Urbino, 4 dicembre, Mostra di xilografia “Dall’aria al legno”, Cappella Albani del Convento San Francesco
MERCOLEDÌ 4 DICEMBRE 2013 alle ore 16.30 presso la Cappella Albani del Convento di San Francesco a Urbino, sarà inaugurata l’installazione site specific Dall’aria al legno. organizzata dai Frati Minori Conventuali Provincia delle Marche, Accademia di Belle Arti di Urbino con il patrocinio dell’ Università degli studi di Urbino Carlo Bo Istituto Superiore di Scienze Religiose “Italo Mancini” e dell’Accademia Raffaello.
La mostra di Florine Corbara, Gessica Di Monte, Mara Pianosi, Michela Sperindio e Maria Tomaselli, rappresenta l’evento conclusivo del corso di arte sacra tenuto quest’anno nel Convento di San Francesco. Un excursus che ha spaziato dalla fenomenologia del sacro alle origini veterotestamentarie dell’arte cristiana, fino alle ragioni della sua crisi in epoca moderna. L’iniziativa, promossa da padre Francesco Acquabona, mira a recuperare quel rapporto tra l’arte e la spiritualità che la cultura illuminista ha radicalmente modificato e messo in ombra, ma che il pensiero postmoderno sta riprendendo in considerazione nella dimensione più generale del sacro. Il corso si è tenuto in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Urbino, diretta dal professor Sebastiano Guerrera e sotto la supervisione dei docenti Gianluca Murasecchi e Giovanni Turria per la parte tecnica e artistica.
Il titolo Dall’aria al legno allude al passaggio dall’elaborazione teorica e spirituale alla pratica creativa che affida alla concretezza del legno il compito di parlare di un altrove che invece è intangibile. Un passaggio che coglie simbolicamente il tema centrale dell’estetica cristiana: il Verbo invisibile si è reso rappresentabile nella visibilità della carne del Cristo.
Le cinque artiste hanno raccolto tale dato interpretandolo in chiave tendenzialmente aniconica e volendo dar vita a un evento corale, pensato e realizzato in modo che ognuna di loro potesse porsi in dialogo con le altre. Le opere sono state disposte all’interno della cappella vanvitelliana degli Albani in modo da rendere visibile l’idea del confronto dal quale non solo potesse risultare l’aspetto unitario della mostra ma, nella contrapposizione spaziale, risultassero evidenziate anche l’originalità creativa e la visione del sacro di ciascuna delle artiste.
Dall’aria al legno rimarrà aperta al pubblico dal 4 al 22 dicembre, da martedì a domenica, ore 17.00 / 19.30
Per ulteriori informazioni e contatti: Accademia di Belle Arti di Urbino Via dei Maceri, 2
61029 Urbino (PU)
T. 0722-320287 info@scuoladigrafica.it Convento di San Francesco Piazza San Francesco, 7 61029 – Urbino (PU)
T. 0722-328764
Immagini di spiritualità di cinque autrici con la xilografia
di Francesco Maria Acquabona
Dall’aria al legno, titolo che richiama la tecnica xilografica delle opere esposte e la stoffa fluttuante la cui morbidezza entra in contatto con l’aria che inevitabilmente interferisce con l’immagine stessa. Il titolo allude soprattutto al passaggio dalla elaborazione teorica e spirituale alla pratica creativa che affida alla concretezza del legno il compito di parlare di un altrove che invece è intangibile. Un passaggio che coglie simbolicamente il tema centrale dell’estetica cristiana: il Verbo invisibile reso visibile nella carne del Cristo.
La mostra di Florine Corbara, Gessica Di Monte, Mara Pianosi, Michela Sperindio e Maria Tomaselli rappresenta l’evento conclusivo del corso di arte sacra tenuto quest’anno nel Convento di San Francesco. Un excursus che ha spaziato dalla fenomenologia del sacro alle origini veterotestamentarie dell’arte cristiana, fino alle ragioni della sua crisi in epoca moderna. Il corso si è tenuto in accordo con l’Accademia di Belle Arti di Urbino e sotto la supervisione del professore Giovanni Turria per la parte tecnica e artistica. Ora offre alle cinque artiste la possibilità di presentarne il frutto nella cappella vanvitelliana degli Albani.
Urbino di Florine Corbara
La città immaginata da Florine Corbara su quattro tele costituisce il centro visivo di tutta l’esposizione, ma anche un riferimento concettuale perché il profilo circolare degli edifici si affaccia verso le altre opere per un dialogo ideale. Corbara ha disegnato il panorama convesso di una città i cui edifici, molto diversi tra loro per epoca e stile, sono fusi da un segno semplificativo che li rende una sequenza omogenea in cui non appare né uomo né animale. Chiusa materia, dunque, che si contrappone alle proiezioni metafisiche degli altri soggetti che, in tal modo, vengono a giocare un ruolo di confine, di limite tra trascendenza e materialità, specchi dell’incontro con l’assoluto divino.
Crocifissioni di Gessica Di Monte
Gessica Di Monte concepisce la sua xilografia come un movimento verticale di linee: nervature di un albero e due piedi scabri che ne richiamano il legno, voluti simili a quelli del Cristo di tante crocifissioni soprattutto nordiche. Di Monte li ha voluti così, piedi che hanno calcato la terra della fatica e del dolore, piedi che sono verso il basso invocazione di pietà dell’uomo e verso il cielo richiesta di riscatto e salvezza.
Se l’immagine della Di Monte si concentra sulla sofferenza in cui la pietà di Dio e dell’uomo si incontrano, i segni intricati ed espressivi di Maria \ rimandano a una dimensione redentiva e cosmica. Essi si inerpicano come fitta vegetazione, si muovono partendo dal fondo candido della stoffa fino a creare una volta e a confondersi con il cielo notturno attraversato a fatica da un arco di luce. Una visione che può rappresentare san Paolo quando afferma nella lettera ai Romani: “Sappiamo infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto” (8,22) e quando aggiunge: “non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo” (8,23).
La via dolorosa di Maria Tomaselli
Nella densità espressiva dell’opera della Tomaselli certamente non manca neanche il proprio gemito umano.Di Monte e Tomaselli tracciano la via dolorosa della spiritualità, Mara Pianosi invece propone, attraverso il simbolismo della luce, quella gloriosa. Il tema della luce percorre l’antichità non solo nella tradizione cristiana che prende le mosse dal prologo di Giovanni, ma perviene a noi anche per altre vie come il neoplatonismo e l’incontro con la filosofia e la teologia arabe.
La via di luce di Maria Pianosi
Il medioevo rappresenta il massimo dell’ampiezza speculativa su questo tema e la sua declinazione nell’arte con i colori squillanti delle sue miniature e le cascate di luce delle vetrate delle chiese. Nel XIII secolo il francescano Roberto Grossatesta, teologo e scienziato, arriverà ad intendere ogni cosa esistente nel cosmo come forma di luce alla cui origine e al di sopra della quale si pone la luce totalmente trascendente e ineffabile di Dio.
Mara Pianosi ha fatta sua la suggestione del francescano per trasporla in una visione lirica. Ha pensato la luce come onde corpuscolari che ora si fanno mare, ora terra, ora cielo contro il nulla che precede la creazione, le tenebre nelle quali viene a risplendere il Verbo divino giovanneo per il quale e in vista del quale tutte è stato creato.
Le forme astratte di Michela Sperindio
Michela Sperindio invece ha adottato forme astratte per una espressione intellettualizzata e lontana da riferimenti all’iconografia tradizionale. La sua potrebbe essere definita un’indagine delle forme della religiosità ancestrale condotta attraverso l’artificio creativo. Ha utilizzato segni puri, scelti tra forme naturali che sembrano sul punto di approdare alla scrittura, il bisogno primordiale di dominare il caos con un atto significativo anche di carattere magico e religioso. Tuttavia non si è fermata a cogliere solo questo aspetto riduttivo, ma ha voluto evidenziare, attraverso le diverse trasparenze di grigio, l’intuizione che accompagna l’uomo di sempre che oltre l’opacità possa esistere una realtà più profonda che tutto accomuna nell’origine e nella esistenza.
Le xilografie esposte sono dunque risultate elementi di un evento coralmente voluto, nel quale ogni opera potesse essere posta in rapporto dialogico con le altre, senza che fosse per questo sacrificata l’originalità del contributo di ogni artista, e lasciando che tutto si compisse nel rispetto delle singole visioni di fondo e del rapporto personale con la religione.
A corredo del lavoro grafico di Michela Sperindio segue un suo testo poetico scritto per l’occasione della mostra e discusso con Padre Francesco Acquabona: l’itinerario del chiaro-scuro e del silenzio di Michela si lega alla sua ricerca xilografica sempre più di respiro aereo e coinvolgente. Un artista che pensa e che riflette porta nel suo lavoro e nella sua inquietudine tante domande che convivono con le icone che rappresenta.
Ecco il suo mondo poetico d’oggi.
Nei silenzi si cela l’oblio
il nulla si fa cosa.
I ricordi che dal passato bussano
e la luce fa capolino in lontananza.
La riflessione si fa parola
tende ad alzarsi su di noi.
Ogni istante che si rende eterno
ferma il mondo, e un respiro
ci sorprende… interrompendo il silenzio.
Tutto torna alla realtà
tutto ritorna alla materia
ma quell’attimo in cui abbiamo toccato il cielo
resta lì, pesante come un macigno.
(Michela Sperindio)