La Porta del Cielo - Mario Luzi

6. Centenario di Mario Luzi 1914 – 2014

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Fanocittà | Centenario di Mario Luzi 1914 – 2014

 

Mario Luzi 1993

 

IL GRANDE VECCHIO DELLA POESIA

di Gastone Mosci

Mario Luzi è un grande poeta, e ormai anche un grande vecchio, che aiuta a capire cos’è la poesia e il valore della vita e dell’operosità umana. Scrive poesie da più di sessant’anni e tiene viva la sua umanità sul monte della fede cristiana e dell’intelligenza creativa. Mario Luzi è un personaggio naturalmente disposto alla riflessione autentica ed all’interrogazione più profonda.In questi mesi ha pubblicato un libro, “La porta del cielo”, a cura di Stefano Verdino (Piemme), nel quale con lucentezza d’immagini tiene le sue conversazioni sul cristianesimo, un dire a domanda e permanente della sua esperienza cristiana, del suo essere e del suo interpretare la storia degli uomini.

 

 

Poesia e pensiero in dialogo con gli eventi contemporanei

 

Chi legge quest’opera non solo vi ritrova Luzi autore di testi poetici ormai storici ma anche l’intreccio di un pensiero che dialoga con gli eventi degli ultini quarant’anni. Si tratta di una storia personale e collettiva, di una civiltà che evolve verso tempi nuovi, di una cristianità sempre più libera.

L’appassionato curatore del libro organizza il lavoro in sette giornate di interviste con un crescendo di interrogazioni che vanno dai primi dati essenziali alla formazione, all’educazione religiosa, al pensiero cristiano, vale a dire la Parola, il Cristo, Maria, la Chiesa, la modernità e la poesia; quasi a costruire un’autobiografia poetica, intellettuale e civile, o meglio “il suo itinerario spirituale”, ha commentato Carlo Bo. A chiusura, le tre riflessioni di Luzi, tre saggi impegnativi pongono un sigillo a questo libro che ha suscitato anche qualche punta critica per la sua schietta pensosità: ecco dunque le pagine sul Libro di Giobbe, sulle Lettere di Paolo e sul linguaggio di Gesù, appunto “Vangelo e poesia, l’ormai famoso discorso di Urbino, nel 1995 presso l’Istituto Mancini”. Si tratta di tre testi sulla scia del dialogo della letteratura con la teologia e proprio con la fiamma della lettura biblica in così forte ripresa nella vita ecclesiale degli ultimi anni.

 

 

“Per me il libro è il Vangelo”

 

Però la sua predilezione va al Vangelo e così dice: “Non sono stato un lettore assiduo della Bibbia che conosco a frammenti, non ho mai affrontato l’architettura del libro dei libri. Devo anche dire che lo spirito della Bibbia, che è vario e compositissimo, ha però questo di unitario che è indubbia promanazione di una storia e di una civiltà omogenea. Nella sua ragione non mi trovo molto: la pietà che è una delle energie che attraversano il cristianesimo è una realtà stupenda, un’altra è la fede fedele, fin dal libro di Giobbe, ma l’altra componente è quella dell’identificazione della storia etnica con la divinità: Israele è il popolo eletto, Dio è il Dio degli eserciti, eserciti israelinai, naturalmente. (…) Certamente ho avuto meraviglia dall’Antico Testamento, però anche distanza. Per me il libro è il Vangelo. E nella Bibbia i libri vicini al Vangelo: Giobbe, i Salmi, i Profeti; per questo ammetto di essere ancora molto immaturo riguardo alla penetrazione dei valori della Bibbia” (pp. 67-89). La riflessione non si ferma e l’intervistatore è sempre in nagguato a chiedere ridefinizioni del pensiero e delle esperienze.

 

 

La parola di Dio

 

“La parola di Dio – dice il poeta toscano – arriva spesso in un frastuono che ci ha già stordito e deviato dalla giusta attenzione. (…)La parola di Dio è un’oasi di verità primaria che va riconquistata attraverso questo deserto popolatissimo di chiacchiera”. E così per Luzi la parola dunque richiama a una responsabilità a tutto campo perché è “una sorta di lievito della creazione” (p. 65).

 

 

Poesia, preghiera e profezia

 

Il tema più caro al nostro amico che per vent’anni ha insegnato nell’Ateneo di Urbino accanto a Carlo Bo, è quello della vita cristiana, dove poesia, preghiera e profezia sono i grandi contenitori del dramma umano, di un’esistenza che si interroga, perché si tratta di luoghi vitali unitari con toni anche diversi ma con referenze a Cristo che “umanizza il divino e divinizza l’umano”. Dice Luzi: “La preghera comincia dove finisce la poesia, quando la parola non serve più e occorre un linguaggio altro”. Ma prima viene la profezia che è intrecciata alla parola e alla sua origine. “La profezia annuncia e la parola sorge dal silenzio e inaugura un discorso” (p. 72). E proprio nel Vangelo per Luzi “tutto tende alla profezia” e alla ricreazione.
E ancora la preghiera? E’ “come un ritrno della parola a chi l’ha creata, al Verbo”, è “un atto d’amore”, “un’aspirazione orante” (p. 76).

 

 

Il capitolo del silenzio

 

Anche il capitolo del silenzio ha un’interpretazione d’unitàperò con un elevato spessore magmatico, compoosito: il silenzio appartiene al mondo, la parola all’uomo, il mondo s’impasta con la natura, l’uomo aspira alla profezia, è concorde con la creazione e l’espansione del mondo in un processo di creazione continua e di itinerario unificante.

Riprendo il testo di Luzi: “Il silenzio è parte integrante della lingua, anche dal punto di vista originario: il nostro linguaggio è scandito dal linguaggio del mondo, che è il silenzio: il linguaggio dell’universo è il silenzio, quello dell’uomo la parola. Si integrano e questo si verifica nei particolari: all’interno di una poesia i silenzi che ci sono tra le parole non sono meno importanti delle parole, la pausa, il ritmo. Ciò che presuppone il silenzio, è parte integrante del linguaggio poetico” (pp. 64-5).

 

 

La poesia è un viaggio d’umanità

 

Mi sono soffermato su queste suggestioni perché il passaggio dal linguaggio della poesia al linguaggio del mondo in Luzi è un viaggio d’umanità, uno sviluppo della natura umana, luogo e “specchio della creazione”. L’idea è quella dell’integrazione, anche nel tema del secolare e del sacro, quindi non separazioni ma processi creativi. Il libro è una miniera di spunti e direi di provocazioni necessarie: non solo esperienza intellettuale ma segni continui di poesia. Ad esempio, la Chiesa, che è “coralità trascendente”, “corpo materiale”. “La Chiesa, dice Luzi, deve tenere insieme gli elementi dell’esistenza e della sopravvivenza dell’uomo, da cui l’uomo non può prescindere. E’ un corpo reale di persone concorrenti e confluenti in una speranza comune”. E il papa che sente più innovativo è Papa Rocalli, che fa prevalere “le ragioni minime dell’uomo”.

 

Gastone Mosci