Bongiovanni e allievi
Gli ottant'anni dello stampatore Bongiovanni

Gli ottant’anni dello stampatore Bongiovanni

in Arte

Gli ottant’anni dello stampatore Bongiovanni

Bongiovanni e allieviUn cittadino di Chiaravalle, 80 anni, stampatore d’arte, siracusano d’origine, nato a Bengasi, operatore delle poste di Ancona, studente adulto della Scuola del Libro, Luciano Bongiovanni, un personaggio della grafica marchigiana, ha tenuto una conversazione sui rapporti tra incisione e scrittura, tra laboratorio d’arte e spazio letterario nell’ambito della Scuola di Grafica, diretta da Giovanni Turrìa e Gianluca Murasecchi, dell’Accademia di Belle Arti di Urbino…

La lezione di Scrittura creativa del docente Fabio M. Serpilli, animata da Bongiovanni, è stata molto stimolante ed ha sollecitato la viva partecipazione e la riflessione degli studenti che hanno voluto rendere omaggio alla sua esperienza artistica, attivando il loro laboratorio di scrittura con i testi di Laura Gennari di Pesaro, Stefania Quattropani di Siracusa, Gessica Di Monte di Montazzoli di Chieti, Medea Moroder di Ortisei, Maria Tomaselli di Anoia Superiore di Reggio Calabria, Stefania Avellino di Palazzolo Acreide di Siracusa e Alessandro Sorbera di Lucca.

Ecco i contributi dei suoi allievi.

 

BIANCO SU BIANCO

di Stefania Quattropani

Gli ottant'anni dello stampatore Bongiovanni

 

Le parole di Robert Bresson, impresse nel 1999 da Alberto Casiraghy per Edizioni Pulcino Elefante, sono strettamente connesse ad un altro noto stampatore italiano. Una metafora, quella di Bresson, che ben descrive l’esperienza e l’approccio di Luciano
Bongiovanni nell’universo della grafica d’arte.
Stampatore ed editore marchigiano di origini siciliane, in un incontro con gli studenti della Scuola di Grafica dell’Accademia di  Belle Arti di Urbino, ha raccontato del suo mestiere, riuscendo a trasmettere l’amore e la passione per ciò che fa, comunicando le soddisfazioni che derivano dal suo lavoro.
Il fascino della tecnica, intesa come saper fare, e la capacità di stimolare la curiosità, hanno lasciato incantati; ascoltando alcuni aneddoti di Bongiovanni si è come in trance. Storie di chi ha vissuto gli anni d’oro della grafica, tra i muri della Scuola del Libro di Urbino, accanto a personalità illustri, grandi nomi che hanno rivoluzionato questo settore in Italia.
Parlare del valore e dell’importanza assunta dalle prove di stampa e dagli errori, per arrivare ad un obiettivo per la tiratura definitiva fa riflettere, oltre che sulla stampa, sulla vita in senso metaforico.
Quello della grafica d’arte è un mondo fatto di materia. La grafica di Bongiovanni comunica la bellezza della materia riqualificata. Tra zinco e legno, la ricerca e la sperimentazione di un artista stampatore per scoprire i segreti e le nuove possibilità che possono offrire quei materiali, la sorpresa della forza espressiva della matrice, a contatto con il foglio di carta.
In questa continua sorpresa, si colloca la calcografia bianco su bianco. Ecco il legame tra Bresson e Bongiovanni.
La calcografia stampata senza inchiostri, l’assenza di colore come silenzio del foglio, ma il dettaglio della profondità e la forma comunque presenti. Una resa delicata e raffinata ma di forte impatto.
Lavori che richiamano la tipografia e la piacevolezza tattile dell’impressione sulla carta. Una carta da cui non ci si vorrebbe mai
più staccare.

 

Al maestro Bongiovanni

di Laura Gennari

O maestre Bongiovanni.
Dop tant’ann d’lavor
a sit ancora su la breccia
e sa un pas lent andé avant.

 

Cucchi, Clemente, Fazzini
Treccani, Piacesi, Paladino …
Quant’artist in t’la tu vida.

 

El tu ner Bongiovanni?
L’è un marchingegn del mestir.

 

Color bianc sopra el bianc
Color ner sopra el ner
El segn lasced dai segn
Su la carta inpressa e vibrant .

 

La lastra in mosaic
Ah ! l’ho ben inpressa in t’la ment.

 

Pezten de materia visuda.

All’incisore Luciano Bongiovanni
Con affetto, in dialetto pesarese.

 

 

Testo su Luciano Bongiovanni

di Jessica Di Monte 

All’inizio; un po’ sonnecchiava. Poi, d’un tratto, si è acceso.
Una voce amica l’ha chiamato: “Luciano!”; era quella del prof. Ma per lui era quella dell’arte.
Bello! davvero entusiasmante vedere come in una persona della sua età, possa ancora essere accesa la luce della passione. Si percepiva, ogni volta che prendeva per mano un suo figlio: il modo in cui toccava la ruvida e bianca pelle del foglio;in cui guardava l’arcano nero dell’inchiostro,in cui ascoltava e raccontava le storie che ogni opera aveva da narrare.
I suoi lavori: identità della sua voce; la sua voce: identità dei suoi lavori. Era a casa …era nel suo mondo.
Sì! era proprio il suo mondo. Da lì, traeva origine la sua vita:dalle sue opere,e lì,ogni volta la ritrovava. Come Hansel e Gretel han ritrovato casa seguendo briciole di bianco pane; lui tornava a casa ogni giorno, seguendo briciole di bianca carta e orme di nero inchiostro. Proprio come i bambini con fremito non vedono l’ora di creare mondi… Lui; con fremito, non vedeva l’ora di creare e ricreare “Il suo mondo”; davanti a noi: spettatori d’un universo, che si presentava a noi uscendo dalle buie stanze d’una piccola valigia nera.
Racconti fatti di carta: Bianca. Di segni: Materici. Di incavi: Corposi. Di presenze e assenze di volumi.
Narrati da nero inchiostro e da luce.
In fondo; il gioco d’una vita: arte di pieni e di vuoti, di metallico peso,di fragilità bianca e di nere parole.

  

Incontro con Bongiovanni

di Medea Moroder

L’ incontro con lo stampatore Bongiovanni è stato molto interessante e ha suscitato in me varie impressioni. I suoi racconti delle esperienze che ha avuto con i vari artisti, sia incisori che pittori e scultori (Fazzini, Remo Brindisi, Cucchi, Clemente,…) mi hanno colpito perché è curioso sentire come era il caratteri di questi personaggi studiati a storia dell’arte e vederli così da un altro punto di vista.
La parte in cui ci ha fatto vedere le sue stampe e le lastre incise è stata la più interessante a mio parere. Vedere un nuovo metodo di lavorare la lastra è molto intrigante. Affascinante è la tecnica della stampa “bianco su bianco” e “nero su nero”, danno una sensazione di visibile, non-visibile, le forme cambiano aspetto in base alla luce, sembrano quasi essere in movimento. Talora si fanno vedere e poi si nascondono. Il “bianco su bianco” mi ha dato una sensazione di leggerezza, di una cosa che è solamente accennata, lascia molto spazio a varie interpretazioni, trattandosi in gran parte di immagini aniconiche. In alcune stampe vi era la presenza di una specie di figure, molto stilizzate e arcaiche queste non mi sembravano tanto interessanti, preferisco quelle completamente aniconiche senza alcuna presenza di forme riconoscibili. Esse davano la sensazione di uno spazio infinito, uno spazio che vibra, fatto di tanti segni diversi che creano un movimento, dinamicità.
La cosa che invece non mi è piaciuta era l’atteggiamento verso l’arte figurativa. Capisco che il suo stile è aniconico ma dovrebbe apprezzare anche il versante opposto. Anch’io apprezzo certe opere aniconiche e ammiro non soltanto artisti figurativi ma anche astrattisti. In quanto alla sua affermazione che un’artista figurativo rimarrà sempre un figurativo mi ha fatto innervosire perché non è corretta. Mondrian per esempio è partito dall’albero ma poi ne ha fatto un’astrazione (che significa estrarre dalla natura) ed è giunto alle sue composizioni totalmente essenziali fatte di sole linee nere verticali e orizzontali più i tre colori primari. Malevic invece, il grande padre del costruttivismo russo, ha iniziato con una pittura naturalistica, rappresentando le tipiche scene quotidiane russe per giungere poi al massimo dell’astrazione (quadrato bianco su sfondo bianco). Quindi posso affermare con certezza che il discorso di Bongiovanni non è stato un discorso oggettivo ma puramente soggettivo. È il suo punto di vista ma di certo non è ciò che ci dice la storia dell’arte.
Comunque rispetto Bongiovanni come stampatore e trovo molto bello che ci sono persone che si dedicano con tanta passione al loro mestiere.

 

Impressioni su Luciano Bongiovanni

di Maria Tomaselli 

Quello dello stampatore è un mestiere misterioso.
È solo nell’intimità dell’atelier che si sperimentano passaggi espressivi, valori chiaroscurali a volte casuali, a volte voluti. È proprio la continua ricerca e l’infinità di risultati offerti da questo mestiere a renderlo così affascinante. Luciano Bongiovanni lo esercita a Chiaravalle ormai da molti anni.
Tra le varie personalità, delle quali Luciano ha compreso l’opera grafica, incontriamo Fazzini, Ciarrocchi, Cucchi e molti altri; stare a contatto con gli artisti e la loro creatività permette allo stampatore di entrare in un profondo dialogo con il linguaggio incisorio.
È dunque, il suo, un lavoro di ascolto perché richiede di affacciarsi nel mondo interiore dell’artista per conoscerlo e vedere con i suoi stessi occhi.
Per quanto riguarda le lastre e le stampe proprie di Bongiovanni, che abbiamo avuto modo di osservare e di conoscere attraverso le parole di questo spontaneo personaggio, risultano tutte interessanti sia per quanto riguarda l’abilità nello sperimentare le tecniche, sia per la riflessione interiore espressa attraverso immagini, segni, materia, e inchiostri. Parla inoltre delle sua geniale invenzione, da lui definita “nero Bongiovanni”, spiega il suo modo di operare ma senza svelare i segreti delle sua esperienza, quasi a custodirli come un tesoro prezioso.
Nelle sue matrici e nelle sue stampe si legge un’infinita passione che si lega alla tecnica per dare vita al respiro d’un segno lasciato su metallo, alla vibrazione di un’immagine, al rilievo di una carta da sfiorare.

 

Luciano Bongiovanni

di Stefania Avellino

Bianco su bianco. Nero su nero.
Stupefacente è il lavoro di chi riesce ad immaginare soluzioni e nuove tecniche nell’arte.
Luciano Bongiovanni è riuscito a trasmettere con poche parole tutta la sua passione per l’incisione. Mostrare le sue opere, con tanta ammirazione ed emozione, lo rendeva fiero e al contempo alunno di se stesso. Apprendere e trasmettere ecco che legame si stringe tra insegnante e studente. Le sue esperienze, le opportunità, a volte anche non positive, hanno permesso a quest’uomo di avere un’idea ben precisa di quale fosse il suo obiettivo con l’arte.
Tastare con mano i suoi lavori, eccezionali le stampe nero su nero, ma ancora più emozionanti le stampe bianco su bianco, hanno suscitato qualcosa di irrealizzabile che al contempo, attraverso le sue spiegazioni permetteva di immaginare i passaggi, i procedimenti e l’impegno che è servito per completare e compiere quel pezzo unico e raro.

 

 

Dualismo

di Alessandro Sorbera

Una giornata come tante veniva scandita dal
movimento del sole che persistente faceva sentire
il suo calore. Tuttavia quella che credevo essere
una giornata come le altre non si rivelò come
tale: incontrammo il nostro professore davanti
all’entrata dell’università in compagnia di un
anziano signore dagli occhi gentili che teneva
una piccola cartellina nera in mano.
Vedendomi mi venne incontro e mi disse
“giovanotto, tu per caso ce l’hai un po di forza?”
“certo, come no!” gli risposi ricambiando il suo
tono cordiale e a quel punto tese la sua mano e
mi lasciò in custodia la sua preziosa cartellina
che dal peso moderato ma non eccessivo
sembrava contenere delle lastre da incisione. Da
li non mi ci volle molto a capire che quel
simpatico vecchietto poteva essere un incisore e
infatti le mie supposizioni si trasformarono in
certezze qualche attimo dopo quando il professor
Serpilli ci disse che lui era un importante
incisore che aveva vissuto e lavorato per lungo
tempo nelle Marche.
Gentilmente strinse la mano ad ognuno di noi
dicendo di chiamarsi Luciano Bongiovanni e in
quel preciso istante fui colpito da un particolare :
nonostante le sue mani fossero morbide e quasi
prive di calli avevo l’impressione che con quelle
stesse mani avesse inciso e stampato più lastre
di quante ne potessimo vedere in cinque anni di
laboratorio, la sua stretta era decisa ma non
eccessiva. A volte da una semplice stretta di
mano si può capire che tipo di persona ci
troviamo davanti e lui mi sembrò subito una
persona onesta. Mentre portavo la sua cartella di
stoffa percorrendo il corridoio dell’accademia
notavo che lungo il breve tragitto mi osservava
con aria apprensiva “ce la fai?, se è pesante
appoggiala per terra” mi disse, ma nonostante le
mie braccia secche come fuscelli la sua cartellina
non pesava molto e riuscivo a reggerla con un
solo braccio, tuttavia dopo la sua cordiale
insistenza decisi di adagiarla delicatamente sul
pavimento. A quel punto entrammo tutti
nell’angusta aula dove con il professore
dedicammo la prima ora ad una lezione teorica
sulla poesia, dopodiché ci fu una breve pausa e
l’incisore che fino ad un attimo prima stava
pazientemente seduto sulla sua sedia si alzò
lentamente iniziando a montare quello che a
prima vista sembrava un cavalletto in miniatura,
dopo aver sistemato il cavalletto con il supporto
tirò fuori il misterioso contenuto dalla sua
cartelletta di stoffa: alcune lastre di media
grandezza e diverse stampe.
Mentre provava a spiegare il suo lavoro la sua
voce era inizialmente flebile e tranquilla ma il
suo animo ricco di spirito, tirò fuori le numerose
stampe organizzate a loro volta in diversi
raccoglitori e ce le mostrò. Figure astratte si
alternavano sulla carta, bianco, nero, poi ancora
bianco, le stampe a contatto con la luce ci
mostravano particolari che i nostri occhi non
potevano vedere, chiusi gli occhi e provai a
sentire l’immagine ruvida con la punta delle dita,
c’era qualcosa di brutale in quelle stampe e nelle
rispettive lastre ma non quel tipo di brutalità che
da vita a qualcosa di negativo ma piuttosto ad
una distruzione e una fusione della materia che
crea una nuova realtà, forte della sua natura
astratta.
I fogli stampati con le sue incisioni si
alternavano nelle sue mani e poi sulle nostre, in
quei brevi istanti la sua voce che all’inizio era
lenta e tranquilla si riempì di un improvviso
entusiasmo come se il semplice fatto di parlare
delle sue incisioni lo animasse di un’energia a
noi sconosciuta, il ritmo delle sue parole si
faceva veloce ed energico e sentendolo
raccontare le storie e gli aneddoti legati al suo
modo di fare arte diventai testimone della sua
esperienza e dei suoi numerosi anni di lavoro.
Guardando quel bianco e nero diventai
spettatore di quel misterioso dualismo
inscindibile che con tanta forza si mostrava sulla
carta. La natura astratta di quelle stampe accese
una discussione pacifica fra l’artista e una mia
compagna dalla parlantina spedita sul rapporto
che c’è nell’arte fra astratto e figurativo, le loro
voci, soprattutto quella della mia compagna,
riempirono l’aula e ci fecero sentire stretti nel
nostro silenzio .I momenti passarono, quelle
immagini scorrevano insieme alle sue parole, scandito
da questi momenti il nostro incontro con lui terminò
la nostra lezione. Ciò che mi rimase di lui in quel
frangente fu la spontaneità con la quale si mostrò a
noi attraverso la sua arte. Ho sempre visto l’incisione
con timore reverenziale, quella paura che si prova
quando ti avvicini a qualcosa che è più grande di te e
che ti fa sentire una briciola rispetto ai grandi maestri
che hanno affrontato questa tecnica con coraggio e
fermezza. Ma vedendo la sicurezza con la quale lui ha
saputo rendere personale la sua arte di incidere mi
rendo conto che anche una briciola come me può
prendere parte a qualcosa di grande.