IL RISVEGLIO DEL DRAGONE
di Giovanni Volpini
Lentamente, un ottante alla volta, l’acceleratore LHC viene riacceso. E’ una operazione delicata, è necessario ricontrollare le migliaia di circuiti che alimentano e assicurano il corretto funzionamento di tutto l’apparato: un errore, un malfunzionamento di un sistema di protezione potrebbe provocare danni devastanti all’acceleratore. Come ultimo passo, i magneti superconduttori vengono sottoposti a una sorta ginnastica (detta appunto training) che permette loro di raggiungere le piene potenzialità: questa volta il pedale del gas verrà schiacciato fino quasi in fondo, ottenendo una energia totale di 13 TeV (l’unità con cui i fisici misurano la “potenza” di un acceleratore), mentre nel 2012 ci si era fermati a 8 TeV.
A primavera si comincerà a prendere i primi dati, e il raccolto dei prossimi tre anni sarà cruciale per capire se stiamo captando i primi indizi di quella che in gergo viene detta “nuova fisica”, aprendoci una porta verso la comprensione di molti misteri sull’origine e la struttura del nostro universo. Ho già scritto di queste aspettative e dei progetti, in particolar modo la “Alta Luminosità ad LHC”, che occuperà la comunità degli scienziati per i prossimi quindici o venti anni.
Ma ai fisici piace pensare in grande, e già si comincia a sognare acceleratori ancora più imponenti, con circonferenze comprese fra 80 e 100 chilometri e magneti due o tre volte più potenti di quelli attuali. E’ uno studio, ancora a livello concettuale, per una macchina indicata ora come Future Circolar Collider (FCC). Vedrà la luce, si spera, verso il 20352040, un futuro che sembra remoto ma le cui basi devono essere poste oggi.
E se la lunghezza di FCC vi sembra incredibile, sappiate che nel periodo a cavallo fra gli anni ’80 e ’90 gli Stati Uniti avevano iniziato a costruire un acceleratore di 86 km chiamato SSC (Superconducting Super Collider). Il progetto fu interrotto bruscamente nel 1993, essenzialmente per ragioni economiche, quando le problematiche tecniche erano in buona parte risolte e già si iniziava a scavare il tunnel. Una decisione che ha lasciato la supremazia in questo campo della ricerca al CERN, oggi leader mondiale della ricerca in fisica delle alte energie, e che raccoglie ricercatori da tutto il mondo, inclusi gli Stati Uniti.
Ma forse il vento sta ora girando verso oriente, e la profezia di Napoleone (lasciate dormire la Cina, perché al suo risveglio il mondo tremerà) comincia ad avverarsi anche sul piano della ricerca. La travolgente crescita economica e l’incredibile sviluppo delle capacità tecnologiche – scordiamoci di considerare i prodotti cinesi come repliche di basso prezzo e qualità – vogliono avere il loro riscontro anche sul piano della ricerca scientifica, e la Cina si sta proponendo per la realizzazione del prossimo superacceleratore. Dimensioni, caratteristiche e tecnologie sono ancora da fissare. Però, significativamente, hanno già scelto la località, Qinhuangdao, trecento chilometri a est di Pechino, sulle coste del Mar Giallo, sottolineando che si tratta del più bel luogo di villeggiatura di mare della Cina circondato da rigogliosi vigneti (in una presentazione lo speaker si è anche lasciato un po’ andare, menzionando con orgoglio la presenza delle ville dei compagni dirigenti del partito…). Il richiamo ai colleghi di tutto il mondo a trasferirsi non è neppure troppo velato. Si tratterebbe di un cambiamento epocale: anche se nascerà, dichiaratamente e necessariamente, come una collaborazione mondiale, non c’è dubbio che rappresenterebbe un enorme successo di immagine e un ulteriore traino allo sviluppo economico per la Cina, ma comporterebbe lo scadimento e l’inevitabile marginalizzazione del ruolo della ricerca europea. Il mondo è decisamente troppo piccolo per due acceleratori di questa stazza.
Nei prossimi anni vedremo se i risultati di LHC apriranno nuove strade e suggeriranno nuove ricerche per questi superacceleratori: confidando in un risultato positivo, non posso che augurarmi che i policy makers europei abbiano a quel punto la lungimiranza e la saggezza per mantenere ancora il vecchio continente al centro di questa ricerca e degli sviluppo tecnologici collegati.
Giovanni Volpini
3 gennaio 2015