Retrospettiva di Tarcisio Generali a Pergola
“La mia pittura è interpretare il mio essere monaco…”
Pergola. Nei tre fine settimane dal 12 al 27 ottobre 2013, Pergola ospita una mostra di Tarcisio Generali con opere di collezionisti, alcune non conosciute, che sintetizzano pur nel non grande numero, il percorso di questo pittore che colpì la critica degli anni sessanta. Lions Club/Val Cesano, Comune di Pergola, Comunità cristiana di Pergola e Monastero di Fonte Avellana sono gli sponsor. A “produrre” la mostra, un minuscolo gruppo di volontari, Patrizio Scarabotto ne ha curato l’allestimento, in un luogo adatto e suggestivo. Per i tanti fanesi che “possiedono un Generali… quasi tutte le famiglie” secondo una iperbolica, ma comprensibile, affermazione di Alberto Berardi, che ha presentato la mostra assieme a padre Cesare Bovinelli, dell’Abazia di Fonte Avellana, è un’occasione da non perdere. Generali è stato indubbiamente un grande pittore: la sua immagine, complessa e difficile, può essere letta solo nella sua pittura, specialmente in quella che lo caratterizza e che resta unica. Produzione prolifica certamente, che non ne ha però temperato il valore che va aldilà di quello strettamente artistico.
Figura che a Fano è cara, come ai fanesi sono cari i tanti pittori dell’ Accolta dei Quindici alle scuole Luigi Rossi che entusiasmavano allora noi ancora ragazzi, molti dei quali avevano un’arte che superava i confini delle “mura” della città. Generali naturalmente era un caso a sé. Pittura e monachesimo sembravano a molti una dicotomia inaccettabile, per altri ( pochi in verità) un segnale di novità, di spiritualità.
Una intervista in Rai nel 1962
Mario Giamperi, medico ad Urbino e mio compagno al Liceo Nolfi è un grande conoscitore di Genarali, già dai banchi di scuola. Parlando di Generali, in previsione della Mostra di Pergola, mi ha parlato di una intervista alla Rai dei primi anni sessanta. L’ho subito fatta cercare, favorito, almeno nella velocità, dall’essere stato vice direttore delle Teche Rai e ritrovata, non senza una certa difficoltà. E’ un servizio di Giulio Macchi, noto regista Rai. In bianco e nero naturalmente. Un bianco e nero, paradossalmente, che esalta la pittura di Generali. Il servizio dura 11 minuti ed è girato interamente nel convento di Monte Giove. Un pezzo di televisione di grande interesse e contenuto. Rivedere i volti dei monaci (erano nove), alcuni catturati nella nostra memoria, le celle, la spiritualità del luogo, ma soprattutto sentire la voce di padre Generali, è emozionante non solo per un fanese.
La voce di Generali
La voce di Generali, le sua parole semplici, pronunciate con una inflessione fanese fortissima, ma morbida, ci consentono di “capire” la sua pittura più di uno studio critico e storico. L’intervista ha un valore, non solo sui temi dell’arte, sui quesiti che “quella” pittura pone, ma ci fa entrare in mondo diverso, alto, spirituale. “Gli altri fratelli pensano, ma non so cosa pensano della mia pittura” dice ad un certo punto padre Generali.
“Monte Giove è il nostro mondo, ma gli occhi vedono lontano”. “La mia pittura è interpretare il mio essere monaco… ogni giorno ricordo la nostra regola e la semplicità della nostra vita monastica”. Per capire Generali, le sue scelte, spesso discusse, questo è un documento interessante: trascriverla e leggerla può essere un contributo non solo per capire la sua pittura, ma anche alla cultura e soprattutto ai valori del pensiero e della spiritualità. “Mi piace dipingere volti. Col passare degli anni tutti i volti si rassomigliano”, una delle frasi del monaco pittore. Forse una metafora, forse un presagio, forse una verità.(Angelo Sferrazza)