16. POST FESTIVAL DIGITALE “VALERIO VOLPINI E LA RESISTENZA”
1.
TRE NOTE PER LA RESISTENZA
di Valerio Volpini
Fano. C’era chi dell’una e dell’altra parte, aveva inciso sul calcio del fucile: “Pietà l’è morta”. Un’affermazione inconsciamente blasfema, ma che rispondeva al clima di violenza e odio che si era stabilito. Da un po’ di anni le tesi su ciò che è stata la Resistenza si divaricano: “guerra civile”, “rivoluzione sociale” o “liberazione nazionale”. Chi ha vissuto quegli anni furenti e durissimi sa che disposte in quantità diversa, nelle persone e nei gruppi, queste tre motivazioni c’erano in tutti.
Nessuno, però, anche fra gli storici più rigorosi o di parte, può negare che il denominatore comune della liberazione del Paese serviva da collante. Così anche coloro che scrivevano che la pietà era morte in realtà combattevano in nome della pietà. Un erroneo senso di pietà per la patria da parte dei ragazzi della Repubblica sociale, una pietà per i condannati ai campi di sterminio nazisti nei partigiani o nei giovani degli eserciti alleati. C’è stato un “resistere” passivo non meno significante di quello compiuto con le armi. Lo noto perché sia di introduzione a tre motivi che mi sembrano fondamentali.
Primo. La Resistenza non è stata soltanto un episodio specifico e peculiare in un certo momento della storia. La Resistenza va riferita – per la radice morale che nel bene e nel male muove le vicende storiche – alla coscienza e alla volontà degli uomini di vivere in libertà e di opporsi a ciò che nega la dignità e conculca i diritti della società civile. E non conta se si vince o se si perde, se ci è in pochi o in molti. Conta il rendere testimonianza.
Secondo. La Resistenza non è solo dell’Italia. E’ di una generazione del mondo che si è ribellata all’età del “disprezzo”, che si è opposto sta a chi voleva fare dell’Europa una prigione, attuando “la soluzione finale” con la follia razzista. Non è stata una guerra contro la Germania: è stata una liberazione contro l’ipoteca omicida del razzismo. Le croci bianche dei ragazzi venuti da ogni parte del mondo sono un emblema della pietà e della universalità di un impegno. Dicono, quelle croci dei cimiteri più delle pagine degli storici.
Terzo. La pacificazione non si realizza perché suona una fanfara. Se non si è realizzata sino ad oggi temo che non possa esservi in futuro. Io, però, sono convinto che questa pacificazione c’è già stata. Cinquant’anni non sono passati senza che l’umanità abbia prevalso e l’odio sia stato estinto. Propria perché la pietà non era morta. Certo chi di pietà non vuole essere capace, chi di pace non ne vuol sapere non potrà cambiare, ma questo fa parte della tara della storia, della sua “ruvida scorza”.
(in “Famiglia Cristiana“, n. 20/1994)
Valerio Volpini
2.
IX EDIZIONE PREMIO “VALERIO VOLPINI”
Lettera di Giovanni Volpini a Don Raffaele Mazzoli, direttore de “Il nuovo amico”
Caro don Mazzoli,
desidero esprimere a Lei e agli organizzatori il mio apprezzamento per questa IX edizione del Premio Giornalistico “Valerio Volpini” e ringraziarvi per il cortese invito a partecipare anche quest’anno alla cerimonia di premiazione.
Ho trovato particolarmente significativa la scelta di attribuire il premio a Padre Maurizio Patriciello, per il suo appassionato e coraggioso impegno civile e la sua testimonianza di fede. La sua difesa della legalità, della salite e della sopravvivenza stessa, la sua sensibilità verso l’ambiente che è tutt’uno con il legame alle proprie radici e con la partecipazione alle vicende e alle tragedie della propria terra e della propria gente, sono tutti aspetti che erano ben radicati nell’impegno culturale politico e sociale di mio padre, e ne onorano il ricordo nel migliore dei modi.
Da alcuni mesi ho trasferito la mia sede principale di lavoro all’estero per cui non sarò purtroppo in condizione di essere presente. Voglio comunque manifestare tutta la mia vicinanza e sarei contento se mia nipote Caterina Vennarucci potesse prendere parte in rappresentanza di tutta la famiglia.
Coi più cordiali saluti.
Giovanni Volpini
La manifestazione del 9 aprile è riuscita molto bene. Vi hanno partecipato alcune centinaia di ragazzi. Padre Maurizio Patriciello è rimasto sorpreso dell’accoglienza fanese e della cordialità dei vescovi di Fano e di Urbino. (red.)