16. Faccia da schiaffi

in Domenicale di Valerio Volpini

FACCIA DA SCHIAFFI

Dopo aver provato tanti soprannomi Giaco Mino ora viene stabilmente chiamato “Faccia”; così come Sinatra è chiamato “La Voce” e Pelé “O Rey”. Non è che sia cambiato qualcosa in meglio; anzi c’è stato un notevole peggioramento nella volontà di potenza e di prepotenza del soggetto.

L’altro giorno, ad esempio, ha alzato la mano chiusa gridando: «Questo è il mio pugno !», fissandoci aggrottato che più non poteva e lasciando la madre esterrefatta.

Ma qui debbo spiegare ai lettori (e segnatamente alle lettrici che mi chiedono continuamente delle scellerataggini di Giaco Mino) la motivazione del nuovo nome. Prima è però necessaria una raccomandazione. Non andate a raccontare a mia moglie il contenuto di questo racconto familiare (tutto dal vero, eh) perché la cosa potrebbe essere motivo di dissapori. Mia moglie legge FC da capo a fondo (e da un po’ di tempo risolve tutti i giuochi, compresi quei complicati rebus che mi fanno dannare), ma salta regolarmente la mia pagina dicendo che lo fa per delicatezza, per lasciarmi la libertà del privato così che io possa coinvolgerla a piacere. Quindi, per favore, acqua in bocca!

Sarà successo anche da voi chissà quante volte attorno ai bambini: quella specie di “giuoco delle somiglianze” per cui si arriva a vedere affinità sino a parentele dimenticate e lontane. È una sorta di caccia per giudicare quanto in Elisa c ‘è della nonna materna o di quella paterna, oppure per vedere se Andrea – povero piccino ha preso il naso dalla madre o gli occhi dal padre. Bene: l’altro giorno è
toccato ancora a Giaco Mino. Madri, nonne, zie di ogni ordine e grado l’hanno sottoposto ad una vera ricognizione come non saprebbe fare né lo speciale nucleo anticrimine né l’Interpool. «Guarda se non ha la fronte alta di Giovanni!», «Però il taglio degli occhi è proprio della nonna», «Eh sì, le orecchie un pochino a sventola sono della Ziamarina» (Ziamarina, avendo alle spalle una brillante carriera di slavista troncata sul nascere, ha parlato della “dualità” in Giaco Mino: la violenza e la tenerezza, il delitto e il castigo, cioè la colpa e le sculacciate), «E i capelli chi li aveva così?», «E guarda quando sorride se non somiglia a tuo cugino di Bologna». Insomma, e per farla breve, una vera scomposizione dell’identikit per cui ognuno prende la propria percentuale di somiglianza. L’unico che non ne ha mai ricevuto neanche un briciolo (neanche negli altri nipotini: ed essendo cinque c’era pur modo di tacitarmi) sono io. Mi accontentavo di un lobo, di un mignolo, di un ciuffo di capelli. Niente, mai niente; eppure sono nonno in s.p.e. (che vuol dire “servizio permanente effettivo”) e quindi capite che avevo buoni motivi per prendermela e di vendicarmi. Mi ricordavo che nella scarsa busta delle foto di famiglia ce n’era una mia di quando avevo la stessa età di Giaco Mino, ora “Faccia”, e mi pareva di poter giurare che alcune somiglianze fossero clamorose (questo a rendere più crudele l’ingiustizia nei miei confronti). Ho passato la foto alla madre con assoluta nonchalance. «Oh, ma questo è Giaco Mino! E lui!». Naturalmente, impassibile, sapevo quel che sarebbe accaduto.

La nonna – il racconto m’è stato fatto dalla madre di Giaco Mino, ora “Faccia”, giacché io non ho spiriti sadici e non godo del crudele sapore delle vendette -, la nonna dunque ha guardato la foto restando assolutamente silenziosa e di furia ha cercato gli occhiali. Ha guardato in tutti i versi la foto, addirittura passandoci sopra con le dita come se volesse cercare di cambiare qualcosa e poi ha
parlato con il tono rassegnato: «Eh sì, lo stesso mezzo sorriso ironico; gli stessi occhi che sembrano guardare di traverso; persino il capo un po’ piegato sulla destra! Sì, non c’è che dire, è proprio lui: la stessa faccia da schiaffi!».

Così, solidale con Giaco Mino, lo chiamo “Faccia”! Ma, dite, non vi sembra una gran cattiveria dire che una creatura di due anni e mezzo ha la faccia da schiaffi?

 

(Da “Famiglia cristiana” – 13/1991)

Valerio Volpini