Lo stile di Carlo Ceci, ricordo dell’Artista di Gastone Mosci
Urbino. Per i novant’anni di Carlo Ceci il Comune di Urbino ha organizzato nel Castellare del Palazzo Ducale una mostra, misurata e suggestiva, di 34 tempere di proprietà dell’autore (a parte una degli eredi di Alfio Gamba e la prima tempera, 1946, già di Pino Paioni), opere per lo più degli anni settanta e ottanta, destinate ad arricchire in futuro l’itinerario museale urbinate. All’inaugurazione nel Cortile d’onore del Palazzo Ducale in molti hanno portato il loro saluto all’artista che era visibilmente commosso, ma soprattutto emergevano la chiassosità e la festosità dei partecipanti, degli amici, e di riflesso la cordialità di Ceci. Fra il pubblico spiccavano come segno del lungo insegnamento nella Scuola del Libro, alcuni suoi allievi di litografia, oggi artisti consacrati, Augusto Ranocchi, Mario Logli, Franco Fiorucci, Antonio Fontanoni, Gianfranco Raimondi, Egidio Spugnini, Oliviero Gessaroli.
Ma il luogo eletto, l’ambiente creato dalla gente, le parole dei vari relatori, le opere in mostra, questo insieme ha sottolineato l’icona del festeggiato: lo stile di Carlo Ceci.
Lo stile, che è espresso dalla persona, dal suo modo di fare, dal suo essere docente, dalla sua produzione artistica, dalla tensione nelle sue relazioni umane costituisce una unità esistenziale, un canone, un ideale di umanesimo che si fonda sulla bellezza.
La prima impronta è data dall’operosità dell’uomo, dal suo essere attratto dal gesto delle mani e dall’uso dei materiali, l’altra segue la puntuale resa della sua acuta curiosità visiva: il primo aspetto è presa di coscienza, il secondo è partecipazione critica. Carlo Ceci ama le cose che fa perché ama la scena, il luogo dove opera, il paesaggio, i suoi interlocutori, l’ambiente che sente come espressione del suo progetto di vita. La misura di questa organizzazione mentale e spirituale è ordine e armonia. E lo stile di Carlo Ceci procede dalla bellezza alla perfezione, o meglio alla completezza del suo fare ordine. Questa dimensione esistenziale è cresciuta ed è diventata immagine consueta.
Carlo Bo con molto affetto ha descritto l’animo del poeta ed il suo passo veloce e inquieto, Paolo Volponi ha visto nell’amico la forza della contemplazione che a lui sfuggiva, don Italo Mancini ha colto il segreto della sua comunicazione artistica, Valerio Volpini lo ha sempre ricordato come un dono alla cultura urbinate, Francesco Carnevali lo ha posto sotto la sua protezione di maestro anziano. Tutte queste situazioni illuminano il personaggio, ne mettono a fuoco lo stile. Di Bo conosciamo il suo umanesimo, di Volponi la sua passione per la nostra terra, di don Mancini l’amore per la cultura che segna la vita dei giovani, di Volpini il dialogo con i poeti e gli incisori, di Carnevali l’infinita storia della sua anima.
Carlo Ceci ha fatto capire che la vita è una scommessa da sostenere e un bene da conquistare ogni giorno. Lo stile di Carlo Ceci lo troviamo nel suo foglio d’arte, nel suo sorriso obliquo, nel suo ritmo vitale, nel suo essere: di uomo e di artista che onora Urbino.
2007
Gastone Mosci