34. Post Festival Digitale “Valerio Volpini e la Resistenza”, 28 settembre – 5-12 ottobre 2014
Chi è Angelo Paoluzi (Roma, 16 ottobre 1928)
Dopo la collaborazione a Il Caffè di Giambattista Vicari, dove nel 1952 conosce Angelo Narducci con cui instaura un fraterno e trentennale sodalizio di comuni interessi letterari, politici e professionali, negli anni 1955–1960 ricopre il ruolo di direttore responsabile del mensile Prospettive Meridionali. Dal 1960 al 1968 lavora per Il Popolo come corrispondente dalla Germania e dalla Francia. Entra in Avvenire sin dal primo numero (4 dicembre 1968) e vi resta fino al 6 gennaio 1981, assumendone prima la vicedirezione (con Narducci direttore) e poi la direzione a partire dal 1º maggio 1980 quando Narducci è eletto al Parlamento europeo. Già direttore dell’Osservatore della Domenica e vicepresidente dell’UCSI, è docente e coordinatore della Scuola di giornalismo alla Lumsa di Roma, cura una rubrica culturale per Radio Vaticana e collabora con numerose testate (Europa, Segno nel mondo, Il Segno, L’eco di San Gabriele).
Angelo Paoluzi ha pubblicato in questi giorni il volume “La croce, il fascio e la svastica”. I suoi interessi per i problemi della Resistenza sono sempre molto puntuali, rivolti in particolare alla letteratura, poesia e narrativa, che sono affrontati storicamente. Nel nostro festival digitale, dedicato a Valerio Volpini e la Resistenza, ha portato un contributo molto lucido e autorevole, che ha funzionato come guida del lavoro redazionale di Fano Città. Per meglio entrare nella scrittura di Paoluzi e per cogliere la sua cultura e la sua spiritualità pubblichiamo un suo intervento su Don Primo Mazzolari, un sacerdote e scrittore molto caro anche a Valerio Volpini. Il testo è stato pubblicato dal quotidiano “Europa” il 14 giugno 2012.
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Diario di un parroco di campagna
Un’antologia scava tra gli scritti e le letture di don Mazzolari
di Angelo Paoluzi
Don Primo Mazzolari
Roma. A scavare fra le parole e gli scritti di don Primo Mazzolari si scoprono radici che attingono la loro linfa nella conoscenza dei più recenti o dei classici autori di ispirazione cristiana, da Bernanos a Chesterton, da Maritain a Unamuno, da von Ketteler a Mauriac, da Guardini a Barth, nella loro passione civile o nella ricerca religiosa. Questo retroterra culturale la dice lunga sul fascino esercitato dal parroco di Bozzolo, una cui antologia è ripresentata oggi ne In cammino sulle strade degli uomini (Ave editrice, Roma 2012).
Il volume, curato da Anselmo Palini, si raccomanda anche per il meritorio corredo di note (una trentina di pagine a caratteri minuti). Chiariscono, e talvolta svelano, la nascosta ricchezza di letture di un prete di campagna capace di andare oltre il provincialismo ecclesiale papiniano o giuliottiano, che godeva all’epoca del favore ufficiale, per proiettarsi in una dimensione europea. Si tratta delle stesse opere, va rammentato, alle quali, all’inizio degli anni ’40, si alimentavano in Germania, con la frequentazione di autori messi al bando, i giovani martiri della Rosa Bianca. Le fonti e gli scritti sono i medesimi, per loro e per Mazzolari.
Il libro raccoglie gli articoli pubblicati su settimanali diocesani e bollettini parrocchiali, su riviste di cultura; comprende alcuni ricordi di caduti della Resistenza (i due bei ritratti di Teresio Olivelli ed Emiliano Rinaldini) e le polemiche “politiche” (fra le quali quelle che gli costarono l’ingiunzione al silenzio); ripropone i discorsi, le commemorazioni e alcune omelie (bellissime quelle della missione di Edolo). Ma ciò non significa un’effusione di linguaggio clericale, anzi dimostra il controllo espressivo e la padronanza degli argomenti: come in occasione dello scontro con Guido Miglioli, il rappresentante della sinistra cristiana filocomunista, senza abbandoni all’invettiva, ma con un cristiano rispetto dell’interlocutore che non garbò a tutti.
Proprio prendendo spunto da questo libro (e tenendo conto dell’uscita anche recente di altri contributi sul personaggio) si potrebbe sollecitare un’attenzione accademica, attraverso qualche suggerimento di tesi di laurea, allo sviluppo delle tematiche culturali: la ragionata opposizione non tanto nascosta al fascismo, la ricchezza del personalismo cristiano (con corredo di citazioni di Maritain che non tutti conoscevano), l’adesione alla Resistenza, l’insistenza sul valore evangelico della pace tout court.
Lo stesso linguaggio di don Primo si è andato via via affinando nel tempo e, senza mai perdere la sua carica profetica, ha conquistato traguardi anche letterariamente pregevoli: basterà citare i due articoli pubblicati sul quotidiano L’Italia circa i “Lineamenti spirituali della nuova intelligenza cattolica” attorno ai «nostri torti di ieri» e ai «nostri doveri di domani». Sono del novembre 1941, attestano un inusitato coraggio politico, una visione in prospettiva e, ripetiamo, una solida cultura di fondo.
Tuttavia non bisogna mai dimenticare che il pregio maggiore della raccolta (lo rammentano in appendice alcuni contributi dopo la sua morte) sta sempre nella sincerità evangelica che anima don Mazzolari, sacerdote, parroco, pastore, testimone. Lasciamo stare i postumi riconoscimenti, l’acquisita consapevolezza che si tratti di un anticipatore dell’aggiornamento conciliare, accanto al ricordo dei ripetuti rimproveri istituzionali di disobbedienza.
Se Giovanni XXIII lo proclamò «la tromba dello Spirito santo della Bassa mantovana», e sulla scia di questa dichiarazione ci fu una generale corsa (anche da parte di chi lo aveva sanzionato) alla riabilitazione, resta la constatazione che tuttora le sue parole suonano amare e attuali, e che ancora oggi molti, nel gregge, potrebbero rispecchiarvi mancati riconoscimenti di responsabilità, tiepidezze e viltà.
Don Mazzolari sapeva pagare di persona. Durante il regime, nel duro periodo della Resistenza, al tempo della recuperata democrazia e della ricostruzione, nella critica contemporanea all’opportunismo / affarismo dei tempi nuovi, nell’opporsi alla violenza delle proposte rivoluzionarie e all’acquiescenza dei «compagni di strada» (come nel citato confronto con Miglioli).
E, sempre, con l’appassionata difesa degli ultimi, dei poveri, dei suoi contadini; con la pietas per i “lontani”. A qualche istituzione, anche ecclesiale, non andava a genio il tono vivace con cui chiamava in causa una borghesia e un padronato incollati ai propri egoismi e all’ufficialità del potere. La politica non gli perdonava la strenua difesa della pace, contro tutti i conformismi di “guerre giuste”, di alleanze militari e di corse agli armamenti.
Alcune prediche e omelie potrebbero oggi dai pulpiti essere lette tal quali. Con tutta la carica di verità e senza chiamarsi fuori da una comune attribuzione di colpa; con interrogativi che interpellano tutti, in primis lui stesso che li propone. In una misura di umiltà che ha come referenti Agostino e Pascal, non soltanto letti ma vissuti.
Europa, 14 giugno 2012
Angelo Paoluzi
Alcuni anni fa Angelo Paoluzi ha pubblicato un libro unico sull’editoria del mondo cattolico internazionale, “Voci di carta”, nella Libreria Città del Vaticano, una indagine sui periodici cattolici pubblicati nel mondo. Al riguardo ha tenuto una rubrica per una decina d’anni per la Radio Vaticana.
Conferenza stampa di “Valerio Volpini: letteratura e società” a Fano l’8 ottobre 2014, Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche, 153, Settembre 2014.
Con la pubblicazione degli Atti del Convegno “Valerio Volpini: letteratura e società”, tenutosi alla Sala Verdi del Teatro della Fortuna di Fano, il 27 novembre del 2010, gli amici del Circolo Culturale “Jacques Maritain” di Fano intendono rendere onore al loro amico e maestro Valerio Volpini. In particolare, si vuol mantenere un vivo legame spirituale e culturale con la sua personalità e la sua opera di scrittore per non disperdere la sua testimonianza, il patrimonio culturale accumulato con il suo lavoro, la tessitura dei suoi rapporti politico-culturali. Egli è stato un grande interprete del Novecento sulla linea di Papa Montini, Jacques Maritain, don Primo Mazzolari, Carlo Bo, Mario Luzi, Mario Pomilio, don Italo Mancini, don Lorenzo Bedeschi, Pericle Fazzini, Arnoldo Ciarrocchi, Gino Montesanto, Leopoldo Elia.
Valerio Volpini ha lasciato dunque un’eredità legata alla grande cultura umanistica del Novecento, in sintonia con quei personaggi che hanno saputo trovare nel Concilio Vaticano II il luogo del rinnovamento ecclesiale e civile della società. Quell’evento era atteso, è stato assecondato, è stato aiutato ad entrare nel tessuto spirituale della Chiesa, anche con la sua direzione de “L’osservatore romano”.
Infatti, dal 6 gennaio 1978 al 1° settembre 1984 Valerio Volpini ha tenuto le redini de “L’Osservatore Romano” chiamato da Paolo VI a succedere a Raimondo Manzini. Valerio Volpini fu testimone privilegiato dell’anno dei tre Papi e poi del primo intenso periodo del Pontificato di Giovanni Paolo II.
Sempre fermo, inoltre, è stato il suo atteggiamento di fronte ai totalitarismi, ai disastri delle guerre, agli imperialismi dell’ideologia, alle fughe dalla libertà e dalla democrazia, agli opposti estremismi, al conformismo, al consumismo. Non per nulla è stato partigiano, poeta, critico letterario e di costume, narratore e polemista. Tra le sue numerose opere ne ricordiamo due, forse le più emblematiche: “Fotoricordo e pagine marchigiane” (1973) e l’altra di carattere politico, “Sporchi cattolici” (1976).
Ci auguriamo davvero che il pensiero di uomini illustri come Valerio Volpini che hanno dato un apporto così significativo alla costruzione della “citta degli uomini” non venga mai messo da parte, ma possa essere davvero patrimonio di tutti, a partire dai più giovani e che quini la pubblicazione di questi atti possa contribuire a tale nobile causa.
Francesco Torriani
Presidente Circolo Culturale Jacques Maritain di Fano
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ANGELO PAOLUZI SOSTIENE CALDAMENTE LA SUA RICERCA SU “LA CROCE, IL FASCIO E LA SVASTICA”. VENERDI 24 APRILE 2015 ALLE ORE 16 PRESSO L’UNILIT DI URBINO PRESENTERA’ IL SUO LIBRO SULLA RESISTENZA CRISTIANA ALLE DITTATURE.
Caro Gastone,
ti ringrazio per la palinodia che mi hai dedicato su fanocitta: se non ne fossi intimamente compiaciuto mi chiederei: ma sono proprio io? In ogni caso ho la convinzione di aver fatto bene perché, nel corso della composizione e delle riletture necessarie per il libro, mi sono reso conto che la vulgata laica della Resistenza aveva completamente (dico: completamente) ignorato i 325 preti ammazzati, le loro medaglie d’oro, la loro elezione a “giusti” di Israele e – ça va sans dire – i religiosi e laici fatti santi dalla Chiesa per il loro martirio nei Lager o nelle repressioni. Basta leggere (come ho fatto nei capitoli che mi interessavano) la sterminata Storia d’Italia di Einaudi per rendersene conto. La stessa cosa rischia di succedere per la narrativa di interesse resistenziale, nella quale vengono ignorati Eugenio Corti, Sandro Bevilacqua, Luisito Bianchi (un po’ meno degli altri), Lalla Romano e altri che sto scovando qua e là. E anche la religiosità di Silone. Dammi tempo (se il Signore me ne darà) e metterò insieme qualcosa: ebbene, sì, da uomo di parte. Ancora grazie. Il libro arriverà a te e agli altri che mi hai segnalato a partire dalla settimana prossima. Un caldo abbraccio.
Roma, 8 ottobre 2014
Angelo Paoluzi
Caro Angelo,
ti ringrazio della lettera e mi rallegro per la tua saggia passione per la ricerca e per la comunicazione di una grande esperienza politica che è diventata scommessa spirituale, lotta a difesa dei più diseredati, dei martiri della Shoah e di quanti cercano la verità. Possiamo comunicare attraverso Fano Città questa tua riflessione, la lettera di liberazione e la tensione per la testimonianza che rende liberi?
Ti trovi di fronte ad una ricerca con esiti nuovi ma non del tutto inediti. La cultura della gente dell’epoca fascista non era tutta arruolota al potere ed al totalitarismo, manteneva in molti una sua segreta o palese autonomia, il rapporto con un umanesimo di relazione, la vivezza di un cristianesimo radicale. Si può capire e sostenere la presenza di quella falda di cittadinanza spirituale nelle vicende di quelle persone offese e martirizzate per la ragione del loro essere uomini e donne religiosi.
Ti ringrazio ancora per il tuo sì confermato.
Urbino, 9 ottobre 2014
Gastone Mosci