SINDACATO IN FAMIGLIA
Presto o tardi doveva accadere; ma che avvenisse così presto non me lo aspettavo. Colpa anche mia, certamente, allorché, per puro esibizionismo di patriarca, ho nominato Primo (all’anagrafe Francesco di anni 5) capo in assoluto dei cinque nipoti presenti e dei possibili venturi.
Chi me lo ha fatto fare? Potevo benissimo attendere che la democrazia, i nipoti, la scoprissero da soli.
Io, poi, riconosco di non avere neanche un pochino di stoffa politica (già in .tempi mediamente lontani me lo hanno fatto capire i miei più cari amici di “corrente” con calcolatissime trombature). Ma torniamo in famiglia. Dovevo immaginarlo, una volta dato il potere se ne debbono attendere la gestione e le prevaricazioni (se no che potere sarebbe?): si rischia che si arrugginisca, giusto
una interpretazione derivata dal notissimo assioma di Andreotti.
Ieri, con il tono di circostanza fermo e dignitoso che non faceva presagire niente di buono, Francesco è venuto a parlamentare (senza, peraltro, chiedermi udienza: nella mia democraticità familiare cerco di non formalizzare troppo) e ha rotto subito gli indugi: «Senti. Capo», in maniera che già (quel “capo” mi dà un fastidio quasi epidermico) mi ha subito indisposto. Con lui, incredibilmente silenziosa, c’era Caterina (anni 4). Con un’aria così contrita e quasi smorta, esattamente contraria alla solita: euforica e invadente. I due, insomma, in perfetta se pur inconsueta sintonia. Ha cominciato Francesco soavemente, esageratamente mellifluo (roba da strappare schiaffoni ad un santo) o sornione come un vecchio politico che abbia perduto lo smalto di un’antica furberia. Si capiva, insomma, che c’era qualcosa di nuovo e di grosso…
Infatti il contenzioso era lungo: un vero cahier de doléances con omologhe, interminabili richieste sempre “irrinunciabili” (ma dove mai l’avranno sentita la parola?). Francesco ha persino fatto notare che nell’elenco delle richieste non era compresa “la sorpresa di Gesù Bambino”: «Sennò non sarebbe una sorpresa», ha aggiunto, «anche se sappiamo benissimo che i doni ce li mettete voi!›› (ecco come comincia la secolarizzazione). Per essere giusti con la base hanno chiesto persino succhiotti «molto colorati a forma di animaletti» per Elisa e Andrea di quattro e tre mesi. Come abbiano fatto a captare questa richiesta dovrò chiederlo ad un pediatra che sia anche sindacalista. Insomma, hanno impegnato un lungo futuro, sino alla prossima estate (“vogliamo un seggiolino nuovo a forma di sedere per l’altalena”). Tutto preparato sin nei particolari.
Ma forse l’amaro più forte è stato veder crescere l’ironia sino a farsi sarcasmo nel secondo membro della delegazione. Caterina riempiva i miei silenzi alle richieste di Francesco con sottolineature di questo genere e in sapiente crescendo: «Eh, caro nonno», oppure: «Non puoi fare diversamente, caro nonno».
Forse anche un po’ d’irrisione (il sindacalismo selvaggio è sempre in agguato): «Eh, non ti pare, caro il mio nonno?», «Ma che credevi, caro nonnino?››. Non mi chiamava capo ma, a braccia conserte, mi guardava in tralice, con un filo di sorriso di solo compatimento.
Distrutto. Ho appena trovato la forza per rinviare la delegazione al Capo del Governo: «Parlate con la nonna», sono riuscito a mormorare. E per far capire che toglievo l’udienza che non avevo mai concesso, ho finto di ricominciare a scrivere, ma non riuscivo a capire se avevo davanti la fedelissima “Studio 44” o crudeli immagini del Palazzo d’Inverno.
(Da “Famiglia cristiana” – 51/1990)
Valerio Volpini