Mattei a Urbino con il ministro Bosco ed il Prefetto Schiavo

29. POST FESTIVAL DIGITALE “VALERIO VOLPINI E LA RESISTENZA” 18 luglio 2014

in Festival Digitale Valerio Volpini e la Resistenza - Fanocittà

29. POST FESTIVAL DIGITALE “VALERIO VOLPINI E LA RESISTENZA”

ENRICO MATTEI A URBINO 4 FEBRAIO 1962 LAUREA H.C.

Mattei a Urbino  con il ministro Bosco ed il Prefetto Schiavo

ERAVAMO AD URBINO

 

Eravamo ad Urbino, in quella quasi incredibile domenica di sole dopo il sabato di gelida burrasca, il quattro febbraio scorso (1962).

Urbino accoglieva gioiosa l’Ing Mattei e offriva al suo conterraneo una giornata di cordialissima simpatia e conferiva al Presidente dell’ENI la prima laurea “honoris causa” in Economia e Commercio, l’ultima nata di quelle ormai numerose facoltà che hanno consolidato e assicurato per la Libera Università Marchigiana un posto vitale tra i medi Atenei italiani, un posto certamente valido per la sua vivacità del suo respiro culturale, per l’impegno del suo apporto scientifico.
Ma abbiamo misurato in pieno il senso e la opportunità del conferimento di questa laurea, seguendo le parole di S.E. Bosco, Ministro della Pubblica Istruzione, il discorso di CarloBo, Rettore Magnifico della Università, la trattazione dell’Ing. Mattei, neolaureato.

E abbiamo potuto raccogliere una prova, diremmo esemplare, di come scuola, cultura, ricerca scientifica, realizzazione tecnica possono (e dovrebbero sempre) incontrarsi e fondersi in un valido impulso alla socialità del pensiero e della vita, che renda connaturale agli uomini, nei loro inevitabili incontri di ogni giorno, instaurare e maturare sempre di più una vera coscienza umana che sia gioia di risultati acquisiti, ma diventi insieme necessario invito e stimolo a nuove ricerche e a nuove conquiste verso tutte le dilatazioni della umana fraternità.

 

 

Università e città per Mattei

 

E ci è sembrato che l’armoniosa Urbino con quella nobile e silenziosa tradizione di storia, di cultura, di arte che è veramente la sua anima, fosse la sede più propria per raccogliere e accogliere – al di là delle persone – anche questo incontro di altissimi valori umani.

E persiamo che, in questa atmosfera, profondamente umano e particolarmente felice sia stato l’annuncio dell’ingegner Mattei che anche per queste nostre Marche diseredate e pure immensamente pazienti ed umili in una attesa finora quasi vana, si apre la speranza sicura di una vicina realizzazione industriale che dia respiro di vita ai lavoratori della nostra terra.

Ed è veramente giusto e valido che questo avvenga per opera di uno dei suoi figli, e di quello che è tra gli artefici più nuovi e più decisivi della rinascita italiana, nel senso di una industria protesa a dimensioni sociali, umane e cristiane.
“Prospettive Marchigiane” plaude alla felice manifestazione di Urbino e della Libera Università e ritiene che pubblicare quanto allora dissero il Ministro Bosco, il Rettore Bo, il Presidente Mattei sia un contributo particolarmente utile ai suoi lettori perché il contributo di quei discorsi oltrepassa il senso di bella e cara celebrazione per assumere accenti e misure molto più ampie e sensibili in rapporto ai problemi tecnici e sociali e umani della vita attuale in Italia.

Marcus

 

 

PENSIERO LUNGO SU ENRICO MATTEI

di Carlo Bo

 

Signor Ministro, consenta al letterato che respira sotto le insegne di Rettore di illustrare prima della cerimonia di consegna della laurea H.C. in Economia e Commercio all’Ingegnere Enrico Mattei, il significato della nostra festa solenne. Una festa che per la sua stessa presenza qui acquista un rilievo d’eccezione e i miei Colleghi ed io gliene siamo sinceramente grati. Ma che cosa festeggiamo oggi, nella parte più chiusa e gelosa del nostro cuore? Noi siamo qui a festeggiare due ritorni in quella che ci è sempre piaciuto chiamare una delle grandi patrie spirituali d’Italial una patria dell’anima, Urbino.

 

 

Ritorno del prof. Giacinto Bosco

 

Il ritorno del prof. Giacinto Bosco che, proprio in quest aule trent’anni fa, ha iniziato la sua carriere di maestro del diritto internazionale e queste aule che hanno conservato non soltanto nel disegno qualcosa di quell’antico spirito di armonia e di genuina collaborazione, lo rivedono oggi Ministro della Pubblica Istruzione e la cosa ci tocca in modo particolare perché se il prof. Bosco non è il solo fra tutti i maestri che hanno cominciato di qui la loro storia pubblica, è però l’unico che abbia sentito lo sforzo il desiderio di rinnov amento e di adeguamento del suo antico Ateneo. E quando diciamo che l’ha sentito, è perché vogliamo sottolineare la Sua generosa partecipazione nei provvedimenti presi per concedere a Urbino una parte delle assegnazioni ministeriali di fondi straordinari. Urbino sa quello che significa in un tempo portato alla speculazione politica e agli abusi ideologici dei partiti, sa che cosa vuol dire affrontare una grossa parte dell’opinione pubblica venendo in aiuto di un’Università libera. Noi siamo vittime di una politica che non ci riguarda, non siamo una scuola confessionale ma una scuola libera e nessuno potrebbe citare un solo caso di prevaricazione spirituale esercitata verso i nostri professori. Chi insegna qui ha avuto sempre come primo obiettivo quello di servire la scienza e non si vede la ragione perché non se ne debba tenere conto asl momento di tirare le somme e di fare parti tra le famiglie che servono il Paese.

 

 

L’ingegnere Mattei appartiene alla storia di Urbino

 

L’altro ritorno è quello dell’ingener Mattei che in un certo senso appartiene alla storia di Urbino, essendo nato in questo territorio, ad Acqualagna nel 1906. Non conosco quali rapporti l’ingegner Mattei abbia avuto con Urbino, cosa abbia conservato degli anni duri dell’infanzia e dell’adolescenza quando viveva ad Acqualagna né immagino che cosa potesse rappresentare per lui una città che allora apparteneva esclusivamente al mondo di una mitologia poetica, quella delle città morte e una Università che non era permessa a un ragazzo delle sue condizioni. Ma non è il passaro che conta, conta che l’ingegner Mattei sia partito da qui, da una terra completamente assorta e perduta, nel regno dell’evocazione, e sia diventato uno dei rinnovatori, uno dei grandi inventori pratici del nostro Paese e dell’Europa.

 

 

La storia di un uomo che crede

 

Non debbo ripercorrere le tappe della sua carriera, che in partenza è stata umile e anonima e che soltanto la grazia di una particolare intelligenza ha completamente e rovesciato e trasformato. Fino a quel momento la sua storia ripete le regole fisse delle vite costruite giorno per giorno, senza aiuti, al di fuori di convenienze e di protezioni: è la storia dell’uomo che si fa da sé ma soprattutto è la storia di un uomo che crede in qualcosa. Altrimenti in nessun altro modo ci sarebbe possibile spiegarci il miracolo della trasformazione e tanto meno la costanza, la fedeltà, la tenaia dell’ingegner Mattei d’oggi, di chi è a capo della più gramde impresa statale.

 

 

Ad Acqualagna Mattei nasce al lavoro e nella Resistenza alla fede

 

Ma c’è una seconda nascita che ha forse un’importanza maggiore della prima: ad Acqualagna Mattei nasce al lavoro ma deve inserisi in una società già fissa e che non tarderà a diventare negli anni della sua gioventù una società chiusa fino all’oppressione. Nella guerra di Liberazione, nella Resistenza l’ingegner Mattei nasce alla fede. Riscopre allora il significato reale, concreto della sua terra, intravvede il volto del suo Paese, trova nella lotta contro lo straniero il senso pieno della sua vocazione. Ed è con questo spirito che affronta gli anni confusi e torbidi dell’immediato dopoguerra, quando per ironia della sortre il ragionier Mattei viene chiamato per liquidare un Ente di Stato. Aveva davanti a sé l’immagine di un’Italia che bisognava ripudiare definitivamente ed ecco egli opporre alle raccomandazioni e alle sollecitazioni pressanti del Governo la sua ostinazione, il segno della sua fede. Quando vediamo messa in dubbio questa fede, quando vediamo il suo nome confuso per ragioni politiche ci divertiamo a immaginare quella che avrebbe potuto essere la carriera dell’Ing. Mattei, appena egli avesse accettato il consiglio del Governo e con quel cavallo di Troia si fosse inserito nell’industria privata.

Oggi non avremmo certamente nessuna polemica sul regime delle partecipazioni statali, ma lo Stato italiano non avrebbe certo potuto costruire un’industria che ha preso la direzione più alta e guida la concorrenza e soprattutto serve una larghissima famiglia di lavoratori.

 

 

Le partecipazioni statali per il lavoratore italiano

 

Questo è il punto vitale della questione. Ora è proprio a questo punto che mi vien fatto di scopriere naturalmente, senza sforzo, un rapporto fra quello che l’ingegner Mattei ha fatto per il lavoratore italiano e quello che ha visto nell’infanzia, nell’adolescenza, negli anni di Acqualagna. Quale era la condizione dell’italiano povero, del contadino di queste terre consacrate dalle lodi e dai modi delle grandi voci poetiche del cinquecento, ma dura ed avara, come vivevano i contadini di queste terre poverissime? Quale risorsa avevano all’infuori del lavoro all’estero, dell’emigrazione? Sono sicuro che in cima a tutti i pensieri dell’ingegner Mattei, alla abse del suo eccezionale “esprit d’entreprise” ci sia indelebile la memoria di quella povera gente. Nel suo voler fare, nel suo conquistare posizioni di prim’ordine sul mercato mondiale è riconoscibile l’amore per la gente della sua terra, per i figli di queste montagne sepolte nella polvere dei secoli, nascoste sotto il segreto geloso della loro miseria.

 

 

Bisogna salvare questa terra con l’istruzione e con il lavoro

 

Era quindi naturale che la nostra Università celebrasse con questa festa il ritorno di chi non l’ha dimenticata e di chi ha promesso che non la dimenticherà là dove sono più sensibili le esigenze perché la vita sin trasformi in cultura. Non vuole essere un incontro casuale, questo del ministro della P.I. E di un grande uomo d’affari, di un uomo che costruisce lavoro, nell’ambito di un’Università. Bisogna salvare quesata terra, ora per questo ci sono due grandi strade: l’istruzione, compreso il rafforzamento delle istruzioni all’alto livello, e il lavoro nella sua moderna espressione d’industria. Non credo che con queste misure si tradisca lo spirito tradizionale o si minacci la pace e la bellezza di Urbino: si tratta di trovare un punto d’equilibrio e non c’è dubbio che una scuola universitaria specializzata nel preparare dei tecnici sia la soluzione migliore, tanto più che non sarà sprecata una provvidenza del genere, intesa com’è a suscitare energie, a offriree una ragione di vita a una gioventù che corre sempre il rischio di cedere alla stanchezza e alla rinuncia.

 

 

La festa è per la vocazione del lavoro, la fede nell’uomo, il bisogno della dignità

 

La nostra festa è, dunque, riassumibile in una proposta di lavoro e una di quelle proposte fatte a misura, secondo lo spirito dell’ingegner Mattei. Urbino, la sua Università, la Città, la Provincia, tutta la Regione non chiedono carità, né elemosina, chiedono di essere messe in grado di lavorare, di produrre, di vivere e respirare insieme al resto del Paese. E’ per questo che il riconoscimento sincero, autentico che oggi l’Università di Urbino offre all’ingegner Mattei ha soprattutto la luce dei grandi avvenimenti spirituali: quasi si trattasse di esaltare il lavoro, la fede nell’uomo, il bisogno della dignità. Né il dottor Mattei, d’altra parte, potrebbe accettarlo all’infuori di questo spirito che esalta la più stretta collaborazione fra cultura e industria. Non ci sono due culture, non c’è contrasto o dissidio là dove non è tradita questa prima e profonda vocazione dell’uomo e soprattutto non ci può essere dimissione là dove il lavoro delle macchine aiuta l’uomo a raggiungere il primo limite della dignità. Se ci comportassimo diversamente, se ci ostinassimo a credere ancora in una cultura, come dilettazione, come abuso di fiducia o di divertimento tradiremo quello che è il nostro compito di docenti. L’Università ha tutto da imparare da questi confronti con la realtà e non già perché essa rinunzi a quella che è la sua prima funzione formativa ma perché le sue aule non diventino sterili palestre di esercitazioni rettoriche.

 

 

La storia di Mattei nel mondo del petrolio è unica, un modello per sostenere la fiducia

 

In un mondo minacciato continuamente da idee di violenza e di distruzione, l’esempio di un costruttore – ripetiamolo -, l’idea di uno che ha creduto nell’igiene del lavoro, che ha fatto opera di collaborazione, trovando nuove fonti di energia, diventa un insegnamento, ha un peso positivo. In questo senso, la consegna della laurea H.C. all’ingegner Mattei suona come un atto di ringraziamento: egli ha insegnato agli uomini della sua terra, che a ragione si sentono abbandonati, quale virtù e quanta forza ci sia nel lavoro e che cosa possa fare una passione sostenuta contanto vigore contro la prudenza e il calcolo di chi non vede nel futuro altre strade all’infuori di quelle consegnate dall’abitudine e dalla tradizione.
La storia dell’ingegner Mattei nel mondo del petrolio è una delle storie più stimolanti della nostra Italia e non vedo perché un insegnante, un umanista, o soltanto quel povero letterato che sono in professione di Rettore non debba indicarla ala attenzione e alla meditazione della gioventù: della gioventù che deve imparare a credere nella vita e non più ripiegarsi nel lago dell’oblio, contro il primo ostacolo o la prima delusione. Era questo che volevo di oggi agli amici che sono convenuti qui per salutare il Ministro della P.I. e l’ingegner Mattei, Presidente dell’ENI, neolaureato della antichissima e giovanissima Università di Urbino.