il Duomo di Fano
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Fano 1944: la strage dei campanili all’alba del 20 agosto, di Aldo Deli

in Festival Digitale Valerio Volpini e la Resistenza - Fanocittà

Fano 1944: la strage dei campanili all’alba del 20 agosto, di Aldo Deli

il Duomo di Fano

Fano. La mattina del 20 agosto 1944, verso le sette, aprii la finestra (ero rifugiato in una casa colonica a Chiaruccia) e come al solito guardai verso Fano. Per un attimo ebbi la sensazione che la città fosse del tutto scomparsa, sprofondata. Da quella finestra in mezzo alla campagna mi era sempre apparsa, fra gli alberi, la sagoma della sommità di quasi tutti i campanili, quello di Santa Maria Nuova in particolare; ma quella mattina avevo davanti solo l’azzurro intenso del cielo: mancavano i “segni crociati” della città.

 

All’alba i tedeschi della Wermacht, non le SS, avevano fatto saltare i campanili più importanti e più belli: quello del Duomo, di Santa Maria Nuova, di San Paterniano, di Sant’Arcangelo e la torre di piazza. Il giorno dopo la stessa sorte toccò ai minori campanili di San Silvestro e di San Domenico (e così furono sette!), ma toccò anche al maschio della fortezza malatestiana, alla lanterna del porto, alla torretta di una casa privata tra via Froncini e via De Cuppis. Si salvarono i campanili di San Marco e di San Francesco di Paola (alla stazione).

 

La cupola di San Pietro in Valle scampò non si sa come al disastro; i tedeschi entrarono in chiesa e si accontentarono di sparare colpi di pistola e di mitra contro i settecenteschi angeli del transetto.

Perché tante rovine e tanto scempio di edifici? Ancor oggi qualcuno pensa che i campanili siano stati abbattuti perché potevano servire da osservatorio agli alleati. E’ una tesi insostenibile. Dal punto di vista militare poteva essere valida nella prima guerra mondiale, non già nel 1944 nella fase di avanzata degli alleati abbondantemente dotati di aerei ricognitori che tenevano sotto controllo, notte e giorno, i vari settori del fronte. Se i tedeschi avessero voluto distruggere possibili centri di osservazione avrebbero gettato a terra, fra i primi, i campanili di Monte Giove e del Beato Sante, che invece non furono toccati.

Inoltre i campanili e gli altri edifici abbattuti non si trovavano su careggiate strategicamente importanti e nemmeno in punti di svincolo della città. C’è poi da tener presente che nessuna città delle Marche (tutte ricche di campanili) ebbe a soffrire lo stesso sfregio di Fano.
E allora? Ho dei sospetti sul comandante tedesco della piazza di Fano, ten. Eberard Fischer. Nella lettera indirizzata al vescovo per comunicargli che sarebbero stati abbattuti “cinque” campanili (e disse una bugia) afferma, genericamente, che l’ordine era venuto da “un comandante militare superiore”. Ma chi era questo Fischer? Sarebbe interessante appurarlo perché la distruzione dei campanili, con relativo scempio delle chiese, potrebbe essere un atto di barbarie completamente gratuito. Un modo con cui Fischer dimostrò rancore, rabbia e disprezzo verzo la città, verso la Chiesa e il Vescovo che si era assunto la responsabilità di rappresentare anche civilmente la città, in mancanza di personalità disposte a farsi avanti (chi se la sentiva di passare per “collaborazionista” alla vigilia della liberazione?).

Insomma, a Fano potrebbe essere toccata la sfortuna di avere un comandante tedesco “antipapista” (non dimentichiamo che in Germania il nazismo non era stato contrastato da molti luterani, ma prevalentemente dai cattolici) dimostratosi particolarmente spietato nel colpire nei suoi monumenti e soprattutto nelle sue testimonianze cattoliche una città che, per altro, non aveva compiuto alcuna azione particolarmente clamorosa o cruenta contro i tedeschi.

 

1992, Aldo Deli – (“I merli di Fano“, Op. cit., pp. 224-5)