Michele Bonatti è un poeta nato a Urbino che vive a Piobbico, è nell’antologia dei “Poeti neodialettali marchigiani”, a cura di Jacopo Curi e Fabio Maria Serpilli (Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche, 263, Ottobre 2018), porta la malia del Monte Nerone e sbircia il bianchello.
Nerone e Bianchello
Da me, quando ero bambino, il vino
non aveva nomi, in cantina c’erano sei
[damigiane:
per l’inverno il nero, il bianco per
[l’estate.
Lo si andava a caricare una volta l’anno
giù verso Corinaldo, “lì ci fa”, dicevano
[i miei
ammirati, come sgorgasse direttamente
[dalla terra.
Poi un anno il mio nonno non volle più
[il bianco,
non disse il motivo, immagino fosse come
[per il mare
“noi non lo conosciamo” – forse perché
[nel bicchiere
si vedevano le cose attraverso, e noi non
[volevamo vedere le cose.
Oggi che sono io a versare il vino e che altre
[mani
incrociano la tavola, mi è chiaro quanto
[la pietra
che mastichiamo sia dura come allora, stessa
[la solitudine
dell’antenna che ascolta il mondo
[dalla cima,
ma stesso è il miracolo che viene insieme:
è fatica corale questo lavoro, come sempre
[noi
portiamo l’acqua e voi mettete il sole, a noi
[il Nerone
a voi il Bianchello, sedimenti di persone e
[di fiumi
che fanno dei sassi una terra fertile; così
[ogni acino
d’uva cova paziente la memoria del monte.
Michele Bonatti