zeno fortini

Barchi, 22 aprile 2016: Zeno Fortini La poesia? Un sospiro d’amore

in Lettere e Teatro

 

Quaderni di Vivarte

Gastone Mosci

Zeno Fortini

La poesia?

Un sospiro d’amore

ViVarte
Aprile 2016

 

COME NASCE UN POETA

di Gastone Mosci

Settant’anni di vita, cinquant’anni di poesia e di sospiri e invocazioni, Zeno Fortini è nella pleiade dei grandi poeti urbinati che abbiamo conosciuto e che ci hanno lasciati: Paolo Volponi, Valerio Volpini, Ercole Bellucci, Egidio Mengacci, Silvano Ceccarini. Lo ricordo nella sua identità urbinate: la sua formazione poetica si determina e si sviluppa nel contesto amicale che promuove la rivista “Ad Libitum” nel 1966/69 con Gualtiero De Santi, Luciano Fabi, Umberto Piersanti, Vitaliano Angelini e Floriano De Santi.
Fu un luogo di poesia e di politica, di approfondimento letterario e di indagine filosofica. L’orizzonte era il Sessantotto nelle sue espressioni giovanili e di progettualità editoriale. La poesia era legata all’arte, l’Università dialogava con la Scuola del Libro: il mondo culturale cercava la “immaginazione al potere” e una vena di “utopia” politica attraversava l’orizzonte del pensiero e della operosità quotidiana. L’insieme cittadino e universitario partecipò alla comprensione di un evento nuovo: la contestazione, il suo evolversi verso forme di lotta di egemonia culturale e di indirizzo politico-civile. Zeno Fortini viveva quel contesto con l’animo turbato di chi non credeva ad un livellamento del discorso politico in lotta di classe e di contrapposizione ideologica. Era per un pluralismo articolato con la creatività, le varie culture del mondo sociale e il rispetto delle ragioni religiose.
Nel 1968 pubblicò “Paura di dire”, “Quaderno di Ad Libitum” n.3 con la presentazione di Luciano Fabi, una acquaforte di Arnaldo Battistoni, un libro d’arte, venti poesie, di apertura al paesaggio, prezioso nella sua confezione e canto d’una esistenza inquieta che cerca di dire le ragioni del suo “Non ho più nulla da raccontare”, ultima poesia e suo primo verso, una sofferenza lancinante in una canzone di silenzio e di fatica. Non più canzone, Canto, ma riduzione a ritornello di “un commediante che recita senz’anima”. Il canto di Zeno è acuto, vivissimo, spietato: dove andiamo? cosa fare? resistono, e procedere con “parole rotte”, con un ritornello di slogan, di arbusti al vento, ma pur sempre una poesia-dramma per salvare la città. La poesia forse non basta: un poeta vede lontano e nel suo dire pone segni di distruzione e speranza di rinascita. Questa poesia è il suo volto, il discorso profondo, reale, inquieto ma vero. In questa composizione vive lo schianto del dolore e l’invocazione aperta di una speranza visibile. La poesia di Zeno Fortini è nuova, inascoltata, non amata, lasciata ai margini, perché dinamite per le ragioni ed i sentimenti della vita. Nello stesso tempo di un timbro poetico imprevisto: amare la vita con le icone della quotidianità, con i nomi propri dell’agorà.

 

Un ponte di timidi incontri
ha condotto il tuo passo deserto
a inciampare sulla pubblica via.

 

Leggere questi testi poetici dopo più di quaranta anni, in un contesto sociale complesso, come oggi, segnato dalla distruzione spirituale e civile, è ben diverso dai movimenti studenteschi e culturali di un luogo di progettualità, che si opponeva alla società dei consumi, Le ragioni della nuova epoca e della speranza sono macigni, ma non hanno nulla a che vedere con una società nel delirio della ricchezza e della precarietà, della comunicazione e della sfiducia. La nostra è una situazione altra.
Il disimpegno porta un richiamo: attendere una “pace d’assenze”, di sogni che non si realizzano. Forse il sogno diventa marginale?, senza luce, fuori del segno della pace? L’invito di Fortini è anche per un canto sotterraneo: la poesia è sogno, dettato dal desiderio di catturare le immagini de “le sere di primavera”, le luci dell’Appennino, il vento, gli alberi, tutte le creature, tutti i suggerimenti di Volponi per la vita vera, l’idea di un canto generale. Ecco Fortini giovane è preso dalla città e dall’Appennino contadino, si rigenera nella notte, apre gli occhi, dice il suo canto. E’ un vero poeta.

2011-2016

(Ricordo di Zeno Fortini, Sala Consiglio Comunale, Collegio Raffaello, 4 dicembre 2011, interventi di Marilena Fortini, Gualtiero De Santi, M. Laura Ercolani, Vitaliano Angelini, Luciano Fabi, Maria Clara Muci, Maria Lenti, il vice-sindaco di Barchi Claudio Patregnani, e Gastone Mosci del quale pubblichiamo l’intervento.)

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  Raimondo Rossi, Zeno Fortini che sogna, disegno a penna,  cm. 17x11,da una foto di fine millennio, , Urbino, Aprile 2016.

LA POESIA? UN SOSPIRO D’AMORE

di Gastone Mosci

Sono più di quarant’anni che Zeno Fortini si dedica alla poesia, che è la sua quotidiana segreta visitatrice. La poesia è il simbolo della sua vita nella scrittura e nella costante fervida immaginazione creativa. La poesia è, dice Montale, ma per Fortini la poesia si mostra come un volto che si rinnova nei segni d’un’icona, che rappresenta la vita: è un viso d’angelo femminile, uno scorcio antico, un orologio, un passante, il sindaco, una piazza, la città. Ecco come la definisce:

Ma io ti ho conosciuta,
t’ho allevata,
ed ora sei
la padrona dei miei sogni
e se il sogno è vita
tu sei la signora
di ogni alito, di ogni gesto
anche se infimo e inconsulto.

(“Non sei più solo un nome”, giugno 2003)

La riflessione poetica di Fortini esprime un pensiero intenso e fondamentale, che riflette la sua esistenza come questo ininterrotto desiderio:

Fa’ che il mio cuore
torni a giocare monello

(“Malinconia del cuore”, novembre 2000)

In questo contesto sta la misura del suo sentimento della vita e del suo sguardo naturale: il legame con l’infanzia come luminosità e come innocenza, quasi un inarrestabile “sospiro d’amore”.

Al Fortini che s’incontra ogni giorno nel suo spazio vitale dei portici corti di Urbino va legato l’osservatore della natura, il cultore del mandorlo che è posto nel cuore della sua visionarietà poetica. Il nostro amico ha fatto la scelta del primo fiore dell’anno nuovo, del simbolo della freschezza e della sorpresa. In questa zona espressiva sta la sua dimensione spirituale e il suo desiderio di colloquio: un ritrovarsi ogni giorno a misurare un itinerario vitale fatto di persone e di cose. Con quale spirito? Fino a poco tempo fa, Zeno Fortini era un personaggio ritagliato nel nostro immaginario cittadino con un sorriso sospeso e uno sguardo ironico pesante, era il don Chisciotte urbinate, un cavaliere in cerca di ragioni di disputa, libero giudice delle nostre debolezze. Ora, è più pensieroso, più inquieto, con maggiore vitalità poetica, racconta di Mirella come di un sogno: è il simbolo della generazione dei sessantenni urbinati, ne rappresenta il senso della vita. Fortini è un uomo che porta la

testimonianza di una poesia che i suoi lettori capiscono ed amano. Una volta avrei detto che Zeno era una scommessa, un azzardo, ora direi che riesce a dar corpo ad un canto generale e a fare emergere la sincerità profonda della vita.

2005

(Gastone Mosci, Presentazione a Il sillogismo e la mirella, Urbino, Editrice Montefeltro, 2005.)

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ZENO FORTINI (Barchi, 8 settembre 1939 – Urbino, 29 novembre 2010)

Cinquant’anni di poesia, 8 libri di poesia e 2 di narrativa

Opere pubblicate
Paura di dire, Introduzione di Luciano Fabi, Incisione di Arnaldo Battistoni, Copertina e impaginazione di Floriano De Santi, Urbino, Quaderni di Ad Libitum 3, 1968.
La ripresa, Introduzione di Giancarlo Volpato (Fortini – L’esatta dimensione del lirismo), grafica di Sebastiano Saglimbeni e di Vitaliano Angelini coautore con Un uomo è un uomo, Verona, Edizioni del Paniere, 1980.
Io, Neno e la Leonarda, Presentazione di Floriano De Santi, con due illustrazioni di Walter Piacesi, Urbino, Edizioni Ca’ Spinello, 1984.
Fiore della notte, Precisazione dell’Autore, Presentazione di Floriano De Santi, Litografia di copertina di Giorgio Bompadre Il canto notturno n.2, L’Aquila, Edizioni dello Zirè, 1989.
14 racconti, Presentazione di Mario Narducci, Grafica di Francesco M. Narducci, Tavole fuori testo di Maria Giovanna Narducci, L’Aquila, Edizioni dello Zirè, 1992.
L’Italia in rima, Presentazione di Gastone Mosci, con “Rilievo 1997” di Giorgio Bompadre, 110 copie in proprio L’Asterisco, Urbino, “Voci della piazza”, 1997.
Lei, Presentazione di Gastone Mosci, in copertina “Lola” xilografia di Vitaliano Angelini, Casinina, Arti grafiche della Torre/ Il Torrione, 1998.
Canto inutile, (1968-1997), Prefazione di Gastone Mosci, Saggio introduttivo di Neuro Bonifazi, in copertina “Modulazioni” di Vitaliano Angelini, Arezzo, Edizioni Helicon, 1999.
Voci della piazza,Seconda parte de “L’Italia in rima”, Notizia dell’Autore, “La poesia comica di Zeno Fortini” di Francesco Colocci. Casinina, Il Torrione, 2001.
Zeno, il sillogismo e la mirella, Presentazione di Gastone Mosci, Introduzione di Maria Laura Ercolani, Una lettera di Giorgio Barberi Squarotti, Tavole fuori testo di Vitaliano Angelini, Urbino, Editrice Montefelttro, 2005.
(ga.mo.)

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ZENO FORTINI: LE PORTE DELL’UTOPIA

di Gastone Mosci

E’ un poeta Zeno Fortini? Ecco, vorrei sollevare qualche interrogativo. Certamente Fortini è un affabulatore. Ha il cuore ed il movimento dell’affabulatore. Ha necessità di incontrare persone e di raccontare storie, problemi quotidiani oppure fatti oppure situazioni particolari. Chi racconta, anche se si dedica alla poesia, si pone in un angolo privilegiato, osserva da un sito: Fortini opera nella piazza, è l’uomo della piazza, non il solo ma lì certamente fornisce le caratteristiche maggiori d’osservazione e di comprensione.
In difetto di poesia, vince la politica. L’affermazione potrebbe sembrare feroce. Dopo sei libri di poesia, dal 1968 ad oggi, Fortini continua il suo divertissement ed affronta il mondo: per questo lo deve interpretare e a suo modo lo deve restituire.
Zeno Fortini vuole proprio cambiare il mondo: è infaticabile nel cercare le ragioni delle azioni umane, anzi le guarda con occhio compiacente, ama le storie di vita. Ma non l’attività pubblica, non il lavoro dei pubblici amministratori, di chi ti rappresenta, di chi ha raccolto il consenso o il dissenso. La vita della città è una questione generale, una ragione etica: tocca il bene comune.
Non c’è sguardo bieco che tenga, né litania di lamentele, né sogghigno accattivante, né gesticolazione incontrollata: Zeno sempre più svela il segreto della sua interrogazione, apre le porte della sua utopia, vorrebbe compiere un’opera di sostituzione.
Nella sua raccolta, Voci della piazza. Seconda parte de L’Italia in rima (Casinina, Il Torrione, 2001), nega l’ordine costituito e concede udienza alla testimonianza dei singoli, alla quotidianità comune ma con l’occhio di chi va oltre il primo orizzonte. Ecco, pur in un’irruenza immediata, trasforma il tempo minore in una ricerca di luce, in storia profonda di movenze dell’uomo con il sole.

2001

(Zeno Fortini, Voci della piazza, Il Torrione, 2001 è stato presentato il 1° marzo 2001 per iniziativa di Urbino-Arte nel Collegio Raffaello da Francesco Colocci, M. Laura Ercolani e Gastone Mosci, del quale ecco l’intervento.)

 

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UNA VOCE DI GRANDE TENSIONE ETICA

di Gastone Mosci

Non riesco più a colloquiare con Zeno Fortini, non riesco ad intavolare un’ermeneutica di Canto inutile (1999). Pensavo di aver fatto i conti con il mio amico: nel dialogo di lettore a poeta per anni e anni, proprio nel segno della consapevolezza di indicativi momenti della sua poesia. Dico – in trent’anni di frequentazione – di una poesia delle ansie giovanili, delle domande sociali, degli itinerari amorosi, delle esaltazioni di Urbino, dei ricordi di Barchi, della società dei consumi e della politica invadente. Ebbene, ora il suo registro poetico sembra cambiare pianeta, è fedele ai richiami della sua storia antica, ma nello stesso tempo si arricchisce di segnali nuovi, ricrea atti visionari che ci appartengono, raggiunge una sua autonomia, tutte situazioni che vanno sotto la malia del quotidiano e della narrazione esaltante. Fortini è un poeta dei giorni brevi – una condizione poetica urbinate anni sessanta e settanta, pur di giorni di lotta e di abbandono -, ma con profonda tensione interiore e con slanci religiosi popolari. Con quest’opera voleva ricreare una silloge, invece – nel raccogliere il languore del canto, “l’amore di un istante” – gestisce una proposta passionale invasa dal desiderio di un canto generale inquieto, un po’ gridato, irritante, ma esplosivamente libero e autentico e amico per chi soffre la condizione della società dei consumi. Fortini non fa nessun calcolo ideologico: canta, gesticola la sua poesia, è folle, guarda la città, ma è anche una voce di grande tensione etica. Direi che Canto inutile è una piccola sinfonia, una scommessa, un libro da assaporare come un frutto di un giardino senza confini.

1999

(Gastone Mosci, Prefazione a Canto inutile di Zeno Fortini, Saggio introduttivo di Neuro Bonifazi, Arezzo, Edizioni Helicon, 1999.)

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COSA SONO LE DONNE

di Gastone Mosci

Storie di donne, storie d’amore: sta qui l’impresa letteraria di Zeno Fortini. Nove racconti costruiti con l’intensità del miraggio e con la freschezza dell’occhio fra il lusco e il brusco: avventure di ragazze, affabulazioni della piazza.
Invece i 14 racconti del 1992 erano storie di paese e di costume: la quotidianità nervosa ad un alto ritmo linguistico, serrato e persuasivo. Le narrazioni d’oggi sono invece pagine di desiderio, invenzioni del crepuscolo, conversazioni di esistenze giovanili in stato d’allarme verso ragazze con nomi propri e con la loro esplosiva femminilità ingenua di vita: Adriana, Francesca, Enrica, Costanza, Eleonora, la matadora sono anche le nostre visioni ed i nostri ricordi quotidiani. Oppure altre storie con un realismo di sconcerto (la nonna Tina, la signora Ortensia).
E la questione dell’amore? E’ dire della bellezza, della leggenda, del mito dei tradimenti, del sogno: quanto può nutrire la fantasia dello scrittore, vale a dire non l’idea del possesso del corpo e dello spirito, ma l’impazienza, l’attesa, il dialogo nel segno della partecipazione e della fiducia. In definitiva anche se la molla della riflessione dei personaggi maschili sta nel rovello dell’incontro e dell’amore, l’antologia espande altri segnali profondi: il valore dell’amicizia, l’esigenza di una civiltà del cuore, la festosità popolare.
Cosa sono le donne per Zeno Fortini? “Angeli sospesi”, creature in dialogo perenne, ammiccamenti e delusioni, corporeità e canto di gioia.
1998
(Zeno Fortini, Lei, Presentazione di Gastone Mosci, Casinina, Il Torrione, 1998.)

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IL POETA DELLA PIAZZA

di Gastone Mosci

A Urbino gli anni passano. Eppure Zeno Fortini è sempre più alla ribalta della piazza, è sempre più un soggetto pubblico, un poeta per il popolo. Se la piazza è per la gente urbinate, fusione di cittadini e studenti, Zeno è con la gente che sta all’ombra dell’orologio. E interpreta gli umori dei giorni e del palazzo, raccoglie notizie, osserva i passanti, dice la sua, sbruffa, se ne va. Nel suo ritiro di Mazzaferro organizza i suoi pomeriggi. Il tempo della scrittura lo diverte: la ricerca della parola, la rima, l’ironia, l’ingenuità costituiscono il suo linguaggio. Felicità e facilità del dire: però non scherza perché coglie sempre nel segno, è pronto a mettere a rischio la sua umanità, produce un pensiero comune. Direi che qui sta la sua intelligenza creativa in un’epoca un po’ malconcia.
Fortini sa guardare a fondo lo scorrere dei giorni e dei fatti, riesce a dare un tono caldo alle sue visioni, giunge a rappresentare con occhio magico il teatro della vita urbinate.
Zeno ama la città: potrebbe giungere a dire che la sua è anche una poesia politica, politica della piazza e degli amici, politica di spine. Al contrario, mi sembra poesia del sorriso, di chi si fa sentinella disarmata d’una civiltà.
1997
(Gastone Mosci, Presentazione a L’Italia in rima di Zeno Fortini, “Rilievo 1997” di Giorgio Bompadre, Urbino, “Voci della piazza” in proprio, 1997.)

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3 poeti: Cini, Angelini, Fortini

di Gastone Mosci

Da alcuni anni sono in voga, nelle piazze, le letture dei poeti, dei poeti cioè che dicono le loro poesie. Roma, Venezia, Milano, Genova, Urbino. Sono i centri che fanno di più in questo settore. Ma a Urbino il poeta Amato Cini sta al di fuori di
questa competizione: la sua poesia apocalittica è detta fra sé e sé, è continuamente riveduta, riaggiustata, ripercorsa nell’inseguimento del proprio io. Oggi, Amato Cini ripropone il meglio delle sue poesie in una raccolta, Notizie dal vento (Milano, Miano, 1979), che fa giustizia dei suoi precedenti cinque libri. Il corollario è sempre lo stesso: il vento, il deserto, il mistero, il difficile Dio. Ma la presentazione di Giorgio Bàrberi Squarotti indica una lettura diversa: la poesia di Amato Cini è tenuta sul “registro delle passioni” , è una “storia interiore”. Ecco, aggiungiamo, di tensione apocalittica ma anche d’accento sfuggente, in quella sua apertura agli impulsi del tempo e in quel disporsi nel cerchio del vento, quando accentua l’altalena dei ritmi fra il proprio io e il deserto che gli si allarga davanti.

 

Angelini

Per rimanere sempre nella città ducale vanno segnalati due attori che hanno pubblicato assieme le loro liriche nelle Edizioni del Paniere di Verona con la presentazione di Giancarlo Volpato. Vitaliano Angelini con Un uomo è un uomo e Zeno Fortini con La ripresa. Angelini è prima di tutto un incisore, cresciuto nella Scuola del Libro di Urbino e con una molteplicità d’esperienze artistiche. Da vent’anni scrive poesie ma solo oggi si è deciso a raccoglierle e a chiedere una verifica. Angelini lega l’ispirazione poetica alla propria produzione grafica: una poesia d’immagini, di spazi, di costante interrogazione sull’uomo, di situazioni. E’ una poesia discontinua la sua, fatta soprattutto d’impressioni, di sentimenti e, oggi, di memoria.

 

Fortini

Anche Zeno Fortini, con La ripresa, calca la mano sui temi della memoria, dell’amore che sfugge, ma anche dei giorni, degli avvenimenti. E proprio qui, quando la sua lirica si fa racconto ed entra dentro i fatti, c’è il meglio della sua scrittura. Fortini è giunto alla poesia da tanto tempo: nel 1968 per i “Quaderni di Ad Libitum”, ha pubblicato Paura di dire, una ventina di liriche di grande intensità e freschezza; di un giovane smarrito di fronte al paesaggio e alle persone. Poi, ha abbandonato e da alcuni anni ha ripreso l’antico mestiere del sognatore, ma il sogno talvolta l’ha tradito, specie quando pensava di riuscire a controllarlo. Questo succede al poeta quando si piega troppo su se stesso e non controlla l’ispirazione. Ma quando Fortini racconta la sua visione s’accende e fa vibrare il “trovator randagio”, che è in lui.

1980
(Gastone Mosci, 3 Poeti: Cini, Angelini, Fortini, “La Voce”, Città di Castello, 5 ottobre 1980, p. 9.)

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Colophon. Collaborano a questo Quaderno di Vivarte del 22 aprile 2016, Gastone Mosci con otto testi, Raimondo Rossi con un disegno ritrattino di Zeno, Locandina Fortini 2015 di Laura Paniccià, Il nuovo amico 19/26-5-1996 dir. Raffaele Mazzoli, poesie di Zeno Fortini, grafica di Susanna Galeotti e direzione di Oliviero Gessaroli.

 

 

EPIGRAFE NELLA CASA NATALE DI ZENO FORTINI A BARCHI

di Sergio Pretelli

Venerdì 22 aprile, alle ore 11, a Barchi nella casa natale di Zeno Fortini, è stata scoperta la seguente epigrafe in marmo.

Casa natale di
ZENO FORTINI
poeta dell’anima
Barchi 8.9.1939 Urbino 29.11.2010

Docente e scrittore.

“E per un altro soggiorno portato,
in un nero increscioso preludio,
di lontano sui banchi di scuola,
te rivedo o Paese mio amato.”

(A Barchi 1954)

La cerimonia era inserita nei programmi dell’Università della Terza Età (Unilit) della sede di Urbino, collegata alla “Carlo Bo”. Organizzata con il Comune di Barchi. Il nastro tricolore dell’epigrafe è stato tirato dalla sorella del poeta, Marilena, presenti il nipote Alejos con Laura Paniccià, autrice di uno studio sul poeta. Dopo lo scoprimento la benedizione del parroco don Pasquale, della Chiesa della Resurrezione di Barchi, il quale ha colto in pieno lo spirito di Zeno assimilando il poeta al profeta, la poesia alla profezia. Successivamente tutti i presenti (numerosi gli urbinati) si sono trasferiti nella sala consigliare del Comune, dove il Vice Sindaco Claudio Patregnani ha letto il messaggio augurale del Sindaco Sauro Marcucci, ed ha dato il benvenuto ai presenti. Ricordando il compaesano Zeno, affezionato alla sua città natale e ai suoi scenari, che frequentava con assiduità ed ogni volta percorrendola da un capo all’altro, assorto in mille pensieri. Il suo lascito per creare a Barchi, nella sua casa natale, un polo culturale aperto a tutti, è significativo. Onora la città di Barchi, ha aggiunto il vice sindaco, e con essa la benemerita famiglia Fortini, un esempio intenso di amore cristiano per la cultura e per il prossimo. La stessa via della sua casa natale potrebbe essere intestata a Zeno, un’ipotesi da inserire nel programma culturale della prossima legislatura. Poi ha preso la parola il prof. Sergio Pretelli, presidente dell’Unilit, ricordando Zeno come collaboratore in qualità di docente. Un personaggio di elevato senso civico, sindacalista e preside.

Il prof. Gastone Mosci ha ricordato il poeta e lo scrittore, la sua originalità ed il suo stile. Una commemorazione che cade in una giornata significativa per la letteratura che registra i centenari di Cervantes, di Shakespeare e di Ludovico Ariosto, fonti presenti nell’universo culturale di Zeno Fortini, autore di ben otto libri di poesie e due di racconti. Oltre che di poesie, di forte pregnanza spirituale, come quelle isolate, ma ricorrenti nel settimanale interdiocesano “Il Nuovo Amico”, espressione delle diocesi di Pesaro, Fano e Urbino.

Alla manifestazione erano presenti studenti dell’Unilit di Urbino, il direttore dell’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione “Egisto Cappellini” Ermanno Torrico, l’artista e critico d’arte Vitaliano Angelini, il consigliere comunale della città ducale Maricla Muci e l’Assessore del Comune di Borgopace (politiche per gli anziani) Guglielmo Gabellini.

La documentazione di sala è stata curata da Michele Gianotti e Nicoletto Nicoletti. Compartecipi del programma, il Circolo Acli – Centro Universitario, Vivarte di Oliviero Gessaroli, la Rassegna letteraria “Zeno Fortini” di Barchi, “Fano città”, ed il Comune di Barchi. Tutti gli urbinati si sono poi ritrovati a San Costanzo nella trattoria “La cucina dialettale” di Rolando Ramoscelli, autore di molti libri, tra i quali “Urbino a tavola”, con la copertina di Elsa Zaupa, collaboratore ricorrente delle varie sedi dell’Unilit di Pesaro e Urbino.

Sergio Pretelli

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UNILIT – Università Libera Itinerante
Collegata all’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
Comune di Barchi
Rassegna letteraria “Zeno Fortini” Barchi
Circolo Acli – Centro Universitario
Conversazioni di Palazzo Petrangolini
Vivarte – www.urbinovivarte.com
Fano Città – www.fanocittà.it
Barchi – www.officinadellapoesia.com

Zeno Fortini
(Barchi, 8 settembre 1939 – Urbino, 29 novembre 2010)
Cinquant’anni di poesia

Donazione
Lapide nella casa natale di Zeno Fortini

Venerdì 22 aprile 2016 ore 11,00

Saluto del Vice-Sindaco Claudio Patregnani
Zeno Fortini a Barchi

Sergio Pretelli, Presidente Unilit
Zeno Fortini a Urbino

Relazione di Gastone Mosci
Quando racconta la sua visione s’accende

Michele Gianotti e Nicoletto Nicoletti
Documentazione di Sala
Poeti d’Urbino 1, Don Amato Cini, 26 febbraio 2016, collaborazione: Germana Duca, Gastone Mosci, Sergio Pretelli, Francesco Colocci, Giustino Gostoli, Raimondo Rossi, Michele Gianotti, Nicoletto Nicoletti, Roberta Sanchini, Anna Cini, Abramo Cini e don Romano Ruggeri.
Poeti d’Urbino 2. Silvano Ceccarini, 30 marzo 2016, collaborazione:Germana Duca, Gastone Mosci, Maria Lenti, Sergio Pretelli, Fulvio Palma, Alberto Ceccarini, Silvia Cuppini, GuidoBernardi, Vittoria Coen, Michele Gianotti, Nicoletto Nicoletti.
Poeti d’Urbino 4. Paolo Volponi, Mercoledì 4 maggio 2016 ore 16,30, coll. Silvia Cuppini, Germana Duca, M. Laura Ercolani, Michele Gianotti, Gastone Mosci, Sergio Pretelli, Nicoletto Nicoletti, William Rivière.
Quaderno di Vivarte, direttore Oliviero Gessaroli, grafico Susanna Galeotti, Aprile 2016.