenti. L’alternativa o se si vuole la testimonianza temporale del cristiano sta, anche oggi, proprio qui.

 

La difesa della persona e il diritto alla libertà
Da questo discendono anche le forme con cui i cattolici hanno operato nella Resistenza. Come cioè le forme del fascismo si sono coagulate intorno a condizioni negative così l’opposizione ha avuto una propria diversità ad un proprio pluralismo d’intervento. Più ancora il nazifascismo – notte e nebbia, il disumano e la violenza, il concentrazionismo e il disprezzo, il macabro dei cimiteri sotto la luna, il razzismo e la soluzine finale, la negazione alla forza di ogni pluralismo – trova proprio nella primaria articolazione pluralistica l’autenticità e la forza morale dell’antifascismo. Ogni antifascismo che non raccolga questo dato non soltanto rischia di ridurre il valore resistenziale ad un modo di porsi di fazioni ma svuota l’antifascismo a nominalismo qualunquista.

 

Speranza comune e amore nel resistere
La speranza del rinascere della primavera contro il fischio del gelido vento di morte nella bufera del massacro degli inermi, cos’altro ha voluto essere se non restituire all’uomo europeo la sua dimensione oltre gli schemi imposti dai piani mostruosi della massificazione? Cos’è stato se non l’intuizione, vissuta al prezzo non conosciamo, di sperare che l’amore (come scrisse un giovane marxista alla soglia della forca) potesse govervare il mondo? Se diciamo amore non è per usare integristicamente un’accezione cristiana ma per segnare quanto nell’esistenza privata e comune può combaciare con questa.
Su questi motivi, nella scadenza che ci offre il nostro tempo così saturo di ragioni negative analoghe a quelle di trenta-quarant’anni fa, bisogna fermare la nostra meditazione.
Un cristiano sa in particolare che pgni resistere, nel tormento stesso delle scelte e della chiarezza, è un atto di fedeltà non sontantostorica e neppure soltanto civile, che coinvolge la sia stessa identità.

Valerio Volpini

(in “Il Leopardi“, 10, Marzo 1975, Editoriale, sottotitoli redazionali)

I fascismi striscianti Il Leopardi