Antologia Poetica - Accrocca Volpini
Valerio Volpini e la Resistenza

Festival Digitale “Valerio Volpini e la Resistenza” – II° anticipazione

in Festival Digitale Valerio Volpini e la Resistenza - Fanocittà

Festival Digitale “Valerio Volpini e la Resistenza” – II° anticipazione

Antologia Poetica - Accrocca Volpini 

 

Un saluto per Angelo Paoluzi

Il giornalista Angelo Paoluzi, amico di Valerio Volpini fin dagli anni cinquanta del Novecento, studioso della Resistenza e, fra l’altro, autore di “La letteratura della resistenza” (Roma, Cinque Lune 1956) e, di recente, di “Voci di carta. Dall’universo della stampa cattolica” (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 2012), volume del quale parleremo presto, ci accompagna per tutto il mese di luglio nel Festival digitale dedicato a Valerio Volpini (Fano, 1923-2000). In questo corsivo racconta il suo 25 luglio 1943 in Abruzzo, a Tagliacozzo. Una memoria più ampia la pubblicherà nella rivista di cultura “Novanta9” dell’Aquila, diretta da Mario Narducci. (Gastone Mosci)

 

 

La calda estate del 1943

di Angelo Paoluzi

La sera del 25 luglio 1943, una domenica, tutto il paese si riversò nelle strade alla luce delle lampade portatili per festeggiare la caduta del fascismo. Vivevo in Abruzzo, a Tagliacozzo, località di villeggiatura della borghesia romana e napoletana, dove mio padre esercitava la professione di avvocato ed era noto come oppositore del regime e in quanto tale sottoposto all’occhiuta sorveglianza del fascio locale e dei carabinieri. Anche se appena ragazzino quindicenne, sentii il significato di liberazione dell’evento, specialmente quando un confinato “cittadino italiano di religione israelitica” (così si esprimeva mio padre, restio a usare il termine “ebreo”) scambiò con lui, commosso, una vigorosa stretta di mano.
Quarantacinque giorni dopo assistei a un altro evento storico: transitò per il paese, al mattino del 9 settembre, la colonna delle macchine in fuga del re, della sua famiglia, dei responsabili del potere e degli alti gradi dell’esercito. Con un gruppo di miei coetanei eravamo nel parco comunale che costeggia la via Tiburtina Valeria (che da Roma porta a Pescara) e, anche se allontanati dai carabinieri, assistemmo all’ indecoroso spettacolo di un sovrano che lasciava l’Italia in mano al nemico. E per due giorni vedemmo transitare treni gremiti di soldati che, abbandonati dai loro comandanti, nella fuga cercavano una speranza. Da quel momento cominciò la Resistenza, e l’Abruzzo fu la sola regione meridionale (fra l’altro con la valorosa Brigata Maiella) a partecipare nella sua interezza alla guerra partigiana. Per noi ragazzi sono state lezioni da non dimenticare.

 

 

Antologia poetica della resistenza italiana,

a cura di Elio Filippo Accrocca e Valerio Volpini (Landi Editore 1955) è la più felice opera letteraria creativa dedicata alla Resistenza. Per quel decennale civile e culturale l’impegno di Accrocca e Volpini fu notevole perché il poeta e il critico pubblicarono – in una intelligente orchestrazione istituzionale – un libro bello per la qualità tipografica e per il contributo artistico. I testi poetici sono più di cento, gli autori 37 (i grandi poeti italiani ed i testimoni più giovani), gli artisti che collaborano sono nove (Renato Birolli, Aldo Bergonzoni, Renato Guttuso, Leoncillo Leonardi, Mario Mafai, Giuseppe Mazzullo, Mario Penelope, Giovanni Stradone e Renzo Vespignani). La linea critica, ben sostenuta da Volpini, anche grazie ai suoi lavori pubblicati nella rivista “Civitas”, sceglie l’idea della documentazione, principalmente la letteratura sulla Resistenza. Si parla nella introduzione, firmata dai due curatori, di poesia della Resistenza come partecipazione ad una presa di coscienza civile e politica inedita, come ingresso in un cambiamento spirituale di fronte alla realtà culturale del paese. Il tutto si predispone ad un volto sociale nuovo che porta i segni della libertà e della democrazia. La poesia partecipa a costruire una identità di dialogo e di risorse.
Ecco il pezzo critico forte di Accrocca e Volpini: “La Resistenza, ormai a distanza di dieci anni, si comprende sempre più nel suo valore di scelta, nel suo significato di maturità di un popolo; a chi liberamente si volge al passato non appare appena uno dei tanti episodi storici, pur nobile e glorioso, ma molto di più: la formazione di una coscienza, il culmine di un lungo processo, insomma uno di quei momenti (che pure di una comunità appartengono a tutta una civiltà) in cui si chiariscono tanti impegni e da cui nascono premesse per nuovi orientamenti sociali, politici, umani.”
Per questa occasione di lettura ho scelto sette poeti (Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto, Roberto Rebora, Vittorio Sereni, Franco Fortini e Luca Ruffini) con testi che nascono nel 1943, per un raccordo con il 25 luglio ed anche per cogliere la sensibilità politica nuova verso la libertà sempre invocata e poi per registrare la partecipazione improvvisa che si manifesta con l’arresto di Mussolini e la caduta del fascismo. Alla ventata della novità di un ordine che vuole mettere da parte la guerra si accomuna il disastro della violenza perpetrata dal Comando nazista per la riedificazione del fascismo e per inculcare la lotta fratricida e l’accanimento distruttivo verso l’esercito monarchico e la popolazione italiana indifesa, una vergogna militare e di macabro realismo politico, che non può essere dimenticato anche per qualsiasi altro fronte di lotta. Questo Festival digitale “Valerio Volpini e la Resistenza” si propone di riflettere sul passato guardando il presente, e segnalando la straordinaria personalità dello scrittore fanese.
Nella prossima Anticipazioni n. 3 ancora un testo di Volpini e altre poesia. (Gastone Mosci)

 

*

11 SETTEMBRE 1943

Suggella, Herma, con nastri e ceralacca
la speranza che vana
si svela, appena schiusa ai tuoi mattini.
Sul muro dove si leggeva MORTE
A BAFFO BUCO passano una mano
di biacca. Un vagabondo di lassù
scioglie manifestini sulla corte
annuvolata. E il piombo s’allontana.

 

Eugenio Montale (1896-1981)

 

*

MILANO AGOSTO 1943

Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la città è morta.
E’ morta: s’è udito l’ultimo rombo
sul cuore del Naviglio. E l’usignolo
è caduto dall’antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno più sete.
Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la città è morta, è morta.

 

Salvatore Quasimodo (1901-1968)

 

*

AMORE DELLA VITA

Io vedo i grandi alberi della sera
che innalzano il cielo dei boulevards,
le carrozze di Roma che alle tombe
dell’Appia antica portano la luna.

 

Tutto di noi gran tempo ebbe la morte.

 

Pure lunga la vita fu alla sera
di sguardi ad ogni casa, e oltre il cielo
alle luci sorgenti ai campanili
ai nomi azzurri delle insegne il cuore
mai più risponderà?

 

Oh, tra i rami grondanti di case e cielo,
il cielo dei boulevards
cielo chiaro di rondini!

 

O sera umana di noi raccolti
uomini stanchi uomini buoni,
il nostro dolce parlare
nel mondo senza paura.

 

Tornerà tornerà,
d’un balzo il cuore
desto
avrà parole?
Chiamerà le cose, le luci, i vivi?

 

I morti, i vinti, chi li desterà?

 

(1943)

Alfonso Gatto (1909-1976)

 

*

ADUNATA

E’ una macchia ossidata
nel tiepido autunno
l’afona voce della tromba.
Scosta con il lento suo moto
la prediletta memoria
premendo sopra sulle spalle
con ambigue parole.

 

Fragile e distante la morte
nel debole vento
che cerca gli alberi nel cielo.
La riporta la voce della tromba
apparendo come un corvo incerto
sopra i colori.

 

Una lotta deserta è la proposta
che trema alle lontane frontiere.
Si consumano gli uomini nell’urlo
doloroso del treno
e il sangue nega la gioia.

 

Dopo si placherà l’Avversario
sotto il cielo ottobrino
spento in impossibili annunci.
Sempre è piegato l’orizzonte
nell’antico suo gioco.
Troveremo ancora il silenzio,
amici. La voce dell’eterno.

Tschenstochau, Ottobre 1943

Roberto Rebora (1910-1992)

 

*

DIMITRIOS

a mia figlia

Alla tenda s’accosta
il piccolo nemico
Dimitrios e mi sorprende,
d’uccello tenue strido
sul vetro del meriggio.
Non torce la bocca pura
la grazia che chiede pane,
non si vela di pianto
lo sguardo che fame e paura
stempera nel cielo d’infanzia.

 

E’ già lontano
arguto mulinello
che s’annulla nell’afa,
Dimitrios – su lande avare
appena credibile, appena
vivo sussulto
di me, della mia vita
esitante sul mare.

 

(Pireo, Agosto 1942)

 

Vittorio Sereni (1913-1983)

 

*

ITALIA 1942

Ora m’accorgo d’amarti
Italia, di salutarti
Necessaria prigione.

 

Non per le vie dolenti, per le città
Rigate come visi umani
Non per la cenere di passione
Delle chiese, non per la voce
Dei tuoi libri lontani

 

Ma per queste parole
Tessute di plebi, che battono
A martello nella mente,
Per questa pena presente
Che in te m’avvolge straniero.

 

Per questa mia lingua che dico
A gravi uomini ardenti avvenire
Liberi in fermo dolore compagni.
Ora non basta nemmeno morire
Per quel tuo vano nome antico.

 

Franco Fortini (1917-1994)

 

*

CANTO DELL’UMANITA’

Io non so cosa dire
in quest’umida ora solitaria
così piena di ansia
così densa di vita
perché tutto ora mi viene di fuori
e dentro di me vi è una pienezza
che non è mai compiuta.

 

Così agli uomini – a me più che mai
ora fratelli –
a tutti gli uomini e donne quest’essenza
universale
l’animo colma.
Io mi perdo in quest’inquieta umanità
Che si è alzata a raggiungermi.

 

(Roma, Ottobre 1943)

 

Luca Ruffini (1927-1947)

 

Comitato operativo: Silvano Bracci, Aldo Deli, Emanuele Mosci, Gastone Mosci, Mario Narducci, Angelo Paoluzi, Franco Porcelli, Ernesto Preziosi, Enzo Uguccioni, Giovanni Volpini.

Collaboratori: Gabriele Baldelli, Raimondo Rossi, Maurizio Tomassini.

Aderenti
Circolo Culturale Jacques Maritain, Fano: Francesco Torriani, Enzo Uguccioni, Giuliano Giuliani, Nello Maiorano, Valentino Valentini.
www.agoramarche.it Laboratorio Valerio Volpini per la cultura, la persona e la comunità, Ancona: Girolamo Valenza, Giancarlo Galeazzi, Gastone Mosci, Giovanni Volpini.
Sestante, periodico cultura e società di Senigallia: Franco Porcelli, Sergio Fraboni, Adriano Rosellini.
Novanta9, rivista di lettere arti e presenza culturale, direttore Mario Narducci, red. Angelo Paoluzi, Liliana Biondi, Fabio M. Serpilli, Raimondo Rossi, Maria Antonietta Pezzopane, Mariarita Stefanini.
Circolo Acli-Centro Universitario di Urbino: Giovanni Buldorini, Gastone Mosci, Sergio Pretelli, Alfredo Ferretti, Raimondo Rossi.
Iscop, Pesaro: Mauro Annoni.
Biblioteca Archivio Vittorio Bobbato, Pesaro: Simonetta Romagna.
Acli Provinciali Pesaro e Urbino: Maurizio Tomassini.
Associazione Nazionale Partigiani Cristiani: Giovanni Bianchi.
Conversazioni di Palazzo Petrangolini di Urbino: Gastone Mosci, Giovanni Buldorini, Sergio Pretelli, Paolo De Benedetti, Giannino Piana, Daniele Garota, Germana Duca, Raimondo Rossi, Iaia Lorenzoni, Fabio M. Serpilli, Mariapia Acquabona, Francesco Acquabona, Mario Narducci, Andrea Milano, Piergiorgio Grassi, Narciso Giovanetti, Giustino Gostoli, Adriano Calavalle, Alberto Calavalle.
ANPI di Pesaro: Giuseppe Scherpiani.
ANPI di FANO “Leda Antinori”: Paolo Pagnoni.
“Il nuovo amico”: Don Raffaele Mazzoli.