MANIFESTO spagaroli
Dante Domenicucci, foto di Paolo Bianchi, Urbino, 1982.

San Benedetto del Tronto, Le iniziative del Circolo Culturale Riviera delle Palme e la Mostra Fotografica di Valerio Volpini sugli Spagaroli

in Cultura

San Benedetto del Tronto, Le iniziative del Circolo Culturale Riviera delle Palme e la Mostra Fotografica di Valerio Volpini sugli Spagaroli

 

MANIFESTO spagaroli

 

 

 

UN PUBBLICO NUMEROSO E INTERESSATO DELLE FOTOGRAFIE DI VALERIO VOLPINI

Presso il Museo della Civiltà Marinara delle Marche di San Benedetto del Tronto per la mostra dedicata agli “Spagaroli” di Valerio Volpini (1923-2000), una selezione di immagini di retare e funai della San Benedetto del 1954, scattate dallo scrittore e giornalista fanese. Presenti alla cerimonia di inaugurazione il sindaco Giovanni Gaspari, l’assessore alla cultura Margherita Sorge, Giuseppe Merlini (responsabile dell’Archivio Storico e del Museo del Mare), Gastone Mosci (professore presso l’Università degli Studi di Urbino), Massimo Lupi (vice presidente del Circolo Culturale Riviera della Palme) e Giovanni Volpini (ricercatore presso il Cern di Ginevra). Quest’ultimo, ringraziando la comunità sambenedettese dell’iniziativa e dell’interesse verso la figura paterna, ha ricordato come il padre fosse stato particolarmente colpito dal lavoro dei funai e delle retare, tanto da dedicare un saggio molto approfondito sul mondo degli spagaroli pubblicato nell’ottobre 1954 nella rivista “Comunità”, diretta Adriano Olivetti. Guerino Di Berardino, segretario del Circolo Culturale Riviera delle Palme e principale curatore dell’iniziativa dedicata all’opera di Volpini, ha invitato poi tutti i numerosi presenti all’inaugurazione a segnalare i nomi delle persone ritratte ed eventualmente riconosciute nelle immagini esposte per meglio ricostruire nomi e volti di questa antica tradizione marinara. La mostra, promossa dal Circolo Culturale Riviera delle Palme e patrocinata dal Comune di San Benedetto del Tronto, rimarrà allestita fino al 10 gennaio 2016, restando aperta tutti i giorni (ad eccezione del lunedì). Nell’occasione è stata inoltre presentata ufficialmente la pubblicazione curata da Giuseppe Merlini, intitolata “la ròte e la rète”. La pubblicazione, realizzata nell’ambito del progetto “Museumcultour”, cofinanziato dal programma di cooperazione transfrontaliera Ipa Adriatico (Ente Capofila Provincia di Ascoli Piceno).

 

 

 Volpini Gli Spagaroli I

 

LUGLIO 1954 VOLPINI CON GLI SPAGAROLI

di Gastone Mosci

 

Da un caldo giorno del luglio 1954 ad oggi sono passati sessant’anni. Valerio Volpini andò a San Benedetto del Tronto per una inchiesta sugli spagaroli, un settore produttivo marinaro nell’ambito della canapa, della ruota, della corda, della rete di uomini, donne e bambini e ragazzi, 400 ruote, 2 mila lavoranti. Bisognava sapere come si lavorava, quali erano i problemi, come viveva la gente, cosa pensare di quel mondo. Scrisse un saggio memorabile per la rivista “Comunità” di Adriano Olivetti, un industriale che voleva cambiare la società degli imprenditori e dei lavoratori con il movimento comunità. Volpini aveva con sé la sua Voigtlaender, vide la gente che lavorava e gli attrezzi di lavoro. Fece centinaia di foto. Sedici furono pubblicate a corredo dell’articolo nel fascicolo della rivista, le altre lasciate nell’archivio di casa. Seguirono poi altre inchieste e tante altre foto di Volpini che era amico di Mario Giacomelli. Pubblicò di nuovo quel saggio nel libro dei suoi cinquant’anni, “Fotoricordo e pagine marchigiane” (L’Astrogallo 1973). Un giorno di due anni fa, cercavo una pubblicazione per il 70° della Liberazione a casa Volpini, chiesi a Giovanni, il figlio di Valerio che solitamente lavora e vive al Cern di Ginevra, dove fossero i fascicoli della rivista “Comunità”. Giovanni li trovò insieme ad uno scatolone di negativi con la vecchia macchina fotografica. Lo scienziato del Cern fece il resto della ricerca. Da parte mia, qualche tempo dopo, proposi di pubblicare nella rivista del Circolo Culturale Riviera delle Palme il testo di Volpini con una mia introduzione. Nell’agosto 2014 uscì tutto il servizio con le foto allora selezionate, che riproduciamo.

L’interessamento nobile di Guerino Di Berardino è stato già narrato. Il Catalogo, curato da Peppino Merlini, è bellissimo. Il grafico Gigi Anelli ha lavorato molto bene. L’idea di Merlini della rilegatura con un filo di canapa è un atto di omaggio ai lavoranti di sessant’anni fa e a tutta la categoria degli spagaroli. Le foto sono opera di uno scrittore e intellettuale, Valerio Volpini, uomo di grande umanità, e narrano quelle esistenze, quei gesti di un lavoro duro e silenzioso, che però fa pensare. Saggio e foto sono un contributo originale, una documentazione, un materiale di qualità – ha detto lo storico Gino Troli – che per gli anni cinquanta, mancava nella documentazione del Museo. Il tutto veniva presentato in un luogo affascinante, il museo della marineria sambenedettese.

Gastone Mosci

 

IL VOLTO DI SAN BENEDETTO DEL TRONTO NEGLI ANNI ’50
VALERIO VOLPINI FRA LA RIVISTA COMUNITA’ E LE EDIZIONI L’ASTROGALLO SUGLI SPAGAROLI DI SAN BENEDETTO DEL TRONTO

di Gastone Mosci

 

Con il saggio di Valerio Volpini (1923-2000) sugli spagaroli sambenedettesi del 1954 si entra in uno degli aspetti dell’economia che dialoga con il mondo marinaro e la pesca, la lavorazione della canapa: Volpini legge quegli eventi con l’animo dello scrittore e con il rigore dell’intellettuale che analizza il contesto e vuole fare proposte. Questo intervento che appartiene alla cultura del lavoro ed al capitolo giornalistico dell’inchiesta, coinvolge lo scrittore al punto che l’autore procede in modo disinvolto su un doppio binario: da una parte presenta il lavoro degli spagaroli in modo tecnico e documentato, dall’altra compie un efficace procedimento linguistico soffermandosi sui vocaboli della tessitura della canapa – realizza in effetti un suggestivo lessico della ruota – per possedere quel contesto, quattrocento ruote, duemila lavoratori, molti operosi alla foce dell’Albula. Volpini veniva da Fano, il secondo porto marchigiano per la pesca, il suo mondo quotidiano, la patria dello scrittore Giulio Grimaldi (8 gennaio 1873-2 agosto 1910), autore della “Maria risorta” (1908), il romanzo marinaresco dell’Adriatico.

La ragione di questo studio che non è soltanto un lavoro letterario ma anche un ingresso nel contesto economico-sindacale ben misurato e dai risvolti civili pertinenti, è dovuta al fatto che negli anni cinquanta Volpini si è dedicato a vari studi e inchieste sulla cultura, sul lavoro e sul costume sociale nella rivista di Adriano Olivetti, “Comunità”, che rappresentava un luogo di ricerca politico-culturale. A questa rivista, centro culturale, casa editrice, fabbrica di sperimentazione tecnologica fra Ivrea e Milano aderivano scrittori e intellettuali, impegnati nell’azienda-comunità di Olivetti, in auge negli anni trenta-cinquanta del Novecento, e indirizzata verso il pensiero comunitario del personalismo di Jacques Maritain e di Emmanuel Mounier, di un socialismo umanitario al di fuori dell’ideologia collettivista e del liberalismo borghese. Il lungo articolo uscì nel fascicolo n. 27, Ottobre 1954 (a. VII, pp. 30-4). E’ da segnalare il Volpini critico letterario di quel periodo: pubblicò due antologia poetiche di notevole riferimento critico: “Antologia della poesia religiosa italiana contemporanea” (1952) e “Antologia poetica della Resistenza italiana” (1955), questa insieme a Elio Filippo Accrocca, e con i più quotati poeti e artisti dell’epoca. Il testo di “Comunità” è corredato di sedici sorprendenti fotografie realizzate da Volpini nei luoghi di lavoro degli spagaroli.
Per i suoi cinquant’anni Volpini pubblicò nelle Edizioni L’Astrogallo, dirette da Carlo Antognini, un bellissimo “libro d’artista” con le incisioni di Arnoldo Ciarrocchi, “Fotoricordo e pagine marchigiane” (1973). L’antologia di prose e articoli raccoglie alcuni testi creativi giovanili del suo mondo contadino, la rete dei rapporti con gli scrittori e gli artisti marchigiani, gli incontri con le città dell’anima ed anche il saggio su quel mondo sambenedettese per realizzare il libro del costume culturale e della civiltà dei marchigiani, ricordi e umorismo, ironia e personaggi, spiritualità e paesaggi con la famosa “Lettera al dinamitardo”, un gioco di fantapolitica.

Cos’era “Comunità”? La rivista bimestrale del Movimento Comunità, in 4°, p. 78 e XX, fondata nel 1948, alla quale collaboravano gli intellettuali che lavoravano alla Olivetti e giovani autori con esperienze internazionali. Il direttore era Adriano Olivetti, il grande imprenditore sempre aggiornato con i suoi articoli di società e politica, redattore Enzo Zorzi e grafico Egidio Bonfante. Volpini vi ha collaborato con una decina di inchieste. Nel fascicolo in questione vi è in copertina la foto di un’opera di teatro a Venezia, che ricorre spesso come una capitale culturale; seguono il fondo di Olivetti su “Perché si pianifica?” e le quattro sezioni, che rivelano l’attenzione per la nuova cultura e i vari collaboratori: politica, rapporti sociali e inchieste (insieme a Volpini, Carlo Cassola su Livorno, Aldo Garosci sulla politica di Einaudi, Riccardo Musatti sull’emigrazione contadina); architettura e urbanistica (Carlo Doglio sulla X Triennale, Mario Labò e Paolo A. Chessa su cosa pensano i giovani architetti); letteratura e psicologia (Elio Chinol sull’intellettuale, Franco Fortini su Mario Luzi, Cesare A Musatti sui bambini e il cinema);arti figurative e cinema (Giulio Carlo Argan sul realismo di Courbet, Maurizio Calvesi sulla pittura italiana dell’Ottocento, Giorgio Pullini sul teatro a Venezia. Nella rivista i temi sono quasi sempre monografici ed i collaboratori si alternano; troviamo Paolo Volponi, Libero Bigiaretti, Alberto Moravia, Franco Ferrarotti, Rosario Assunto, Fernaldo Di Giammatteo e tanti altri. L’idea generale parla di crisi: la nuova architettura è in crisi perché non riesce a cogliere la modernità e la nuova città; il cinema è in crisi perché perso negli individualismi e nel gioco fra neorealismo e engagement, campo sociale e personaggio, ma funziona un podio con Visconti, Rossellini, De Sica, Zavattini; gli intellettuali sono in crisi perché chiedono ma i partiti non rispondono, sono ancora vecchi. In Francia invece prendono a modello Rossellini e individuano le proposte, gli oggetti, le icone e fanno cose nuove, senza tante recriminazioni.

 

 

APPENDICE (in “Riviera delle Palme”, 3-4, Maggio-Agosto 2014, p. 9.)

La parte iniziale dell’inchiesta, la prima colonna della rivista, non è stata riportata da Volpini nel suo libro rivolto agli “spagaroli” pubblicato in “Fotoricordo e pagine marchigiane” (L’Astrogallo 1973), in quanto ha un taglio storico e politico, che invece è importante recuperare perché illumina la situazione articolata e operosa della città in quel contesto di grande sviluppo economico nel secondo dopoguerra, di S. Benedetto la città più intraprendente dell’ascolano. Ma restava aperto il problema, sollevato da Volpini, di una città nuova, “senza una tradizione culturale”, tema molto caro al preside Giuseppe Lupi (1923 – 2009), animatore di tante iniziative culturali – le più rilevanti che la città abbia registrato – per poter coinvolgere l’associazionismo e le istituzioni culturali in un volto nuovo della comunità cittadina. Mezzo secolo di impegno culturale e di cultura della politica, attivato da Lupi e dai suoi amici presidi, può essere avvicinato allo spirito del Movimento Comuntà di Adriano Olivetti. Troviamo un immediato riscontro nel lavoro del Circolo Culturale Riviera delle Palme, nel Premio del libro tascabile (1984) poi Premio per la Saggistica e la Narrativa in edizione economica, nella rivista di informazione e cultura “Riviera delle Palme” (1986), nel ricco materiale editoriale e mediatico prodotto ad ogni iniziativa, compresi il festival internazionale della poesia di luglio, l’università della terza età. I sottotitoli sono redazionali. Il progetto culturale di Giuseppe Lupi continua.

Gastone Mosci

 

 

GLI SPAGAROLI DI SAN BENEDETTO DEL TRONTO

di Valerio Volpini

 

 

Volpini Gli Spagaroli II

 

San Benedetto del Tronto, sulla costa adriatica ad una sessantina di chilometri prima di Pescara, appartiene, per quanto proprio sul confine, alle Marche; mentre come ambiente costume e lingua può considerarsi abruzzese. Sviluppata di recente, come molte altre cittadine della costa, tende ad ingrandirsi anche per la notevole immigrazione dai centri dell’interno perché, senza disoccupazione o quasi, può offrire una relativa possibilità di lavoro nelle varie industrie. Ha infatti la prima flottiglia peschereccia dell’Adriatico, un notevolissimo mercato ortofrutticolo (con annessa industria per la conservazione degli alimentari), la lavorazione degli imballaggi e la lavorazione della canapa. S’è parlato spesso della città, in questi ultimi anni, perché molti pescherecci della sua flottiglia hanno subito il sequestro da parte della marina jugoslava; sequestri a volta drammatici che dicono il rischio dei pescatori che hanno scali particolarmente attrezzati per la pesca d’alto mare e verso l’altra sponda.

Senza una tradizione culturale, ha le caratteristiche di un paese di provincia; laboriosa e di costumi severi ha una spiccata passione sportiva tanto che la sua squadra di calcio è la prima della regione ed armatori e commercianti si fanno un dovere sostenerla finanziariamente. Di schietta tradizione e di pratica religiosa ha recentemente sentito l’influsso del protestantesimo con varie conversioni alla setta dei “Pentecostali”, che ha la sua centrale nella città abruzzese di Chieti e a quella degli “Avventisti”; c’è poi un gruppo non bene qualificato di “Cenacolisti”, per opera di alcuni sacerdoti, con spirito tendenzialmente antigerarchico e comunitario; costoro svolgono attività varie soprattutto per mezzo dell’asilo “santa Gemma Galgani” e si appoggiano, come i protestanti, ai partiti di estrema sinistra che sono nella città i più forti e che per pochi voti, tengono l’amministrazione del Comune. La moralità è alta e son poco frequentati i caffè e le pochissime osterie e al di fuori dei mesi estivi, in cui c’è un notevole numero di ospiti, si conduce una vita tutta di lavoro, vissuta nel nucleo familiare con al più la partita di calcio domenicale o il cinema.

Politicamente si distingue in maniera assai elementare; la forte presenza operaia dà il primato ai socialcomunisti, mentre quasi assente il centrismo laico, la Democrazia Cristiana raccoglie tutto il centro democratico e la destra dei commercianti, dei proprietari e degli armatori si esprime nella discreta percentuale di voti che raccoglie il neofascismo.

 

 

Gli spagaroli nel ’50

 

La lavorazione della canapa a San Benedetto del Tronto risale lontano nel tempo e non se ne possono precisare le origini, del resto il modo è così semplice e primitivo che potrebbe magari risalire ai secoli precedenti, ai primordi della civiltà marittima della costa adriatica. Parallela alla pesca ne subisce anche le alternative; tutto lo spago prodotto serve esclusivamente per le reti ed anche le corde servono per lo più ad usi marini. Fra “canapini”, “spagaroli”, “cordai” e “retaie”, cioè coloro che pettinano la canapa, fanno gli spaghi, le corde e le reti, ci sono un duemila lavoratori.

Anche solo a passare per la città si ha subito la prova di quanto sia diffusa questa attività; quasi per ogni via s’incontrano le retaie, che insieme o isolate, fanno la rete; ovunque ci sia uno spazio sufficiente, soprattutto nella periferia, verso la stazione o al mare o lungo gli argini del torrente Albula, s’incontrano le ruote e i “rastelli” degli spagaroli e le ruote grosse e catramate dei cordai.

 

 

Luglio 1954 a San Benedetto del Tronto

 

Io ci sono arrivato verso le dieci, in una estenuante giornata di luglio; andai subito dagli spagaroli fra stazione e campo sportivo, vicino al mare; lo conoscevo perché si vede passando in treno. Il sole cominciava a picchiare forte ed il luogo arido, senza un albero, coperto qua e là di erbacce secche, faceva sentire ancora di più il caldo. Gli spagaroli lavoravano già da molte ore, a capo scoperto o col cappello di paglia, in canottiera, andavano avanti e indietro filando. Le ruote sono all’ombra di qualche telo di sacco, sostenuto da quattro pali di legno, che ripara dal sole iol ragazzo che le gira; accanto le cose poche necessarie al lavoro: un cesto con la canapa pettinata, qualche straccio per bagnare lo spago, “naspo” e “naspette”, un recipiente o un fiasco per l’acqua, qualche pietra per sedere nei brevi momenti della colazione e, quasi dovunque, una gabbietta con un verdone o un lucherino, un cardellino o una gazza nera che addomesticata gironzola intorno. Attorno a questa specie di attendamento, che un colpo di vento potrebbe abbattere, si svolge gran parte della vita dello spagarolo e di coloro che l’aiutano; infatti dall’alba, “da appena si fa giorno a fino a quando ci si vede”, si resta nel luogo del lavoro compreso il tempo per mangiare un boccone e fare una fumata.

 

 

Lo spagarolo e la ruota, duemila lavoratori

 

La ruota è lo strumento del lavoro; a San Benedetto del Tronto ce ne sono circa quattrocento (ma il computo è molto approssimativo, nessuno ha mai fatto un censimento preciso). Potrebbe essere il simbolo di una fatica che di generazione in generazione si compie instancabilmente senza che nessuna innovazione venga a renderla meno pesante, senza che il progresso venga a a portare qualcosa di nuovo per farla più umana. Strumento sempre uguale da quando è stato creato, solo qualche volta, rarissimamente, è montata su sfere che la rendono più scorrevole. Con la ruota s’imprime un movimento velocissimo a delle “girelle” (piccoli cilindri scanalati, della misura di un anello) applicate ad un paletto vicino alla ruota; ad una di queste girelle si applica il capo dello spago quando si fila.

Lo spagarolo ha, davanti, sulla cintola, una grossa matassa di canapa; con la destra, alimentandosi dalla matassa stessa, fila, facendo passare lo spago appena ottenuto nella sinistra ove stringe uno straccio bagnato che insieme all’attorcigliamento prodotto dal movimento della “girella” lo rende più coerente. Rivolto alla ruota cammina all’indietro lentamente man mano che lo spago si forma, percorrendo così una trentina di metri, cioè la lunghezza consueta dello spago; con un grido sottovoce avverte il ragazzo che gira la ruota di fermarla e staccare. L’operazione riprende e si ripete centinaia di volte.

 

 

Un lavoro faticoso di 14-15 ore al giorno

 

Può sembrare un lavoro facile e leggero ma non lo è; occorre una continua attenzione per poter alimentare in maniera costante e far sì che lo spago prodotto sia omogeneo, poi solo il fatto di restare in piedi, camminare all’indietro e curvi lo rende sfibrante. Si è calcolato che gli spagaroli percorrono giornalmente dai venticinque ai trenta chilometri; metà del cammino, poi, viene fatto a ritroso.

Lo spagarolo oltre alla filatura compie anche la “commettitura”; si tratta di attorcigliare due o tre spaghi insieme per farne uno più grosso, necessario per un certo genere di reti; si legano i capi alle girelle e poi sempre con il movimento di queste e camminando con in mano il “naspo” (una sorta di trottola scanalata che serve a far convergere i fili nel punto dell’attorcigliamento) si compie l’operazione. S’è detto che la giornata lavorativa è lunga come la luce del giorno; di primavera e d’estate è di 14-15 ore ed in questo tempo di filano 7 o 8 kg di spago (dipende dalla grossezza dello spago) e con il “cottimo” realizzando 200 lire al kg si ha un guadagno giornaliero di 1400-1600 lire da cui però si deve detrarre la paga per il ragazzino che gira la ruota, a cui si dà, in genere, sulle 3-400 lire. Spesso il ragazzo è di famiglia: figlio o nipote; e padre e figlio, nonno e nipote ed anche madre e figlio ho visto lavorare alla stessa ruota. Lungo gli argini dell’Albula, ove sono in gran numero gli spagaroli, ne incontrai anche di molto anziani; “settantadue anni, ed eccomi ancora qui”; magro e curvo pareva si muovesse a fatica; gli altri mi pregarono di fotografarli e ripetevano scuotendo il capo, “settantadue anni, settantadue anni”, come se volessero farmi capire un rimprovero. Alle donne che aiutano sono lasciate per lo più le operazioni accessorie: bagnare lo spago filato, stenderlo, lucidarlo ed infine raccoglierlo nelle naspette per farne matasse; ma ne ho viste diverse filare e commettere.

 

 

Il lavoro dei ragazzi: uno sfruttamento

 

La durezza del lavoro è nell’orario che supera ogni limite di resistenza e credo possa essere definito, senza timore di sembrare demagogici, disumano; “alla sera come arriviamo sul letto ci addormentiamo”, mi hanno detto e non se ne può dubitare davvero! Lo scandalo grosso – e proprio non so trovare altra parola – è dato dal lavoro dei bambini, e dei ragazzi; a girare la ruota, come ho accennato, sono quasi sempre ragazzini dai dieci ai tredici anni; ma ne ho incontrati moltissimi anche di età inferiore, sette-otto anni; e persino bambine pressappoco di queste età. Ci fa orrore il ricordo del lavoro dei minorenni nelle miniere e nei filatoi durante la prima metà dell’Ottocento; qui, con la ruota, si ripete qualcosa del genere!
Non dico che avvenga lo stesso logoramento fisico e che si giunga agli stessi eccessi, ma è chiaro che gran parte di questi ragazzi o bambini lavorando per tutto l’orario esagerato degli spagaroli, compiono uno sforzo troppo superiore alle loro forze ed uno snaturamento psichico che non potrà non essere senza conseguenze. Durante il periodo scolastico ce ne sono di quelli che lavorano per due o tre ore prima delle lezioni; figuriamoci quale sarà poi il loro rendimento! Al ritorno dalla scuola si attaccano alla ruota fino a sera. Sovente diventano tanto indispensabili alla famiglia che lasciano la scuola senza terminare neppure le elementari.

Quei bambini che mi guardavano sorridendo quando li fotografavo, che non possono spendere come tutti gli altri coetanei la loro giornata nella libertà del giuoco e della compagnia, mi stringevano il cuore; la loro condizione è forse peggio della stessa miseria; a loro è tolto qualcosa che nessuno potrà poi restituire! Compiono il lavoro distaccati e gravi; ne ho visto qualcuno reggere con la mano libera un albo di fumetti, attenti all’ordine dello spagarolo di fermare e staccare.

 

 

Lavoro a cottimo e lavoro nero, 8-9 anni dalla fine della guerra

 

A San Benedetto del Tronto ripetono tutti, con cordiale partecipazione, che è una vergogna da far cessare; si ha veramente coscienza della gravità della questione ma non forza per trovare un rimedio. Gli spagaroli lavorano, come s’è detto, a cottimo e per quello che guadagnano non possono spendere di più per chi gira la ruota ed è chiaro che un adulto non potrebbe mai lavorare per le poche centinaia di lire giornaliere. Né gli Uffici del Lavoro, né la Previdenza Sociale, né le autorità scolastiche possono in pratica fare qualcosa; strappare il bambino o la ragazzina dalla ruota significherebbe fermarla, rendere impossibile una produzione. Non si pensi che si tratti solo di una costrizione senza fatica perché se spingere la ruota è leggero per un po’, quando si fila per ore e ore finisce per diventare pesantissimo specie poi quando si “commette” lo spago a causa dell’attrito dato nell’attorcigliamento.

Abolire la ruota è la meta a cui tendono i sindacalisti, gli unici che si battono per gli spagaroli, troppo scettici e sfiduciati perché possano muoversi da soli. Uno di questi sindacalisti – Leonetti della Cisl, un uomo serio che parla con molta previsione e passione del problema – mi ha riferito che un artigiano locale ha costruito con propri mezzi limitati una macchina (grande come una macchina da cucire) che potrebbe sostituire la ruota e risparmiare allo spagarolo di camminare e stare in piedi.

 

 

I sindacati: migliorare le tecniche e le condizioni di lavoro

 

Si potrebbe filare e commettere restando seduti e non sarebbe necessario neppure lo spazio tanto che si potrebbe lavorare al coperto, anche dentro casa, facendo funzionare la macchina stessa con un motorino elettrico da mezzo HP. E’ chiaro che questa risolverebbe i tre più gravi problemi: abolire il lavoro dei ragazzi, offrire una posizione comoda e non far camminare lo spagarolo, dare la possibilità di lavorare tutti i giorni dell’anno (ora invece si può calcolare solo su un totale di otto-nove mesi, lasciando il resto delle giornate a quelle di pioggia, di nebbia e di freddo intenso). Il lavoro compiuto resterebbe sempre fatto “a mano” perché affidato ancora unicamente all’abilità del lavorante.
La macchina, che aumenta la produzione di circa il 10%, è stata provata anche in presenza di funzionari dell’Ente Canapa e ha dato risultati ottimi. Da parte degli spagaroli c’è un po’ di scetticismo e di diffidenza; si teme possa portare disoccupazione ma non si tiene conto che la richiesta del manufatto è sempre molto alta anche da parte di paesi stranieri che hanno una forte industria peschereccia, quali la Tunisia e la Grecia, l’Egitto e l’Algeria, la Svezia e la Norvegia; quindi ci sarebbe la possibilità, oltre tutto, anche di abbreviare la giornata lavorativa senza diminuire il guadagno.

 

 

Le ricerche di Leonetti

 

Leonetti mi ha fatto leggere anche un suo breve scritto pubblicato sulla pagina provinciale di un quotidiano della regione, in cui cerca di spiegare la necessità di orientarsi verso la meccanizzazione se non si vuole far morire la lavorazione della canapa, Per questo scopo ha costituito una cooperativa, “Libertà e lavoro”, che per ora raccoglie una quindicina di “ruote”. Formata da ex combattenti attende i fondi, un milione e mezzo, promessi dal Sottosegretario al Lavoro per comperare le prime macchine. Leonetti brontola perché il finanziamento si fa attendere: “mi era stato assicurato che in due settimane avrei avuto tutto! Sono passati più di tre mesi e ancora non so nulla di nulla”. Con il funzionamento della cooperativa si avrebbe anche la possibilità di far godere agli associati di tutte le assicurazioni sociali anche calcolando su un massimale ridotto: potrebbe essere il seme e l’esempio, e dal risultato di questa altre ne potrebbero sorgere sino a capovolgere la situazione.
C’è operante una cooperativa della Cgil, anche questa di una quindicina di ruote, che ha la sua diretta assegnazione di canapa e che vende direttamente lo spago senza passare attraverso gli industriali.

 

 

La lavorazione della canapa ed i rapporti con gli industriali

 

Il periodo più brutto per gli spagaroli s’è avuto tre anni fa; gli industriali locali avevano i magazzini pieni di spago e non riuscivano a venderlo perché si era fatta sentire la concorrenza delle “spagarole” di Napoli: queste donne filano due capi per volta, uno per mano, “chissà con quale inveterata segreta abilità di prestigiatori”. Possono in tal maniera raddoppiare, o quasi, la produzione ed in più, essendo incredibilmente sfruttate dagli industriali, che facevano i prezzi, sul mercato c’era un prodotto il cui costo era assai inferiore a quello a quello filato a San Benedetto del Tronto. Intervennero le autorità governative per quello che era lo sfruttamento delle spagarole e gli aumenti di cottimo costrinsero gli industriali napoletani ad aumentare il prezzo; poi la crisi fu definitivamente risolta quando i pescatori si accorsero che le reti fatte con lo spago napoletano, anche se più economiche, erano meno resistenti di quelle fatte con lo spago sambenedettese.

 

 

La lotta sindacale dà ragione ai marchigiani

 

Tutti i lavoratori della canapa sono riuniti nella “lega tessile” dei vari sindacati (Cgil e Cisl) ma la coscienza sindacale degli spagaroli è piuttosto elementare ed in genere c’è diffidenza verso le organizzazioni che sino ad oggi non sono riuscite a far nulla mentre hanno dato sempre qualche vantaggio a tutte le altre categorie. La stessa condizione degli operai che lavorano a propria volontà rende difficile l’organizzazione. Politicamente tendono naturalmente a sinistra ma pochi sono i militanti.
Negli ultimi anni c’è stata anche una notevole agitazione: lo sciopero ebbe diverse riprese e l’ultima durò circa un mese; fu organizzata dalla Cgil una spettacolare “marcia della fame” sul capoluogo di provincia, Ascoli Piceno, per sollecitare l’intervento delle autorità; era in questione il problema della convenzione con l’Inam, ma non si ottenne di più di quanto non fosse già stato proposto dagli industriali in quanto i contributi assicurativi vennero pagati dagli ultimi in forma irrisoria lasciandone il peso maggiore agli spagaroli che recentemente, precisamente nel giugno del corrente anno, alle pretese di aumento dell’Inam, risposero col disdire la convenzione.

 

 

Laboratori con l’aria irrespirabile

 

Ho chiesto più volte quale fosse la richiesta per migliorare le condizioni del lavoro; “l’aumento del cottimo” è stato risposto invariabilmente; ma sorridono scettici come se la mia domanda avesse provocato una risposta ovvia e ingenua per l’impossibilità di ottenere qualche risultato.
La canapa è contingentata e viene quindi distribuita in quantità limitata. In parte è acquistata grezza e la “pettinatura” viene fatta da un centinaio di “canapini” che lavorano alle dirette dipendenze degli industriali. Questi operai, come tutti quelli dell’industria, hanno un normale orario e godono di tutte le assicurazioni e previdenze sociali. Lavoro del tutto antigienico perché battendo la canapa sul pettine si produce una polvere ed un movimento di lanugine che impregna e rende irrespirabile l’aria.

 

Il lavoro duro dei “cordai”

 

Entrando in un locale ove erano all’opera mi sono sentito venir meno il respiro; l’aria era letteralmente satura del pulviscolo appiccicato ovunque: sui muri e sulle cose, negli abiti e nei volti. Fa bruciare la gola sì che mette una continua sete; entra nei polmoni con effetti che si possono ben comprendere; infatti mi è stato detto che le malattie polmonari sono assai diffuse nella categoria. Mi risposero con voce stanca ed afona come se facessero una fatica enorme a dire qualcosa.
Anche i “cordai” lavorano per la massima parte, alle dirette dipendenze; si tratta di specializzati che possono far corde di tutte le misure, da quelle grosse come un mignolo a quelle come un palo del telefono, ma in genere la produzione si mantiene su alcune misure medie, quelle di particolare grossezza vengono fatte solo su ordinazione.
La confezione delle reti viene fatta di più di un migliaio di “retaie” che lavorano in casa negli intervalli delle occupazioni domestiche: si tratta di donne delle famiglie di pescatori e dei canapini che con le 4.500 lire giornaliere che riescono a guadagnare, contribuiscono al bilancio familiare.

 

 

Problemi: salvaguardia dei minori e tutela del lavoro femminile

 

E’ chiaro che per tutte costoro non c’è tempo che per il lavoro; e tutto il resto non esiste; forse per le più giovani qualche minuto di lettura del settimanale a fumetti!

“Canapini” “cordai” “retaie” costituiscono preparazione e completamento del lavoro degli spagaroli la cui condizione è la peggiore. Scandaloso poi il lavoro dei bambini e dei ragazzi che bruciano la loro età felice, delle bambine (siano pur poche) che non hanno bambola! Per quanto tempo ancora dovremo vederli, così serti, per la loro età, inchiodati alla ruota? Se qualcuno sta per muoversi chi può ne acceleri i tempi, perché lo scandalo è davvero troppo grande.

1954

Valerio Volpini

 

PREMIO NAZIONALE RIVIERA DELLE PALME

Per la saggistica e la narrativa in edizione economica

2015 XXXII EDIZIONE Prima fase

 

Finalisti della Saggistica

Sergio Rizzo, Da qui all’eternità, Feltrinelli
Masssimo Recalcati, L’Ora di lezione, Einaudi
Chiara Saraceno, Il lavoro non basta, Feltrinelli
Massimo Fini, Una vita, Marsilio
Maurizio Molinari, Il Califfato del Terrore, Rizzoli

 

Finalisti della narrativa

Diego De Silva, Mia Suocera beve, Einaudi
Mariapia Veladiano, Il Tempo è un Dio breve, Einaudi
Marco Missiroli, Atti osceni in luogo privato, Feltrinelli
Aldo Busi, Vacche amiche, Marsilio
Giulio Angione, Sulla faccia della terra, Il Maestrale

 

Il Presidente del Circolo Culturale Riviera delle Palme, Leo Bollettini, ha presentato le due cinquine finaliste. Sabato 26 settembre 2015, presso la sala consiliare del Comune, si concluderà la 32° Edizione del Premio Letterario Riviera delle Palme. Le cinquine si presentano molto interessanti ai circa 150 lettori che fanno parte di varie associazioni, dei turisti della Riviera, degli studenti delle Scuole Superiori. Votano anche i sei membri della giuria nazionale.

Il Circolo Culturale Riviera delle Palme è stato fondato nel 1983 dal Prof. Giuseppe Lupi. L’attività del Circolo ha preso le mosse dalla reazione ad un articolo pubblicato nel 1976 da Pietro Calabrese sulle pagine nazionali de Il Messaggero in cui si parlava di San Benedetto del Tronto e, più in generale, della riviera adriatica marchigiana meridionale, come area arida di cultura, un deserto culturale, come scrisse testualmente lo stesso Calabrese. Oggi, dopo oltre un trentennio, il Circolo continua a prodigarsi costantemente per la promozione e lo sviluppo culturale sul territorio marchigiano piceno, articolando la propria attività prevalentemente su quattro punti: la pubblicazione e la diffusione di una rivista di informazione e cultura, l’organizzazione del Premio Letterario Riviera delle Palme per la narrativa e per la saggistica in edizione economica, il Festival Internazionale della Poesia e la diffusione del Caffè Filosofico

 

XVIII FESTIVAL INTERNAZIONALE DELLA POESIA

direzione artistica di Maurizio Cucchi / 25-26 luglio 2015

Sabato 25 Luglio 2015 – ore 21.00

Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto
Intervalli Musicali curati da Pier Paolo Salvucci con l’intervento della soprano Annalisa di Ciccio, il contralto Roberta Sollazzo e il maestroGuido Alici al pianoforte.

 

Domenica 26 Luglio 2015 – ore 21.00

Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto
Intervalli Musicali curati da Pier Paolo Salvucci con l’intervento diMarco Poeta, accompagnati dal Jam Jez Trio, con Maurizio Celani(batteria), Sergio Frattari (basso elettrico) e Paolo Catone (pianoforte).

 

Domenica 26 Luglio 2015

Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto

Ore 18.15 – Poetry Slam

“PALAZZINA AZZURRA POETRY GRANDE SLAM”

direzione artistica di Max Ponte e Bruno Rullo

Il Circolo Culturale Riviera delle Palme e il Murazzi Poetry Slam di Torino, per la prima volta nelle Marche, organizzano insieme un Grande Slam di poesia, con la giuria popolare che premia gli sfidanti poeti, tramite alzata di mano, fino decretare il vincitore finale.
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Molte novità dal Circolo Riviera delle Palme di San Benedetto del Tronto. Sabato 20 giugno 2015 inaugurazione della Mostra di 101 fotografie di Valerio Volpini, anno 1954, inchiesta su “Gli spagaroli di San Benedetto del Tronto”, pubblicata nella rivista “Comunità”, ottobre 1954, diretta da Adriano Olivetti, esposizione aperta fino al 10 gennaio 2016, presso il Museo del Mare. Valerio Volpini, fotografo, una attività culturale dimenticata e sconosciuta, una novità assoluta di un testimone del Novecento. Si è messa in movimento la XXXII Edizione del Premio Letterario Riviera delle Palme, già Premio del Tascabile rivolto al libro economico. Sono uscite le cinquine per la saggistica e per la narrativa. Gli autori saranno votati da una vasta giuria di circa 150 persone. Premiazione sabato pomeriggio 26 settembre di un saggista e di un narratore, sempre molto interessanti. Sabato 26 e Domenica 27 Luglio prenderà il via, alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto, il 18° Festival Internazionale della Poesia con Maurizio Cucchi alla direzione artistica, dopo una pausa di tre anni. Organizzazione Circolo Culturale Riviera delle Palme. Seguono note e interventi, compreso il saggio di Volpini sugli spagaroli di SBT.