Fanocittà | Festival Digitale Valerio Volpini e la Resistenza, 25-31 luglio 2013
Il giorno della Liberazione di Fano, di Aldo Deli
Fano. Nel 1944, alla fine di luglio, cominciarono a farsi sentire i cannoni degli alleati che avanzavano verso il Metauro. Poi, oltre al rombo, arrivarono i primi proiettili; ma al di là del Metauro la sosta dei “liberatori” fu abbastanza lunga. I pochi tedeschi di retroguardia si difesero con accanimento. Nel frattempo il locale comando germanico si preparava a compiere a Fano due atti atroci: l’abbattimento dei campanili (ho sempre creduto che ciò fu fatto per odio contro il Vescovo Del Signore che s’era proposto come amministratore della città dato che nessun laico si lasciava convincere ad assumere, come volevano i tedeschi, tale carica) e la distruzione della flottiglia peschereccia.
Come sappiamo, il primo intento purtroppo riuscì; il secondo, per fortuna, no. Una foto che mostra i pescherecci affondati nel porto ha fatto concludere a molti che i marinai stessi affondarono tutte le loro barche per salvarle dalla totale distruzione. Ciò solo in parte è vero. Alcuni pescherecci furono effettivamente e coscientemente affondati da certi marinai che riuscirono ad eludere la sorveglianza nemica. “Dei natanti rimasti i tedeschi pensavano di fare un gran falò”, così dice il foglio “Frusaglia” pubblicato a Fano il 15 ottobre 1955. E prosegue: “Tirava un forte vento da est e logicamente bastava appiccare il fuoco ai pescherecci posti in testa rispetto a quella direzione perché le fiamme si propagassero alle altre imbarcazioni attraccate in fila indiana. Il caso volle che proprio al levarsi dei primi bagliori sorgesse altro vento con direzione del tutto contraria al precedente. Il fuoco rimase circoscritto e si ebbero a lamentare pochi danni. I tedeschi ricorsero allora a cariche di dinamite, sicché i pescherecci affondarono ma senza subire danni irreparabili”.
Dopo la liberazione di Fano i marinai cominciarono con immensa fatica, a riportare a galla i natanti incuranti delle risatine che i rudimentali mezzi a loro disposizione suscitavano fra i soldati alleati i quali consigliavano di rimandare tutto a tempi migliori. L’ebbe vinta la tenacia dei marinai: fatto sta che nel gennaio 1945 parecchi dei pescherecci “affondati” ripresero finalmente il mare.
Aldo Deli (“I merli di Fano“, Op. cit., pp. 222-3)