Urbino
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Urbino, lo spazio al centro della città di Valerio Volpini

in Agorà

Urbino, lo spazio al centro della città

di Valerio Volpini

 

Forse il cuore di Urbino è il Palazzo ma poi penso che sia lo spazio che si apre al centro della città e che trasmette i propri battiti attraverso le vie che scendono e salgono. Il Palazzo è la mente, la ragione lucida dell’utopia e del potere ma anche l’archetipo di un’immagine di bellezza.

 

Il variare intorno, fuori le mura, dei suoi innumerevoli verdi cangianti ad ogni stagione e il convergere attorno ai due colli dei caratteri del paesaggio; il giallo delle crepe, le macchie, i boschi, le file di cipressi, qualche quercia isolata e solenne.

 

Tutto è un disegno di forza e di perfezione per cui c’è analogia con una prospettiva del Bramante, un arco di Francesco di Giorgio Martini o la sua suggestione memoriale di un volto raffaellesco.

 

E’ una città che non si immagina e che non si può che conoscere di persona, come una persona viva. Anche la foto più accurata o rigorosa non riesce a penetrare la divina proporzione che la distingue: soltanto vivendoci per un po’, frequentandola si può dire di averla conosciuta.

La luce che illumina a primavera è come riflessa dallo specchio amplissimo del panorama: dal mare alla catena dei monti.

 

Così il vento sembra scuoterla come se si trattasse di un vascello navigante fra i monti. La nebbia la chiude in certe giornate di primo inverno in un’atmosfera surreale così che le voci il rumore dei passi giunge da ogni parte: dalle viscere profonde e dal cielo e si è sospesi nel nulla. E’ una dimensione che bisogna calcolare dentro.

 

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