Sta riscuotendo grande successo “El Vulòn: dal pupo alla maschera”, la mostra dedicata alla maschera ufficiale del Carnevale di Fano che sarà visitabile fino al 25 luglio tutti i giorni dalle 21 alle 23, nello spazio espositivo Pagani di Palazzo Bracci Pagani della Fondazione Cassa di Risparmio di Fano.
L’esposizione, ad ingresso libero, è curata da Raffaella Manna con la collaborazione di Carlo Bruscia, Silvano Clappis e Giulio Marcucci, e vuole rendere omaggio alla figura del Vulòn che è diventata il simbolo ufficiale del Carnevale di Fano.
El Vulón è la maschera ufficiale del carnevale di Fano. Nasce nel 1951 dalla matita del poliedrico artista Melchiorre (Rino) Fucci (Fano 1893 – Fano 1972), formatosi all’Accademia di Belle Arti ad Urbino e all’Accademia del Nudo a Roma, il quale partecipa fervidamente alla vita della Capitale, passando dagli Studi di Cinecittà al Laboratorio di restauro del Vaticano, dalle Officine grafiche alle mostre sindacali. Fu pure vice-presidente dell’Ente Carnevalesca.
Fucci intuì la necessità di dotare l’antica manifestazione fanese di una vera e propria maschera-simbolo al pari delle più famose ed illustri maschere italiane.
Il termine Vulón, che in dialetto fanese significa persona boriosa, vanitosa, superba e gradassa, sembra avere origini francesi. Si usa far risalire l’espressione alla frase “Nous voulons”, utilizzata arrogantemente dai banditori pubblici quando declamavano leggi e decreti del governo napoleonico. Proclami di cui non esiste alcun documento certo, ma ai fanesi è sempre piaciuta questa immaginosa storia.
Da questi caratteri deteriori dei fanesi Fucci nel 1951 schizza, progetta, e infine crea la maschera del Vulón, una sorta di menestrello spavaldo, rutilante e buffone, metà Don Rodrigo e metà Barone di Munchhausen.
Leggenda vuole che la fantasia dell’artista sia stata solleticata dalla scoperta di un antico documento in volgare del ‘600, avvenuta proprio nel 1951, dove il cronista dell’epoca narra di un bizzarro personaggio armato di doga, corazza d’acciaio, schinieri, cosciali etruschi e una mandola greca all’omero, che proprio nei giorni di carnevale era entrato nel porto di Fano con una nave, reduce da misteriosi viaggi in Oriente. Accerchiato dalla folla, l’ignoto forestiero aveva scaricato con frenesia bauli sovraccarichi di argento, oro, preziose mercanzie, variopinti confetti e gustose leccornie. La folla meravigliata da cotanta abbondanza gli chiese: “Lo tuo nome!” e quello rispose: “Niun mai lo seppe, ma poiché m’avete fatto vostro, ecco, Volone mi chiamo!”. E la folla in coro gridò: “Viva Vulon!”
Fucci concretizzò il racconto ideando un Vulón con in testa un alto cilindro, il monocolo all’occhio sinistro, mentre il destro girava d’intorno furbesco, due baffoni, il pizzetto, il naso adunco e un sorriso beffardo. Addosso un farsetto bianco e rosso, sulle spalle un mantello di piume di pavone, i calzoni a paggetto, la calzamaglia, uno stivale con sperone e un gambale di bronzo etrusco. Coronava il tutto uno spadone alla cintura e una mandola d’ispirazione greca.
Col passare degli anni il Vulón ha indossato diverse vesti, in base al personaggio di moda del momento, per poi identificarsi con un fantoccio denominato Pupo, che per tradizione viene ancora cremato. Diverse poesie in vernacolo fanese gli sono state dedicate da poeti negli anni.
Dal 2019 il Vulón di Fucci è entrato a far parte del registro del Centro di Coordinamento Nazionale delle Maschere Italiane, ideato dalla Regione Emilia Romagna. Un centro nato con l’obiettivo di far conoscere al grande pubblico il rilevante patrimonio costituito dalle maschere allegoriche italiane.