La Radio nel pagliaio di Alberto Calavalle
La radio nel pagliaio di Alberto Calavalle

13. POST FESTIVAL DIGITALE “VALERIO VOLPINI E LA RESISTENZA” 21 marzo 2014

in Festival Digitale Valerio Volpini e la Resistenza - Fanocittà

13. POST FESTIVAL DIGITALE “VALERIO VOLPINI E LA RESISTENZA”

La Radio nel pagliaio di Alberto Calavalle

 

1.
SESSANTA LIBRI IN TREDICI ANNI (2/3)

di Angelo Paoluzi

Nella sessantina di libri che hanno per argomento la Resistenza e che, pubblicati dall’inizio del secolo a oggi, sono destinati ai ragazzi è sempre presente, dichiarata o subliminale, la preoccupazione pedagogica. Sarebbe piaciuto a Valerio Volpini, educatore e maestro, sottolineare quell’elemento dirimente che si ritrova anche nella attuale produzione, diciamo, per adulti, nel linguaggio rispettoso di certe esigenze civili, nella sottolineatura dei valori, nelle forme del racconto.

Opere come “Il cavallo rosso” di Eugenio Corti o “La messa dell’uomo disarmato” di Luisito Bianchi, pur nella complessità di una narrativa impegnata sul piano culturale e spirituale, restano una lettura consigliabile ai giovani, come “L’ultimo atto” (1983) di Ruggero Y. Quintavalle e Domenico Volpi, con la narrazione dell’estrema, inutilmente feroce, strage compiuta dalle truppe tedesche a guerra già conclusa.

 

Il racconto autobiografico

Nelle opere per ragazzi l’elemento più interessante è il racconto autobiografico. In modo diretto o indiretto, infatti, gli autori scrivono a futura testimonianza.

Come fa Tina Anselmi, storica “staffetta” nella guerra clandestina, in “La Resistenza raccontata ai ragazzi” (2005), in “Zia, cos’è la Resistenza” (2003) e nel libro intervista di Anselmo Roveda “Una partigiana di nome Tina” (2010): l’impegno morale non vi è disgiunto dall’azione, dal rischio corso tutti i giorni in quei bui venti mesi di occupazione straniera.

Nel desiderio di motivare le scelte di fondo di storia e di vita ecco ancora Alberto Cavaglion con “La Resistenza spiegata a mia figlia” (2008) e Loris Mazzetti in un libro con lo stesso titolo (2010) dedicato a contestare il revisionismo strisciante alla Gian Paolo Pansa e il latente fascismo del pensiero debole italiano. Sulla medesima linea “Nonno, chi erano i partigiani?” (2001) di Stefano Porcù e “Aurelio mio nonno” di Marco Paci-Francesca Zappia cui si può aggiungere un libro a struttura pedagogica di Daniela Longo e Rachele Lo Piano, “Lorenzo e la Costituzione” (2011).

 

I bambini ebrei perseguitati

Spesso i personaggi, nei quali gli autori affabulano proprie esperienze infantili per restituirle con il candore di spettatori coinvolti in una storia più grande di loro, sono bambini o bambine ebrei perseguitati, protagonisti di storie vere, nascosti e aiutati da loro coetanei forse inconsapevoli di essere gli attori di un riscatto civile che torna a onore di una intera comunità.

Così “Evasione in bicicletta” (2012) di Duccio Jachia, “Il giorno che cambiò la mia vita” (2009) di Cesare Mosè Finzi, “Gioele, fuga per tornare” (2007) di Giulio Levi, “Fulmine, un cane coraggioso” (2011) di Anna e Michele Sarfatti, “Robin Hood sbarca in Italia” (2009) di Luciano Tas.Ma il dato autobiografico si allarga ad altre esperienze infantili-giovanili, come in “Evelina e le fate” (2013) della pesarese Simona Baldelli, “Stivali a Monte Sole” (2008), un suggestivo dialogo di Giulia Canarini fra un lupo e un asino che raccontano le stragi tedesche di Marzabotto e delle zone limitrofe nel 1944, “Aria di libertà” (2003) di Federica Fornaro, “La porta della libertà” (2012) di Daniela Morelli, “La giacca rossa” di Nadia Bellini (2012), “Il bambino che voleva imparare a volare” (2008) di Giulia Zambonelli, “Non ditelo a Cialì, dal Volturno a Cassino” (2004) di Pina Variali.

Angelo Paoluzi (2 – continua)

 

2.

Il fatto centrale del paragrafo che riportiamo del romanzo di Alberto Calavalle, “La Radio nel pagliaio” (Guaraldi, pp. 89-91, € 12,00), si riferisce alla esposizione in piazza a Urbino su un carro, il 18 giugno 1944, di tre fucilati dai tedeschi, Giuseppe Zeppi e il figlio Enzo e Gino Savini, catturati a casa sua al Perlo, accusati di aver aiutato alcuni soldati austriaci disertori. Il maggiore Majer li fa fucilare nella zona di Ca’ Risciolo. Di storie tragiche che si riferiscono a fatti veri ce ne sono altre.

1944, NON NE POSSO PIU’ DI QUESTA GUERRA

A cena, mentre siamo a tavola, chiedo al nonno, al babbo, allo zio se conoscono la novella della principessa Misme. Cerco altri particolari che potrebbero aiutarmi.
Il nonno mi risponde che non sa niente di più. Quella novella è legata a un luogo preciso e lui l’ha conosciuta dalla nonna. Prima non la conosceva. Lui viene dalle Cesane.

Quando insisto, mi risponde che lui conosce solo la realtà del lavoro e della guerra.
Se gli chiedo in alternativa di raccontarci qualche avventura della guerra, sembra che non voglia ricordare, perché: “Stare mesi e anni in trincea, battuti dai colpi del cannone, sotto il sole, la neve e la pioggia, tra i topi e gli insetti, d’estate e d’inverno è stata la cosa più brutta che possa esserci” e racconta delle conseguenze della sua pleurite presa un trincea. Quando chiedo a babbo se conosce la novella della nonna, confessa di ricordarla vagamente.
Stasera babbo, si vede da un chilometro di distanza, non ha voglia di parlare.

Oggi al suo ritorno da Urbino, ha visto passare accanto a lui un carretto con i corpi senza vita di tre urbinati. Due di loro erano padre e figlio: Erano stati fucilati dai tedeschi, perché accusati di aver ospitato nella loro casa alcuni partigiani.

Lui li conosceva bene tutti tre. Si fermava a parlare con loro ogni volta che si incontravano al consorzio agrario, o in piazza ai mercati del sabato.

Al suo arrivo babbo era ancora sconvolto ed ha portato tanta tristezza a tutti noi.
Il nonno aveva battuto un pugno sul tavolo: “Sembra impossibile che si debba arrivare a tanta ferocia. – aveva detto. – Nella prima guerra mondiale non si arrivava a tanto”.

“Il fatto è – era intervenuto lo zio – che i tedeschi da quando hanno occupato l’Italia, si sentono padroni”.
“Se si sentono padroni, non sono giustificati per simili barbarie” aveva risposto babbo.

“Si permettono anche di portarci via le nostre cose, i nostri animali. – aveva ripreso a dire il nonno – Ieri ho avuto un bel daffare per non farmi portare via il vitello. Alla fine li ho convinti con un fiasco di vino”.
“Sei stato bravo nonno” avevo detto d’un fiato.
“Si portano via anche le persone. – era intervenuto ancora lo zio. – Molti miei amici soldati dopo la smobilitazione sono finiti in Germania”.

“Portano via anche famiglie intere di ebrei. – si era inserita mamma. – Compresi anziani, donne e bambini”.
“Anche i bambini?” avevo chiesto.
“Purtroppo sì” mi aveva risposto mamma.
“Basta! Non ne posso più di questa guerra. – avevo gridato. – E’ una cosa troppo brutta. Ogni giorno succedono cose che ci fanno stare male”.

“Noi invece chiediamo solo di lasciarci giocare in pace. Aveva precisato Annarosa.
Alla fine della cena, quando chiedo allo zio se ricorda la novella della nonna, mi risponde che lui ricorda solo i nove anni di guerra.
Dice: “Ho fatto due guerre, una in Africa e una in Jugoslavia” non vuole aggiungere altro.

Poi noi nipoti gli chiediamo se ha mai ucciso nessun nemico. Ci risponde pronto: “No! Perché di nemici non ne ho mai visti”.
Se insistiamo: “Ma zio in guerra non ci sono i nemici?”

Dopo un attimo di esaltazione risponde: “Ero io che mi sentivo un nemico. Ero stato mandato a conquistare la terra di altri popoli”.

Alberto Calavalle

 

3. 

PREMIO GIORNALISTICO VALERIO VOLPINI

  Premio Giornalistico Valerio Volpini

 

Il nuovo amico

Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro

Fondazione Cassa di Risparmio di Fano

PREMIO GIORNALISTICO “VALERIO VOLPINI” IX EDIZIONE, Fano 9 aprile 2014 ore 10,30 Aula Magna Liceo “Torelli”, via Kennedy 30

a Padre Maurizio Patriciello, La Voce della Terra dei Fuochi

 

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La radio nel pagliaio

Autore: Alberto Calavalle, editore Guaraldi, Rimini, marzo 2014.
Prezzo euro 12. Prezzo dell’edizione on-line euro 5, 50 più iva.

 

UN ROMANZO CONTRO LE GUERRE

LA LIBERAZIONE DI URBINO RAPPRESENTA L’IDEA DI UNA VITA NUOVA, LIBERA…

UN’OPERA DEDICATA ALLA CULTURA DEL NOSTRO TERRITORIO

 

Urbino. Il romanzo è ambientato nel periodo della seconda guerra mondiale, con prevalenza nel 1944. Inizia con un flashbach e prende il titolo dalla radio nascosta in un pagliaio durante il periodo bellico. I fatti si svolgono nel territorio urbinate e nei dintorni. Protagonista è un bambino che vive in modo traumatico o direttamente o attraverso i commenti dei grandi le emozioni della guerra, perché non riesce a capire come mai i grandi, non sappiano giocare, si uccidano tra loro e facciano vittime anche tra i bambini. Dalle bombe sulla stazione di Urbino, al bombardamento di Urbania, alla distruzione di Montecchio sulla Linea gotica, alla bomba incendiaria caduta vicino alla casa che lo ospita, allo scoppio di un proiettile tra i piedi, sono tutti avvenimenti che compaiono nel libro. In mezzo ci sono momenti di vita nella famiglia patriarcale di agricoltori accanto ai genitori,ai nonni e bisnonni, agli zii, ai fratelli, all’amicizia con Annarosa, una bambina sfollata con i genitori dal meridione. Ci sono i problemi di salute di Ari aggravati dalla fatica dei lunghi viaggi a piedi per andare a scuola e quando il padre crede di risolvere tutto prospettandogli come soluzione il collegio dei preti, lui vive questo allontanamento con disagio, come una punizione. Gli episodi della guerra sono alternati dal piccolo protagonista e dagli altri bambini a momenti di distrazione e di fantasia intorno ad una novella tramandata a voce e raccontata dalla nonna e poi scritta dal piccolo protagonista e illustrata dai fratelli e dagli altri bambini che non vogliono dimenticare la novella. Alle battaglie sulla Linea gotica, seguono gli incontri con i soldati canadesi che hanno combattuto a Montecchio e dintorni insieme ai soldati di altre nazioni “Tutto il mondo combatteva qui per la libertà”. Segue l’amicizia con i soldati, la morte di uno di essi avvenuta in una successiva battaglia, l’incontro con i grandi cimiteri degli alleati, da Montecchio a Gradara, a Riccione, a Coriano.

Il romanzo termina con la lettura di un biglietto lasciato dai congiunti sulla tomba di un caduto in uno di questi cimiteri e letto dal bambino che immagina qui sepolto il suo amico: “Ogni volta che il giorno nasce, ogni volta che muore e tutti i giorni ci manca la tua persona e il tuo sorriso, ma tu sei sempre con noi, dentro di noi”. Biglietto che improvvisamente viene rapito dal vento sotto gli occhi increduli del bambino, con la successiva sua speranza che sia portato in cielo al soldato caduto in battaglia.

Il romanzo è raccontato in modo semplice. A parlare è un bambino con la sua ingenuità, la sua fantasia, le sue paure. E’ stato scritto dietro una spinta interiore a un piccolo contributo perché le guerre non ci siano più e che i bambini non siano più le prime vittime innocenti, come purtroppo succede ancora oggi nei conflitti che avvengono in varie parti del mondo.
Il romanzo riveste anche una duplice attualità, perché quest’anno in agosto ricorre il settantesimo anniversario della Liberazione di Urbino, evento questo citato nel libro.

Nel romanzo ricorrono inoltre i ricordi di un famigliare caduto nella prima guerra mondiale e ci sono i continui richiami del nonno a quella guerra nella quale lui ha combattuto e della quale ricorre quest’anno il centesimo anniversario dello scoppio avvenuto nel 1914.

Nella prima guerra mondiale Alberto Calavalle aveva ambientato il precedente romanzo “Sulla frontiera della Vertojbica” pubblicato alcuni anni fa, anche quello come monito contro la guerra.