Caserma Paolini
FANO CASERMA PAOLINI

DOPO L’8 SETTEMBRE A FANO di Aldo Deli

in Festival Digitale Valerio Volpini e la Resistenza - Fanocittà

Fanocittà | Festival Digitale Valerio Volpini e la Resistenza, 25-31 luglio 2013

DOPO L’8 SETTEMBRE A FANO

di Aldo Deli

 Caserma Paolini

Non intendiamo fare tutta la possibile cronaca dei giorni e dei mesi che seguirono l’8 settembre, ma solo richiamare qualche dato che molti non conoscono o hanno dimenticato.
La Concentrazione antifascista di Pesaro pubblica sul “Corriere adriatico” l’11settembre 1943 un ordine del giorno e saluta “l’esercito con il quale il popolo si stringe in una volontà sola per la difesa della Patria”. Le cose, però, andarono diversamente. Il 14 settembre il Comando della zona militare di Ancona sciolse i reparti stanziati a Fano. Ad evitare future accuse di diserzione i militari furono inviati in licenza; nei giorni seguenti i tedeschi occuparono le caserme Paolini e Montevecchio senza trovare alcuna resistenza.
Il 14 e il 15 settembre c’era stata l’invasione della caserma Paolini, sede della scuola allievi ufficiali di complemento. Furono asportati materiali e suppellettili, ma non furono prelevate armi o munizioni perché, si sentiva dire, “ormai la guerra è finita”: quello che sarebbe successo non era immaginabile dai più. E qui è bene ricordare che subito dopo l’8 settembre molti a Fano, come altrove, pensavano con notevole ingenuità, alimentata anche dalla scarsità delle informazioni sui tedeschi e sugli alleati, che fosse prossimo uno sbarco degli anglo-americani. Il tenente colonnello Giuseppe Cecchini, del 94° Fanteria, addirittura lo ipotizzò fra Ancona e Pesaro e, conseguentemente, operò clandestinamente in tale ottica organizzando, a partire dal 16 settembre, un piccolo reparto da lui chiamato “Battaglione della liberazione Fortes in Fide”. Tale reparto che avrebbe dovuto unirsi agli alleati non raggiunse mai la consistenza e la forza di un battaglione né condusse azioni belliche contro i tedeschi: la sua fu solo una testimonianza di amor di Patria. Non è un di più ricordare che Giuseppe Cecchini era profondamente cattolico.
A Fano un distaccamento G.A.P. (Gruppo di Azione Partigiana) fu formato con un centinaio di uomini solo nell’aprile 1944. L’iniziativa fu del locale Comitato di Liberazione Nazionale presieduto dall’avv. Enzo Capalozza. Detto Comitato nel periodo clandestino aveva sede permanente poco lontano da Fenile, nella villa Simonetta, messa a disposizione dal dott. Hageman.
Comandante del distaccamento fu Valerio Volpini affiancato da chi scrive e da Otello Vitali. Era un distaccamento “sui generis” perché chi ne faceva parte (quasi tutti giovani) pur tenendosi pronto ad ogni chiamata, continuava ad abitare con la propria famiglia. Era strutturato in sei squadre, forzatamente limitato nell’armamento (qualche partigiano aveva solo la rivoltella). Si rivelò più adatto a fare opera di sabotaggio e azioni limitate più che a scendere in campo aperto contro i reparti tedeschi.
Prima del distaccamento operavano nel territorio del Comune due squadre G.A.P. composte da pochi uomini: altri fanesi, come si sa, operarono nei distaccamenti partigiani della zona di Cagli-Cantiano; circa sessanta si arruolarono nell’ottobre 1944 nel Corpo Italiano di Liberazione:
Non si hanno dati orientativi sugli effettivi fanesi nell’esercito della Repubblica Sociale Italiana.

(1993)

Aldo Deli

(in “I merli di Fano“, op. cit., pp. 216-7)